Djokovic si presenta fiducioso alla Caja Magica, dove proverà a mostrare che la sconfitta di Montecarlo è stata un caso. “È arrivata nel momento giusto, l’ho presa in maniera positiva”. E applaude Nadal: “Mi ha aiutato a diventare il giocatore che sono oggi. Sulla terra resta l’uomo da battere”.

La sconfitta contro Jiri Vesely a Monte Carlo non può aver fatto che bene a Novak Djokovic, regalandogli qualche giorno di riposo dopo la prima fetta della stagione, ma sicuramente non gli è andata giù. È anche per questo, probabilmente, che non ha meditato nemmeno un secondo sulla possibilità di tornare a Madrid, uno dei pochi Masters 1000 nei quali non ha mai brillato particolarmente. Ha fatto comunque in tempo a prendersi un titolo, nel 2011 e con tanto di successo sul vero Nadal, ma quella è la sua unica finale alla Caja Magica, dove mancava dal 2013. Perse all’esordio contro Grigor Dimitrov, e nei due anni successivi ha sempre detto “no”, preferendo Roma e la sua amata Italia. Torna in Spagna quest’anno, e per una volta, forse, alla vigilia di un torneo non è il giocatore di cui si parla di più. I media spagnoli sono focus su Nadal, finalmente tornato ad azzannare dei trofei che contano e pronto a capire (e far capire) se ha davvero ritrovato un tennis in grado di impensierire pure il numero uno.

Tuttavia, checché se ne dica, il favorito resta Djokovic, pronto a esordire mercoledì contro uno fra Borna Coric e il ritrovato Nicolas Almagro. E stavolta ha un compito doppio: non solo vincere per aggiungere una figurina rara alla sua collezione di 28 Masters 1000, ma anche per mostrare che sì, la sconfitta con Vesely dimostra che anche lui può perdere, ma è destinata comunque a rimanere una delle pochissime di quest’anno. Ne ha parlato col quotidiano Marca alla vigilia del torneo. “Non mi sono mai sentito invincibile – ha detto ‘Nole’ –, ma ogni successo serve a credere di più in sé stessi, e la convinzione in campo è fondamentale. Però servono anche le sconfitte, perché si analizza ciò che è andato storto, per tornare più forti il giorno successivo. Credo che la sconfitta a Monte Carlo sia arrivata nel momento giusto, le cose accadono sempre per una ragione. L’ho presa in maniera positiva: ho potuto ricaricare le batterie e trascorrere più tempo con la mia famiglia”.

Quello che si è presentato a Madrid, dunque, è un Djokovic in ottime condizioni, pronto a riprendere da dove ha lasciato. “Sono qui per vincere tanti incontri. Il gioco è un po’ diverso rispetto agli altri grandi tornei sulla terra per via dell’altura, la palla va più veloce, ma sono venuto con un anticipo sufficiente per potermi adattare al meglio”. Con Federer fuori dai giochi, c’è un’incognita in meno verso la possibile finale con Nadal: ennesimo atto di una rivalità prossima a quota 50 incontri. “È un privilegio essermi potuto confrontare così tante volte con una leggenda del nostro sport. La rivalità con Rafa mi ha aiutato a diventare il giocatore che sono oggi. Lui mi ha battuto tante volte, poi ho vinto tante volte io, ma questo non significa che sarò in grado di farlo di nuovo. Ogni volta cerca qualche nuova soluzione per contrastare il mio gioco, contro di lui devo essere ancor più concentrato. Sulla terra è il più forte di sempre, basta vedere i numeri, e quindi resta il giocatore da battere”. Secondo il serbo, Nadal ha ritrovato il suo tennis, a partire da aggressività e rotazioni. “Ha passato dei momenti difficili, ma ora lo vedo più aggressivo, ha ritrovato i suoi angoli e tanto spin, che sulla terra diventa molto difficile da controllare”.

Immancabile la domanda sul Roland Garros: lo scorso anno ha fallito nella finale con Wawrinka, stavolta la pressione sarà ancora maggiore, ma lui sembra non averne affatto paura. “Non sempre la pressione è negativa. Quando la si sente significa che ci si sta giocando qualcosa di importante, che si è pronti per farlo. Ovviamente spero di vincere a Parigi, ma se non ce la farò quest’anno ci riproverò il prossimo, o quello dopo ancora. E se smetterò senza aver vinto il Roland Garros la mia carriera non sarà comunque un disastro. Sono molto orgoglioso di quanto fatto sin qui”. Infine, un punto di vista interessante, diverso, sul valore dei Masters 1000. “Il risultato di cui vado più fiero? I 28 titoli nei Masters 1000, perché i tabelloni sono sempre molto difficili e ci sono vari tornei uno dopo l’altro, come Madrid e Roma. Vuol dire che in due settimane bisogna vincere dieci incontri di altissimo livello, mentre negli Slam se ne giocano sette in due settimane, c’è più tempo per recuperare”.

I NUMERI DEL FENOMENO DJOKOVIC
Titoli Masters 1000: 28 (di cui 21 sul cemento)
Titoli Masters 1000 nello stesso anno: 6 (2015)
Finali Masters 1000 vinte consecutivamente: 12 (tra il 2012 e il 2015)
Bilancio incontri vinti-persi in carriera: 714-148 (82,8%)
Bilancio incontri vinti-persi sui campi in cemento: 479-89 (84,3%)
Bilancio incontri vinti-persi sui campi in cemento nei tornei dello Slam: 88,4%
Record di finali consecutive: 17 (15 nel 2015)
Vittorie sui top-10 nel 2015: 31
Record di punti in carriera: 16.790 (record del circuito ATP)
Montepremi in carriera: 98.227.621$