L’INTERVISTA – Dustin Brown vuole togliersi l’etichetta del tennista che guidava il camper. “Basta parlarne, è passato troppo tempo. Non ho rimpianti, giocherò ancora a lungo. E molto presto un nero vincerà uno Slam”.
Di Riccardo Bisti – 24 settembre 2014
Dustin Brown non guarda più al passato. O forse si è semplicemente stufato di rispondere sempre alle stesse domande. Il tedesco di origine giamaicana è uno dei personaggi più curiosi del circuito, e non potrebbe essere altrimenti: lunghi capelli rasta, proprio come Bob Marley, ma il tedesco come lingua madre. Inoltre possiede alcune fisime che lo rendono molto divertente, a partire dalle stringhe delle scarpe da tennis, di colore diverso. Il suo tennis, poi, è totalmente illogico, improvvisato. Colpi estemporanei, serve and volley artigianale, missili che finiscono all’incrocio delle righe o magari fuori dallo stadio. Insomma, un personaggio da raccontare. Ma si è stufato di parlare del suo passato da tennista-zingaro, quando per tre anni ha girato l’Europa a bordo del suo camper Volkswagen. Tra un future e un challenger, il camper gli ha fatto “da pub, da disco e da divano” per dirla con Caparezza. Non c’è articolo, intervista, profilo, in cui non se ne parli. Adesso che Dustin è stabile tra i top-100 e il camper è solo un ricordo, beh, non ne vuole più parlare. Quando lo abbiamo incontrato al challenger di Genova gli abbiamo chiesto di raccontarci un episodio di quel periodo, un racconto inedito. Appena abbiamo citato il termine “camper”, sul volto di Cristopher Kas (suo compagno di doppio), seduto lì accanto, è spuntato un sorriso. Sapeva cosa ci avrebbe risposto. “Per favore, basta parlare del camper. Ci ho viaggiato per anni, è stata la mia vita. Ormai è passato molto tempo, quindi…”. Però il Dustin Brown di oggi è figlio di quel periodo, quando mamma Inge (tedesca) ha raccolto gli ultimi soldi insieme a papà Leroy (giamaicano) e gli ha comprato il mezzo che lo ha reso personaggio. Pare che l’intuizione sia stata della madre, mentre era seduta in riva al mare e sorseggiava una birra. Col senno di poi, è stata la scelta vincente. Adesso c’è chi prova a imitarlo: lo spagnolo Marcos Giraldi gira l’Europa a bordo del suo furgone, tra un future e l’altro. Dustin, se dovessi dargli un consiglio? “Difficile dare consigli, ognuno la vive a modo suo e ogni situazione è diversa dall’altra. Gli direi soltanto di restare concentrato e fare del suo meglio, partita dopo partita. Se giocherà bene potrà scalare i gradini del tennis come ho fatto io, arrivando al Circuito ATP passando dai Challenger”. Ok, messaggio ricevuto: l’argomento “camper” è bandito dal nuovo Dustin Brown. Per fortuna c’è tanto altro da raccontare.
BENEDETTI FUTURES GIAMAICANI
“Quanto tempo richiede questa intervista?” Ci ha chiesto. Doveva scendere in campo per un match di doppio insieme all’amico Kas, con il quale fa ormai coppia fissa. Il direttore del torneo, Giorgio Tarantola, lo ha rassicurato. Prima di un'ora non sarebbe sceso in campo. “Ok, allora facciamo adesso. Ho ancora molti anni davanti a me – racconta – certamente posso raggiungere una classifica migliore rispetto alla 78esima posizione, il mio attuale best ranking. Devo giocare con attenzione, partita dopo partita. Sono convinto che se gioco bene i risultati arrivano”: Tutto vero, ma se a quasi 30 anni non ti sei ancora avvicinato ai top-50, un motivo ci sarà…”Non penso di aver commesso particolari errori nella mia carriera. Ok, mi è capitato di perdere delle brutte partite, ma non definirei ‘errore’ una sconfitta”. Nato a Celle, nei pressi di Dusseldorf, si è spostato a 12 anni in Giamaica dove ha vissuto per otto anni, raccogliendo i primi punti ATP in un ambiente difficile e senza particolare supporto della sua federazione. Nel 2004 è tornato in Germania e adesso risiede a Winsen, a due passi da Amburgo. L’amato Volkswagen è ancora lì, parcheggiato. Non lo darà mai via perchè rappresenta una parte della sua vita a cui è molto affezionato. Non ne parla, ma è ancora dentro di lui. Dustin, quando hai capito che il Giamaica era dura, perchè non hai pensato di tornare in Europa con qualche anno di anticipo? “Non era un’opzione possibile. In quel periodo andavo a scuola, così alternavo i libri e il tennis. Poi, a un certo punto, hanno organizzato una serie di tornei futures proprio in Giamaica. Quella è la ragione per cui sono rimasto laggiù così a lungo. Mi sono spostato in Europa quando mi hanno comprato il camper…”: Alla fine si torna sempre lì, al mitico Volkswagen. Ma abbiamo capito che non è argomento gradito. Meglio parlare d’altro, magari della carriera di modello. Con un fisico come il suo (è alto 1.96, lineamenti delicati, senza un filo di grasso) era un passaggio quasi normale.
LONTANO DA DOPING E SCOMMESSE
“In realtà non è stato nulla di speciale. Mi hanno soltanto chiesto di fare qualche foto, è stato molto semplice. Me lo chiedono ancora, a volte accetto, a volte no perchè io sono un tennista e mi devo dediare soprattutto a quello. Diciamo che lo faccio principalmente per divertimento”. Normale pensare a chi e cosa potrà diventare Dustin Brown dopo il ritiro. I tennisti si dividono in due categorie: quelli che hanno le idee chiare e quelli che non hanno la minima idea su cosa succederà una volta appesa la racchetta al chiodo. Brown fa parte della seconda: “Non ho ancora pensato a cosa potrò fare. Credo di poter giocare ancora tanti anni, anche perchè ho parecchi esempi di longevità davanti a me. Alcuni doppisti vanno avanti fino a quasi 40 anni, io ne devo ancora compiere 30…quindi può essere una carriera ancora lunga”. Di solito, Brown è piuttosto loquace. Per questo gli abbiamo domandato un parere sulle piaghe del tennis attuale. E’ più pericoloso il doping, oppure le scommesse? “Bella domanda…ma non so rispondere. Nessuna delle due ha a che fare con il sottoscritto. Io posso dirvi che cerco di stare lontano da entrambe”. Ma ti controllano spesso? Sono mai venuti a casa tua? “L’antidoping controlla tutti, soprattutto durante i tornei. A volte nei challenger, a volte negli ATP. Noi giocatori lo sappiamo, a volte capita che ti prendano per mano dopo una partita e ti chiedano di seguirli per un controllo. A casa non sono mai venuti perchè quel tipo di controlli dipende dal ranking ATP. Se raggiungi un certo livello devi dare la tua disponibilità. Per ora, io vengo controllato ai tornei”.
NESSUNO COME LUI
Brown ha una qualità rara: sa essere un personaggio anche senza aprire bocca. Attira l’attenzione con i gesti, gli sguardi, le movenze. Ti accoglie con un’enorme cuffia alle orecchie, la stessa che lo accompagna quando scende in campo. E in campo ha le sue caratteristiche: non solo i capelli lunghissimi, non solo le stringhe di colore diverso, ma anche l’abitudine di non sedersi ai cambi di campo. “Ma ora non lo faccio più. Si, per qualche tempo l’ho fatto, ma non c’era una ragione specifica. A volte succedeva, a volte no”. Conosci qualcuno che faceva lo stesso? “No, veramente no”. C’era l’austriaco Werner Eschauer. “Ah, si, avevo sentito qualcosa del genere. Me l’avevano detto, ma personalmente non l’ho mai conosciuto”. Dustin è un personaggio anche per il colore della pelle. E nero in uno sport dominato e governato dai bianchi. Tra le donne ci sono le sorelle Williams, ma tra gli uomini un nero non vince uno Slam da 31 anni. Quanto tempo bisognerà aspettare per trovare l’erede di Yannick Noah? “Credo che alcuni neri giochino un gran tennis, a partire dai miei amici Jo Wilfried Tsonga e Gael Monfils. Le possibilità ci sono, non penso che dovremo aspettare molto. Tsonga ha già vinto un paio di Masters 1000…si, credo sia possibile che vinca anche uno Slam. Vediamo cosa succederà. Io sono fiducioso”. E Dustin Brown? “Vorrei migliorare il mio best ranking e mi piacerebbe giocare in Coppa Davis. Ho già giocato per la Giamaica, è molto bello rappresentare il proprio paese. Quindi si, un giorno vorrei giocare per la Germania. Se Carsten Arriens vorrà, mi farò trovare pronto. Poi sono tedeschi tutti i miei migliori amici nel circuito, a partire da Bjorn Phau, anche se non gioca più”. Per chiudere, chi è il giocatore che ti assomiglia di più nel circuito? “Non lo so, non credo che ci sia nessuno di paragonbile al sottoscritto. Io non lo so, forse dovresti dirmelo tu”. Non c’è, perchè nessuno è diventato grande dopo aver girato l’Europa con un camper. Ma a Dustin Brown, forse, è meglio non ricordarlo.
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