Ci sono pochissime donne-coach nei circuiti ATP-WTA. Soltanto La Hingis allena una top-20. Secondo B.J. King è un grave errore. “Viviamo la società con gli occhi degli uomini”.
Billie Jean King ha guidato il team americano di Fed Cup dal 1995 al 2003
Di Gianluca Roveda – 15 marzo 2014
Ogni tanto l’argomento torna d’attualità. Come mai i tennisti (uomini, ma anche donne) non scelgono praticamente mai un’allenatrice donna? Difficile trovare una ragione che vada oltre un banale sessismo. E quando si tocca il tema, Billie Jean King è sempre protagonista. Per lei è come una spina nel fianco, forse l’unica battaglia che non è riuscita a vincere in 40 anni di lotte sindacali. Nel circuito ATP, soltanto Mikhail Kukushkin e Denis Istomin sono allenati da una donna, peraltro le rispettive moglie e madre. Ma fa impressione, dando un’occhiata al circuito WTA, la pressochè totale assenza di donne coach. Tra le top-20, l’unica ad affidarsi a consigli rosa è Sabine Lisicki, seguita da Martina Hingis (le due hanno anche giocato il doppio a Indian Wells e si ripeteranno a Miami). Anche le italiane non fanno eccezione: Sara Errani è seguita da Pablo Lozano, Roberta Vinci da Francesco Cinà e Flavia Pennetta da Salvador Navarro. La sola Francesca Schiavone ha optato per Laura Golarsa, che però non può girare tutto l’anno e allora si è affidata all’entusiasmo di Marco Pedrini. “Io ho allenato Tim Mayotte e un altro paio di giocatori – ha detto la King – per il resto, nessuno mi ha chiesto di seguirlo. Credo che sia un grosso errore, perché noi donne siamo una grande risorsa. Nessuno è mai venuto da me a chiedermi se posso aiutarlo nel suo gioco. L’ultima è stata Martina Navratilova quando la sua carriera da singolarista era agli sgoccioli”. Secondo BJK è un problema culturale. “Ci hanno insegnato che le donne non sono brave a fare certe cose. Oggi la cultura funziona così. A molte persone non piace essere controverse, e allora rispettano i protocolli”.
La King ritiene che la società attuale è cresciuta osservando il mondo attraverso gli occhi degli uomini. “Possiamo pensare che sia giusto o sbagliato, tanto non imposta. Tanto ormai è così. Percepiamo il mondo in questo modo perché gli uomini hanno scritto la storia e hanno sempre deciso cosa si sarebbe visto in televisione”. La King era tornata alla ribalta qualche tempo fa, quando era stata scelta come rappresentate istituzionale degli Stati Uniti durante la cerimonia inaugurale di Sochi 2014. La sua presenza sarebbe stato uno schiaffo morale alla Russia dalle tendenze omofobe, ma non è potuta andare a causa delle condizioni di salute della madre, deceduta proprio in quei giorni. Billie Jean si è rifatta con la cerimonia di chiusura. Nonostante la preoccupazione per le tendenze russe, ha detto che l’esperienza è stata molto positiva. E’ un momento importante per la King: il documentario sulla Battaglia dei Sessi del 1973 con Bobby Riggs ha avuto un tale successo da interessare alcuni produttori cinematografici. E già si parla della possibile protagonista, l’attrice che impersonerebbe una 29enne Billie Jean King: Jennifer Lawrence. Durante la sua visita a Indian Wells, si è espressa anche su un altro argomento piuttosto caldo: la proposta di Maria Sharapova di abolire i tre set su cinque nel tennis maschile. “Io lo dico da sempre, ma per un semplice motivo: non mi piace che i migliori tennisti smettano di giocare così presto. Sampras, Borg, McEnroe…hanno smesso molto giovani”. A suo dire, è successo perché erano troppo logori. “Sampras mi raccontò quello che ha dovuto passare per chiudere al numero 1 ATP per il sesto anno di fila. La mia idea? Provare a giocare al meglio dei tre set per un periodo sperimentale di cinque anni. Sarebbe molto più interessante”. A 70 anni, BJK è più in forma che mai.
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