Lo svizzero batte Djokovic e si riprende tutto in una volta: leadership negli scontri diretti, numero 2 ATP, settimo titolo a Cincinnati e il sogno di vincere lo Us Open. A chiudere, l'abbraccio alle gemelline. Nole: “Per come ho giocato, la finale va bene”. 

Tutto in una volta. Nel giorno del 42esimo compleanno delle classifiche ATP, Roger Federer ha rimesso le cose a posto. E' tornato a battere Novak Djokovic in una finale importante, si è preso il Masters 1000 di Cincinnati per la settima volta (come Wimbledon e Dubai, uno in meno di Halle) e ha riconquistato un fondamentale secondo posto nel ranking ATP, ottimo per avere il numero 2 nel seeding allo Us Open. Per non farsi mancare nulla, ha fatto le prove generali al Western & Southern Open battendo Novak Djokovic con un 7-6 6-3 che non rispecchia esattamente i valori in campo. Già, perché la superiorità dello svizzero è stata ancora più netta. Abbiamo raccontato, partita per partita, l'atteggiamento tattico clamorosamente offensivo di Roger in questi giorni. Si pensava che potesse essere più prudente contro Murray, a maggior ragione contro Djokovic. Invece è rimasto fedele ai nuovi schemi, sia pure con un minimo di attenzione in più. Guarda caso, il punto che ha definitivamente spezzato la partita sia nato da una clamorosa risposta in controbalzo, di quelle che tanto hanno fatto discutere in settimana. Sul 3-1 nel tie-break, si è buttato a rete sulla risposta, forzando Djokovic a sbagliare il passante. Da lì, è iniziato il momento peggiore per il serbo: non ha più vinto un punto nel tie-break e ha incassato l'unico break in avvio di secondo set. Non era il miglior Nole, ma non c'è dubbio che questo Federer sia molto difficile da battere. Quasi impossibile, soprattutto sulla distanza del 2 su 3. Sarà proprio la formula Slam, i match più lunghi e faticosi, il principale alleato di Djokovic in un ipotetico replay a Flushing Meadows. Perché, altrimenti, questo è un Federer da numero 1. Restano i numeri, le statistiche, sempre più splendenti. 


L'ABBRACCIO ALLE FIGLIE

La partita ha dato segnali inequivocabili sin dai primi punti. Già nel secondo “quindici”, Federer ha provato a rispondere in controbalzo, come a marcare un territorio che sente suo. Djokovic è parso in palla, attento. Ha cancellato con sufficiente autorità le quattro palle break concesse, tre sull'1-1 e una sul 2-2. Tuttavia, non riusciva ad essere incisivo in risposta. Federer non gli concedeva nulla e si arrivava piuttosto rapidamente al tie-break, già raccontato. Sullo slancio, Roger ha preso il break in avvio di secondo e ha potuto fare gara di testa fino alla fine. Difficoltà? Soltanto nel settimo game, quando Djokovic è arrivato almeno a 40 in risposta. Ma un rovescio in corridoio ha messo fine ai propositi di una rimonta che sarebbe stata comunque complicata. L'ultimo game è stata una dolce passerella, ma ancor più dolce è stato il seguito: dopo la stretta di mano, Roger è andato al suo angolo (fatto inusuale per lui) a prendersi l'abbraccio delle gemelline Charlene Riva e Myla Rose, che a 6 anni iniziano a capire che papà è un fenomeno. Una scena di grande tranquillità, serenità, come se un pezzo di questo titolo fosse anche loro, di una famiglia ricca (di sicuro) e felice (probabile). Restano i numeri, le statistiche, sempre più splendenti. Per Roger è il titolo numero 87, sempre più vicino alla seconda posizione di Ivan Lendl (94), ma è il primo in cui batte nello stesso torneo numero 1 e numero 2 ATP. Beh, è normale, visto che per anni quelle posizioni erano occupate da lui…”Ho provato a variare il più possibile sulla seconda palla di Nole e speravo di servire alla grande per tenermi lontano dai guai – ha detto lo svizzero – lui ha avuto un cattivo game in avvio di secondo set e questo ha fatto la differenza”. Frase improntata alla modestia, quasi eccessiva. Perché dentro questo titolo c'è molto di Roger.


ADATTARE IL PROPRIO TENNIS

Interessante il resto del ragionamento: “Nel corso degli anni, Novak ha saputo adattarsi al mio gioco ed è migliorato molto. I suoi movimenti, così come i suoi fondamentali, sono molto solidi. Non sbaglia più col dritto come gli capitava un tempo”. E' un'implicita ammissione del fatto che Roger ha dovuto fare uno step in più, come se stavolta fosse compito suo adattarsi al gioco del serbo. E lo ha fatto. E Nole? Ancora una volta è rimandato l'appuntamento con il Career Golden Masters, con Cincinnati diventato una maledizione quasi come Parigi, visto che ci ha perso la bellezza di 5 finali, il 20% delle sue sconfitte complessive in un match clou. “Credo che Roger sia stato più aggressivo che in ogni altro torneo perché la superficie e le condizioni glielo permettevano – ha detto Nole – lui adora giocare a questi ritmi. Sapevo che sarebbe stato aggressivo e che dovevo trovare un modo per contrastarlo. L'ho fatto bene fino al tie-brek, poi lui è stato migliore di me. Ho fatto troppi doppi falli e ho perso il servizio. Per come ho giocato in questi giorni, la finale è un buon risultato”. Nel frattempo, Federer torna in vantaggio negli scontri diretti. E il 18esimo Slam, agognato da oltre tre anni, d'improvviso sembra tornato possibile. Probabile?

 

ATP MASTERS 1000 CINCINNATI – Finale

Roger Federer (SUI) b. Novak Djokovic (SRB) 7-6 6-3