SPECIALE – Cosa vuol dire essere papà e coach allo stesso tempo? È un rapporto difficile da gestire? Quali sono le maggiori difficoltà? Ce lo hanno spiegato tre top-papà coach: Quirino Cipolla, Cosimo Napolitano e Ivano Pieri. Ognuno la pensa a modo suo…

, ex giocatore e attuale coach di Flavio, è stato il primo maestro del figlio fino a portarlo al n. 70 ATP. Quirino ha definito la relazione padre-figlio in campo sportivo come “devastante”; un rapporto ricco di emozioni e sofferenze in cui, a un certo punto, è stato necessario un distacco professionale. Ma se Flavio è diventato il giocatore che è, è stato anche grazie a lui. Cosimo Napolitano ha cresciuto il figlio Stefano fino a farlo diventare n. 348 Atp. Oggi padre e figlio collaborano con il Piatti Tennis Team, fondamentale nello sviluppo di Stefano. Lavorano duramente verso un obiettivo comune, ma tutte le conquiste fatte finora, secondo Cosimo sono vittorie “esclusivamente di Stefano”. Ivano Pieri segue Jessica e Tatiana, tra le più giovani presenti sui campi del Foro Italico durante le pre-qualificazioni degli Internazionali Bnl d’Italia. Il suo compito è ancora più delicato, perché spesso la gestione di una ragazza (in questo caso due) è decisamente complicato. Per adesso ha raccolto grandi soddisfazioni: Jessica, da poco nel circuito pro, vanta già una classifica importante; si posiziona al 397mo posto WTA. Nel 2015 ha raggiunto la semifinale al Trofeo Bonfiglio, uno dei tornei più importanti Under 18 a livello internazionale. Tatiana, tra le giovani più promettenti della nostra penisola e più volte incoronata campionessa italiana, ha da poco intrapreso il cammino verso il mondo professionistico, ma il suo nome inizia già a farsi rispettare.

: “Secondo me i rapporti padri-allenatori e figli-giocatori sono devastanti per una serie di motivi: si incrociano dei ruoli che non dovrebbero incrociarsi. Il coach deve fare il coach per il bene del giocatore, la parte emozionale deve essere il più possibile a latere. Se il coach è il padre del ragazzo, come nel mio caso, diventa difficile gestirla.”

Cosimo Napolitano: “Questa domanda andrebbe fatta a Stefano, credo sia più importante quello che pensa lui. Io penso che sia contento; sa di avere una famiglia che crede molto in lui e fa il possibile per assisterlo nei suoi sogni. In questo momento siamo inseriti nel Piatti Tennis Team che non smetterò mai di ringraziare. Da quest’anno condivido la crescita di Stefano con il coach Cristian Brandi, il preparatore atletico Umberto Ferrara, il Professor Vercelli che è il preparatore mentale…e poi ci sono io. È un team che sta portando a Stefano grandi vantaggi. Ringrazio anche Riccardo Piatti e Massimo Sartori per aver creato attorno a Stefano questo team che lo sta assistendo in maniera significativa nella sua crescita.”

Ivano Pieri: “Ho un ottimo rapporto con entrambe le mie figlie.”


Quirino Cipolla: “La figura del padre non è mai completamente associata a una figura professionale perché i figli ti vedranno sempre prima come “il papà”. Secondo me questo è un aspetto negativo. D’altro canto, quello che può fare un padre rispetto a una figura professionale, è che va oltre a quello che è un rapporto professionale. Per i professionisti anche la parte economica di divisione spese non è una cosa da poco. Poi ci sono delle situazioni quasi fisiologiche che avvengono nel momento di crescita dei figli. I figli a un certo punto hanno bisogno di un distacco nei confronti dei padri. Flavio, in occasione di un torneo in un posto ostico, in Egitto, a 16 anni mi ha chiesto di poter andar da solo. Io mi sono reso conto che era in un momento di crescita e l’ho lasciato andare da solo. Mi sono forzato e lui ha fatto la sua esperienza che era necessaria. Credo che i genitori siano un po’ come il pesce: dopo un po’ puzzano; devono distaccarsi e io questo lo capisco perché anche se gli lasci la massima libertà possibile, mi rendo conto che è comunque pesante avere sempre il padre vicino, è una limitazione della libertà del figlio.”

Cosimo Napolitano: “Il contro è che potresti opprimere troppo, creare un rapporto troppo pesante. Se l’obiettivo è quello di crescere, il ragazzino deve crescere e il rapporto non deve essere penalizzante per il suo cammino. Il vantaggio è che hai un maestro che ha un po’ più a focus, rispetto al normale, l’attività del figlio, la sua vita, i suoi progressi, il suo tennis. Ma un maestro bravo è bravo anche se non è il padre.”

Ivano Pieri: “Il vantaggio può essere dato dal fatto che hai sempre la situazione sotto controllo, dentro e fuori dal campo. Visto che quanto avviene in campo è determinato anche da ciò che accade fuori, credo sia un fattore positivo. Anche la gestione della sconfitta sicuramente viene gestita meglio da un genitore maestro piuttosto che da un genitore qualsiasi. Sinceramente vedo pochi “contro” perché l’importante è avere un buon rapporto con i figli, come nel mio caso.”


Quirino Cipolla: “Io ho sofferto tantissimo con Flavio perché, in generale, tutti i genitori soffrono quando gioca un figlio. In più io sono stato un ex giocatore e l’ho costruito; prima che lui colpisca io so già quello che succede. Ho giocato tutte le sue partite ed è una cosa devastante, non va bene. Era come se avessi giocato anch’io. Ma se quando ero giocatore il gioco mi portava a scaricare la tensione, mentre gioca il figlio senti tutto ma devi stare fermo, anzi devi anche stare attento a comportarti. Se fai 10-12 anni di circuito ne esci fuori a pezzi: contento e pieno di soddisfazioni…ma a pezzi. Fare il coach, come giocare a tennis, non è una cosa per tutti, soprattutto a certi livelli. Il tennis è uno sport complesso. Per me è un mestiere molto difficile, lo puoi fare se hai giocato, se hai un minimo di cultura e se sei abituato a fare il papà, quindi a mettere prima il figlio come persona e poi il giocatore, altrimenti rischi di fare danni.”

Cosimo Napolitano: “Il tennis è una cosa di Stefano, non mia. Io dopo di lui sono il suo primo tifoso. Ho imparato, con grande fatica, ad avere controllo delle mie emozioni ma il tennis è una cosa sua. Se lui è contento, io sono contento, se lo vedo tranquillo, sono tranquillo anch’io e quando lo vedo agitato devo capire il perché e cercare di aiutarlo.”

Ivano Pieri: “Le sensazioni sono sempre le stesse quando gioca un figlio; c’è sempre stress e ansia. Nel mio caso c’è poco da fare, anche se ho giocato a tennis quando ho una figlia in campo le emozioni sono sempre forti. Diciamo che con il tempo e con l’esperienza ho imparato a gestirle meglio, riconosco meglio anche le situazioni date dal
punteggio, quindi attenuo l’ansia. In definitiva secondo me tra genitori ex giocatori e non, cambia poco in questo caso.”


Quirino Cipolla: “Quando Flavio era piccolo io avevo una società che gestiva 12 scuole, ero l’amministratore. Andavo in campo con gli agonisti però non ero il maestro del circolo, quindi non mi è mai capitato. Tuttavia, ora che ci penso, mi viene in mente qualche episodio del genere. Quando i figli sono piccoli ci sono molti genitori che fanno da maestri e ricevono critiche dai genitori degli altri bambini che vogliono giustamente una situazione paritetica.”

Cosimo Napolitano: “Conoscendo bene queste dinamiche, ho fatto il grande sacrificio di togliere Stefano dalla scuola tennis e di allenarlo personalmente in modo che nessuno potesse criticarmi. Giustamente ogni genitore pensa di avere il proprio campioncino tra le mani quindi è inevitabile, logico e umano che si scatenino queste situazioni. Ho preferito fargli fare un altro percorso per evitare questo tipo di problema.”

Ivano Pieri: “Spesso mi capita di ricevere critiche e di sentirne di tutti i colori, su me e sulle mie figlie. Io ho insegnato a loro che tutto ciò nasce dalla gelosia e dall’invidia. Il nostro motto è sempre stato “Tanta invidia, tanto onore.” Questo problema ricorrente va gestito bene e trasformato in energia positiva altrimenti è una delle prime cause per cui molti ragazzini abbandonano prematuramente il tennis.”





Quirino Cipolla: “Credo ci sia bisogno di educare. Si tratta di genitori senza alcuna competenza tecnica. Va bene se guardano gli allenamenti dei figli ma non devono criticare l’insegnamento del maestro, esattamente come non vanno nelle scuole elementari o medie a criticare l’operato degli insegnanti.”

Cosimo Napolitano: “Non mi permetto di dare consigli, ognuno ha il proprio carattere e deve fare la propria strada e le proprie esperienze.”

Ivano Pieri: “L’unico consiglio che mi sento di dare è di far capire ai genitori che il tennis deve essere uno stile di vita, un percorso quotidiano e non un luogo dove si coltivano sogni o dove si produce un futuro migliore. Strada facendo, poi, si aggiusterà il tiro a seconda del livello, sempre però rimanendo con i piedi ben saldi a terra.”