Djokovic disinnesca Federer in quattro set e si prende le chiavi di Wimbledon: il nuovo padrone dei prati è lui, l'uomo che ringrazia il cielo e mangia l'erba dopo il successo. Allo svizzero non basta un +23 tra vincenti ed errori: Nole è mostruoso in risposta. 

Tante volte abbiamo pensato, nonchè sussurrato, che Roger Federer non avrebbe più vinto un torneo del Grande Slam. Adesso lo diciamo. La voce è sempre bassa, ma un filo più convinta. Molti pensano che Wimbledon sia l'unico dove può ancora farcela. Pensiero esaltato dalla grande semifinale contro Andy Murray, ma che non aveva fatto i conti con Novak Djokovic. Le lacrime di Parigi si sono tramutate nel dolce abbraccio con la moglie Jelena. Un'immagine immortalata da una telecamera che, accidentalmente, ha colto il passaggio di Roger Federer nella medesima strettoia, con l'aria ben più accigliata di quanto non fosse durante la premiazione. Forse stava realizzando che il distacco con Nole aumenta giorno dopo giorno. Lo scorso anno, un Federer superlativo trascinò la partita al quinto e per poco non azzeccava l'impresa. Stavolta è un miracolo che abbia vinto un set. Pur giocando bene, lo svizzero si è inchinato col punteggio di 7-6 6-7 6-4 6-3 ma un epilogo in tre set, forse, sarebbe stato più giusto. Ripetiamo: Roger ha giocato bene, ha fatto quel che doveva, e spesso l'ha fatto bene. Lo dicono i numeri: 58 colpi vincenti e 35 errori sono un bottino di tutto rispetto, tenendo conto dei rischi che doveva correre, punto dopo punto, per sfondare il muro di gomma eretto da Djokovic. Da parte sua, il serbo è stato eccezionale in fase difensiva. Ma c'è qualcosa di più: se i vari Borg e Nadal erano mostri in difesa e poi, magari, giravano lo scambio, lui riesce ad essere aggressivo anche nel colpo di estrema difficoltà. Federer si è trovato a giocare di controbalzo anche quando pensava che il punto fosse cosa fatta. E allora, con l'età che avanza e un Djokovic 6 anni più giovane di lui, sarà sempre più complicato ottenere l'agognato 18esimo Slam. Lo sguardo mentre schivava l'abbraccio dei coniugi Djokovic sembrava dire proprio quello.


DECISIVO L'AVVIO DEL TERZO SET

In una finale giocata sotto un cielo grigio, appena bagnata dalla pioggia nel cuore del terzo set (ma non a sufficienza per decidere di chiudere il tetto), Federer aveva una missione: vincere il primo set. L'unico rimpianto arriva da lì. E' scattato un po' meglio dai blocchi, ha centrato il break al sesto gioco (sarebbe rimasto l'unico…), portandosi sul 4-2. Ma Djokovic lo ha azzannato, mordendolo per le caviglie, e non lo ha più mollato. Come nei due setpoint avuti dallo svizzero sul 6-5. Due prime di servizio, potenti e autorevoli, hanno tenuto vivo il set e mandato in confusione Federer, che di fatto non ha giocato il tie-break. Lo ha perso 7-1, chiudendolo con un doppio fallo. Non doveva perderlo, non in quel modo. A dire il vero, l'inerzia psicologica avrebbe potuto cambiare nel secondo. Federer lo ha artigliato vincendo 12-10 il tie-break dopo aver cancellato sette setpoint al rivale. Mentre il punteggio scorreva, i meno giovani avranno ricordato il leggendario tie-break del 1980 vinto da John McEnroe su Bjorn Borg. In realtà è stato Nole a sciupare tutto, commettendo uno dei 16 errori gratuiti sul 10-9. Ne ha infilato un altro nel punto successivo e Federer non ha perdonato, riportando il match in parità. Lì poteva cambiare tutto, ma lo svizzero era al limite. Meglio di così non poteva giocare. Ha patito in avvio di terzo, quando si è subito trovato 15-40 nel primo game. Si è salvato, ha avuto addirittura una palla break per salire 2-0 ma non l'ha sfruttata. Il game seguente è stato il simbolo di questa finale, insieme all'abbraccio tra Novak e Jelena: avanti 40-15, Federer ha concesso quattro punti di fila e ha commesso un gravissimo errore sulla palla break: un dritto da metà campo, sopra la rete, winner sicuro…L'ha sparato lungo, senza un perchè.

 

 
"MA CHE BRAVI I GIARDINIERI!"

Pochi minuti dopo, la pioggia ha obbligato a una breve sospensione. Le stazioni meteorologiche hanno tranquillizzato gli organizzatori, evitando la chiusura del tetto. Al rientro, Nole era ancora più sicuro di sé. Non ha più corso rischi in battuta, si è preso il terzo set e ha dominato il quarto. Un altro break, suggellato da un dritto vincente, gli ha regalato il terzo titolo a Wimbledon dopo quelli del 2011 e del 2014. E' il nono Major in carriera, buono per staccare mostri sacri come Ivan Lendl, Jimmy Connors, Andre Agassi, Ken Rosewall e Fred Perry. Ci sarà tempo per capire fin dove potrà spingersi: adesso è tempo di celebrare un vero numero 1, un campionissimo che ha trovato la chiave per inserirsi – da dominatore – nella rivalità Federer-Nadal, una delle più grandi di sempre. Il suo grande problema, adesso, sarà confermarsi su questi livelli per almeno altri quattro anni. Soltanto così potrà dare concretezza alle parole di papà Srdjan, secondo cui il figlio potrà essere considerato il GOAT a fine carriera. Gli obiettivi immediati (oltre alle vacanze con la famiglia) riguardano i Masters 1000: può affiancare e superare il record di Rafael Nadal, e magari diventare il primo a vincerli tutti almeno una volta: per farcela, gli “basterà” vincere a Cincinnati. Per gli Slam se ne parlerà tra un paio d'anni, quando avremo le idee più chiare sulle sue prospettive. Nole ha dimostrato più volte di essere uno splendido perdente, ma è grande anche nella vittoria. “E' stato un privilegio giocare contro Federer: affrontarlo è una delle più grandi sfide che io possa avere. E' una figura troppo importante, sia dentro che fuori dal campo, la mia generazione è cresciuta avendo lui come esempio”. Nonostante l'intervista con Sue Barker durante la premiazione sia spesso un concentrato di banalità, Nole ha regalato la frase da titolo anche lì. “Ho mangiato l'erba, si. Aveva un buonissimo sapore: non so cosa abbiano fatto i giardinieri per renderla così buona, di sicuro hanno fatto un grande lavoro. Ormai è una mia tradizione: da bambino sognavo di vincere Wimbledon, e come ogni bambino sognavo di fare qualcosa di pazzo nel momento della grande vittoria”. Come Francesca Schiavone con la terra battuta, Nole ha fatto altrettanto con l'erba. E ha eguagliato il numero di titoli di coach Boris Becker, sollevato più che felice nel players box.”Festeggeremo con un bicchiere di vino e una di birra – ha detto, dimenticando per un attimo che ci sarà la cena ufficiale – lui è tedesco, io sono serbo, è normale essere diversi. Ma abbiamo trovato la giusta chimica. Il suo contributo è stato molto importante per vincere questo trofeo, così come quello di mia moglie, della mia famiglia e di tutti quelli che mi sostengono”. Ma il merito è soprattutto suo. Dell'uomo che ha saputo disinnescare il servizio di Federer. Nel torneo dove Roger sembrava inavvicinabile, perdendolo solo una volta in 19 set, il serbo gliel'ha confiscato quattro volte in tre set. Se non è un fenomeno…


WIMBLEDON 2015 – UOMINI
Finale

Novak Djokovic (SRB) b. Roger Federer (SUI) 7-6 6-7 6-4 6-3

GRANDE SLAM – I PLURIVINCITORI
Roger Federer – 17
Rafael Nadal – 14
Pete Sampras – 14
Roy Emerson – 12
Rod Laver – 11
Bjorn Borg – 11
Bill Tilden – 10
Novak Djokovic – 9
Ken Rosewall – 8
Andre Agassi – 8
Ivan Lendl – 8
Fred Perry – 8
Jimmy Connors – 8
Richard Sears – 7
William Renshaw – 7
William Larned – 7
Renè Lacoste – 7
Henri Cochet – 7
John Newcombe – 7
John McEnroe – 7
Mats Wilander – 7