L’OPINIONE – La disponibilità alla candidatura a presidente FIT di Massimo Rossi riaccende il dibattito sulla politica federale, priva di volti alternativi dal 2004. Difficilmente l’avvocato milanese riuscirà ad accedere all’Assemblea di Fiumicino, ma dibattito, pluralismo e critica (onesta) fanno sempre bene. E siamo convinti che siano benefici anche per Binaghi, come li sarebbero stati per Galgani.

Quando ho appreso della disponibilità dell’avvocato Massimo Rossi a candidarsi a Presidente FIT, ho fatto un balzo sulla sedia. La politica federale è uno degli argomenti più interessanti (e decisivi) del nostro tennis, ma non gode della giusta considerazione. La notizia di un candidato alternativo, al netto dei programmi e delle idee, è sempre un fatto positivo. Ancor di più se l’ultima elezione con un doppio candidato risale al 2004. Letto di Rossi, ho subito ripreso un’inchiesta realizzata quattro anni fa su TennisBest Magazine (pagina 104), alla vigilia delle elezioni di Fiumicino. Dopo aver ripercorso la vicenda (a tratti nascosta, con alcune rivelazioni inedite) che aveva portato alla situazione attuale, scrissi “Siamo convinti che il dibattito, il pluralismo e la critica siano cardini della democrazia”. La penso ancora così, per questo l’iniziativa di Rossi merita attenzione. Al di là degli appetiti del guardone di professione (un’assemblea con più candidati è certamente più interessante e persino divertente, senza bisogno di arrivare agli estremi del 1989…), il confronto tra due programmi è sempre una buona cosa. Seguo la politica federale da una decina d’anni, quindi non ho ricordi diretti del primo quadriennio della presidenza Binaghi. Gli anni seguenti hanno evidenziato una crescita in termini di esperienza. Come disse l’ex consigliere Vincenzo Maritati: “In quattro anni non si riesce a incidere. La macchina è difficile da comprendere subito, come in qualsiasi carica pubblica”. Certamente più esperto, forse ben consigliato, l’ingegnere cagliaritano ha limato alcuni aspetti più discutibili e ha meriti innegabili: il saldo economico (più che) positivo, la crescita degli Internazionali BNL d’Italia, un progressivo e apprezzabile percorso di trasparenza, un attivismo continuo e il buon successo di SuperTennis TV, scommessa a occhi chiusi che si è rivelata vincente (costa parecchio e fatica ad auto-sostenersi, è vero. Ma se i critici dicono che è “In perdita e la FIT ripiana”, altri sostengono che i contributi FIT sono strategici nell’ottica di una fetta del bilancio da destinare alla promozione. Onestamente, cosa c’è di più “promozionale” di SuperTennis?).

Il prossimo 11 settembre, Binaghi si ricandiderà e al 99,9% inizierà il quinto mandato, raggiungendo Paolo Galgani come presidente più longevo nella storia della FIT. Credo che lo stesso Binaghi sarebbe più contento di ottenere la rielezione battendo un avversario piuttosto che “giocare da solo” per la terza volta consecutiva. Tanti anni fa, quando la politica federale era argomento ben più considerato dalla stampa, qualcuno scrisse. “Se avesse avuto avversari di qualità e competenza, Paolo Galgani sarebbe stato un grande presidente”. Credo che il discorso possa valere anche per Binaghi: personalmente, mi piacerebbe assistere a un dibattito con Rossi o chiunque altro, in cui avrebbe – per davvero – la possibilità di mostrare le sue doti dirigenziali. Mostrare di essere più bravo di un ipotetico avversario è certamente più stimolante che essere l’unico. Si è discusso (e si discuterà a lungo) sugli sbarramenti che rendono difficile la candidatura di un aspirante presidente, ma l’impressione è che il progetto di Massimo Rossi arrivi fuori tempo massimo. Come leggete nell’intervista, lui sostiene che una campagna elettorale debba partire solo dopo la convocazione dell’assemblea, perché prima si riscontra il totale disinteresse dei club. In effetti, mi diceva le stesse cose anche quattro anni fa: “Mi piaceva l’idea di una campagna elettorale sul territorio, ma ho sempre riscontrato un disinteresse totale. Mi guardavano come se fossi un marziano! Ai circoli interessano i soci, il bar, il ristorante, i campionatini a squadre. Nel tennis è impossibile scalfire il potere. La storia insegna che solo scandali o pressioni politiche possono farlo”. Secondo il (molto) potenziale candidato, soltanto la promessa di un abbassamento delle tasse federali avrebbe presa sui club. La storia, in effetti, dice questo: in 106 anni di FIT, non è mai successo che il presidente uscente perdesse le elezioni. Anche per questo, l’iniziativa di Massimo Rossi sembra velleitaria. Lui ne è consapevole, ma ha deciso di provarci ugualmente. Merita i complimenti per il coraggio, ma non c’è dubbio che si potesse muovere meglio, o almeno in anticipo. Ma è positivo che si sia aperto uno spiraglio di dibattito, da affrontare nel supremo interesse dello sviluppo del tennis italiano. Un dibattito che cercheremo di portare avanti, certi della sua disponibilità, anche e soprattutto con lo stesso Angelo Binaghi, destinato a guidare la Federazione Italiana Tennis fino al 2020.

ELEZIONI FIT – LA STORIA

18 gennaio 1997 – Roma, Hotel Cavalieri Hilton
Paolo Galgani 56,49% (41.943 voti)
Francesco Ricci Bitti 42,76% (31.751)
Massimo Rossi 0,49% (364)

7 febbraio 1998 – Bellaria, Centro Congressi
Francesco Ricci Bitti 70,99% (49.847 voti)
Stefano Leone Gaudenzi 20,21% (14.188)
Massimo Rossi 5,48% (3.847)

18 dicembre 2000 – Fiuggi, Palaterme
Angelo Binaghi 63,39% (1.638 voti)
Rino Tommasi 34,25% (885)

14 novembre 2004 – Castellaneta Marina
Angelo Binaghi 75,71% (1.711 voti)
Luigi Tronchetti Provera 24,29% (549)

11 settembre 2008 – Verona, Fiera
Angelo Binaghi 94,94% (2.231 voti)

9 settembre 2012 – Fiumicino, Hotel Hilton Rome Airport
Angelo Binaghi 95,28% (1.857 voti)