Le semifinali dell'Australian Open viste da Federico Ferrero. Nadal ha dalla sua i precedenti contro Federer, ma l'equilibrio psicologico della rivalità sembra essersi modificato.
Djokovic-Murray è stata la finale dell'Australian Open 2011
Di Federico Ferrero – 25 gennaio 2012
Siempre juega así contra mí, boludo.Che quell'imbecille fosse rivolto a sé o – più probabilmente – a Roger, e meno male che quasi nessuno se n'è avveduto, la sentenza di autocondanna di Juan Martin del Potro nei quarti di finale è arrivata dopo neanche un set. Quando Roger gioca così, come ha fatto finora in questi Aussie Open, verrebbe da chiedere ai tecnici di Jurassic Park di criogenizzarlo e clonarlo per le prossime generazioni. Altro discorso è pensare che possa fare il fenomeno anche contro la sua ombra, Rafa Nadal, ora che i due si apprestano alla sfida numero 27.
La contabilità dice Rafa. Nelle partite dello Slam Federer ha vinto due volte su nove (le prime due finali a Wimbledon, 2006 e 2007, e poi stop). Nei match al meglio dei cinque set, è pesantemente in svantaggio: nove a tre Nadal, recita il foglietto. Delle cinque partite sul cemento all'aperto, Roger ne ha strappata via una (quasi persa, peraltro: la finale di Miami 2005, prima delle tre partite vinte sulla lunga distanza). Rafa ha un altro alleato: il terreno. Ormai gli Australian Open strizzano l'occhio ai fondocampisti e frustrano chi ama offendere. Il Plexipave, scelto dagli australiani nella variante Prestige (quattro strati sopra la colata di cemento, con una superficie assorbente in plastica, gomma e fibre minerali) è una grattugia: consuma il feltro delle palline, le gonfia come gatti bolsi. Ed è lenta come la Quaresima, anche se la palla quest'anno sembra rimbalzare meno e assecondare con minor piacere le rotazioni, rendendosi meno simile a una terra battuta… solida. Ma si giocherà in turno serale, con il campo raffreddato, e la benzina nelle gambe di Rafa sarà un fattore ancor più dirimente: Nadal potrà rimandare di là tutto, o quasi.
Qualcosa, però, nell'equilibrio mentale della rivalità è cambiato. Roger ha giocato la finale di Parigi, lo scorso anno, quasi Nadal fosse un avversario come un altro. La semifinale con Djokovic deve averlo pacificato e rassicurato su quanto potesse ancora pesare nei grandi tornei, e mai si era visto così libero di colpire e sereno nel fare il suo gioco. Il ricordo più fresco, poi, è quello del successo al Master di Londra, l'unica atmosfera platealmente gemellata con il Fed-game. E per lo svizzero è un bel ricordare. Domani mattina, ore 9:30, ci aspetta un altro capitolo del classico del nostro tennis: non è vietato aspettarsi una lotta epica. Rod Laver, titolare dell'arena centrale di Malbourne Park, mette dieci dollari su Federer. Ma il suo non è stato tanto un parere tecnico: assomigliava più a una speranza.
L'altra metà dei Fab Four, che per ora possono ancora non querelare se impersonano George Harrison e Ringo Starr al cospetto delle carriere di Roger e Rafa, è pronta a contendersi la seconda fetta della torta nella seconda semifinale degli Australian Open, quella di venerdì mattina. Quale Djokovic trova il miglior Murray? Nole è il numero uno al mondo, il campione uscente e si è caricato a dovere per questo primo Slam, indubbio. Ma non è il superDjokovic della primavera-estate 2011. Lorenzi, Giraldo, Mahut gli han fatto il solletico, ma i corri-e tira del vecchio Hewitt e del giovin Ferrer lo hanno messo sufficientemente alle strette per non costringerci a gridare ai miracoli del serbo robot versione Us Open. Andy si è fatto convincere da coach Ivan Lendl (fa ancora impressione chiamarlo così) a fare un passo, vivaddio, verso la riga di fondo e gli si è aperto un mondo: si può vincere uno scambio anche senza colpire venti volte. Contro un altro mostro atletico come Novak, però, i due sono destinati a colpire qualche migliaio di volte prima che… Beh, l'anno scorso la finale fu una non-partita. La sfida di Roma, per contro, un duello lacrime e sangue. Se Murray si imporrà di non cedere alla tentazione di tornare nel suo bozzolo a fare della resistenza felina ci sarà anche spazio per una sorpresa. Altrimenti un bel 75 64 76 e tanti saluti.
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...