Se un tennista esce dalla classifica, ma non annuncia ufficialmente il ritiro, non è soggetto ai controlli antidoping e può tornare senza preavviso. E, in teoria, doparsi fino al giorno prima.
Dinara Safina potrebbe tornare a giocare senza dare preavviso, perchè non si è ufficialmente ritirata
Di Riccardo Bisti – 12 giugno 2013
Piccole storie di gregari. Che poi, se si fa il paragone con il ciclismo, scivolare sull’argomento doping è automatico. E comunque non sporca la piccola fiaba di Zuzana Kucova. Non l’avete mai sentita nominare? No problem. In tanti anni di carriera, non era mai entrata tra le top 100. Per pescarla, ci volevano radar sensibili e potenti. Poi è sparita anche da quelli. Un infortunio al gomito, con tanto di operazione, l’aveva cacciata via dal tennis. Aveva giocato l’ultima partita nell’ottobre 2011, cedendo a Jie Zheng a Osaka. Era la quinta sconfitta consecutiva. Un anno dopo, è uscita dal ranking WTA per sopraggiunta inattività. Per questo, non era più soggetta ai controlli antidoping. Oh, non significa che Zuzana si sia imbottita di EPO e ormone della crescita, ma è un dato di fatto. I giocatori che escono dalla classifica mondiale per inattività non sono soggetti ai controlli antidoping. Per 6 mesi, la Kucova non ha avuto alcun obbligo. Avrebbe potuto prendere di tutto e non sarebbe mai stata scoperta. Stiamo parlando di fatti teorici, perché in realtà “Io non sapevo se sarei tornata a giocare o meno. Semplicemente, ero in contatto con la WTA per il discorso della classifica protetta”. Le giocatrici ferme a causa di un infortunio (per un periodo compreso tra i 6 e i 24 mesi) possono giocare otto tornei usufruendo della classifica che avevano al momento dello stop. E’ quello che ha fatto la Kucova. E’ andata a Parigi per scegliersi l’addio al tennis, e non poteva andarle meglio. Ha giocato le qualificazioni, le ha passate e si è tolta lo sfizio di battere la top 30 Julia Goerges. La favola si è interrotta al secondo turno contro la Razzano, ma il lieto fine era già stato scritto. Meglio chiudere con tutti i media che si interessano alla tua storia, piuttosto che una brutta sconfitta a migliaia di chilometri da casa. Anche lei, che inizierà a fare la giornalista, avrà una storia da raccontare.
La Kucova non ha infranto nessuna regola, ma la sua vicenda evidenzia una potenziale “zona grigia” nei controlli antidoping. Nei sei mesi intercorsi tra l’uscita dal ranking WTA e il ritorno alle gare, la giocatrice avrebbe potuto sottoporsi a un doping scientifico, basato su micro-dosaggi perfetti per sfuggire ai successivi controlli. Questa è l’opinione di Dick Pound, ex presidente WADA. Esistono due modi per svincolarsi dal programma antidoping. Il primo, come detto, è un anno di inattività e la conseguente uscita dal ranking. In alternativa, si possono firmare i documenti di ritiro ufficiale messi a disposizione dall'ITF. Così si esce con effetto immediato dal programma antidoping. Tuttavia, chi si ritira ufficialmente deve avvisare con tre mesi d’anticipo qualora voglia tornare a giocare. Sono pochissimi i giocatori che hanno scelto questa via: un conto è annunciare il ritiro ai media, un altro è firmare i documenti ufficiali. In tutto sono 38 (10 uomini e 28 donne). I più noti sono Andy Roddick, Marat Safin, Justine Henin e Kim Clijsters. Tra loro ci sono anche Tathiana Garbin e Mara Santangelo. Chi firma i documenti, non ha scelta: deve dare un preavviso di tre mesi. E allora si creano situazioni come quelle di Amelie Mauresmo, che nel 2011 non potè giocare il doppio al Roland Garros perché – dopo il ritiro nel 2009 – non si era uniformata alle norme antidoping. E’ successo qualcosa del genere allo spagnolo Oscar Hernandez. Anche lui voleva fare come la Kucova e giocare le qualificazioni a Parigi, ma è stato costretto a rinunciare perché non aveva dato alcun preavviso.
Stuart Miller, capo del programma antidoping dell’ITF, ha ammesso che esiste un piccolo margine per potenziali impostori. “Se davvero minacciasse l’integrità del gioco, dovremmo affrontarlo seriamente”. A suo dire, tuttavia, sarebbe impossibile e insensato effettuare test antidoping su giocatori inattivi e senza neanche un punto ATP-WTA. Senza contare le ristrettezze di un budget tutt’altro che illimitato, giù soggetto a critiche, e che deve ‘coprire’ i giocatori in attività. “In fondo, i giocatori con il ranking protetto sono pochi e isolati. Inoltre, appena rientrano a giocare, sono di nuovo soggetti al programma. Sono casi molto rari e il sistema attuale consente di coprire quasi tutti”. Vero, ma in teoria può verificarsi una situazione del genere: un tennista può aspettare di uscire dal ranking ATP-WTA, ma senza annunciare il ritiro, e iniziare a doparsi come un cavallo. Può farlo fino al giorno prima del rientro e nessuno può controllarlo. Prodotti come l’EPO o il testosterone sintetico possono sparire dal corpo in poche ore e quindi eludere i controlli. “Se hai a disposizione una finestra oraria per i controlli antidoping, sei a posto – dice Dick Pound – basta organizzarti e sai giù che sarai pulito al momento del controllo”. E allora la favola della Kucova sarà ricordata anche per questa particolare anomalia. “In verità, io sono stata testata nelle gare a squadre a cui ho partecipato in giro per l’Europa” ha detto, pur senza entrare nei dettagli. “E poi ero di classifica troppo bassa per avere l’obbligo dei whereabouts. Non erano interessati a me” ha concluso con un sorriso. Il buon senso, in effetti, invita a pensare che la scappatoia sia più complicata che agire onestamente, ma in teoria è possibile. E ci sono alcuni giocatori (anche ex numero 1 WTA, come Dinara Safina) che potrebbero rientrare senza sottoporsi ad alcun controllo fino al giorno prima. Basterebbe poco per chiudere la falla: obbligare all’avviso anche i giocatori che non si sono ufficialmente ritirati. Perchè non farlo?
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