Un problema al gomito aveva impedito a Gilles Muller di toccare la racchetta per sei mesi. “E allora ho lavorato come non mai sul piano atletico”. Il successo su Nadal è il coronamento di una ricostruzione paziente, basata sul talento, una bella serenità familiare…e un monegasco al suo angolo.

Era un venerdì mattina del 2010. Gilles Muller era da solo, in palestra, nella pancia del PalaNorda di Bergamo. Aveva appena battuto Michal Przysiezny e si era assicurato un posto in semifinale. Nonostante il notevole passato, il suo nome non attirava più di tanto nemmeno in un Challenger. Troppo fragile, troppo incostante per prendersi la sessione serale. Meglio metterlo al mattino, a beneficio dei ragazzi delle scuole. Sette anni dopo, quel ragazzo è l'eroe di Wimbledon. Faceva un po' di stretching, niente pesi. Anche perché aveva il telefonino in mano e cercava di prendere la linea per chiamare Alessia Fauzzi, la ragazza conosciuta nel 2001 e che avrebbe sposato qualche mese dopo, il 10 luglio. Muller arriva da un paese, il Lussemburgo, che non ha grandi tradizioni sportive. Non potrebbe essere altrimenti per un Granducato con appena mezzo milione di abitanti. Chi c'è stato, tuttavia, sostiene che ci si viva molto bene. Aria buona, benessere diffuso, banche discrete (magari non come quelle svizzere…). Non che Muller venga da una famiglia particolarmente ricca. Papà Marcel faceva il postino ed è andato in pensione parecchi anni fa. Oggi ne ha 69 e chissà se si emoziona come un tempo, quando consumava un pacchetto di sigarette a ogni partita del figlio. Mamma Miriam, invece, fa la casalinga. Ormai anziani, hanno vissuto una gioia inattesa nel vedere Gilles battere ancora una volta Rafael Nadal, sullo stesso campo di 12 anni fa. Nel 2005 aveva 22 anni, molti capelli in più e chissà quali ambizioni. Oggi li ha resi nonni (Lenny ha 6 anni, Nils 5) e forse non sogna più di diventare numero 1 del mondo, ma sta vivendo uno stato di forma mai avuto in quindici anni di carriera.

IL BELLO DI UN INFORTUNIO
Quest'anno ha vinto i suoi primi titoli ATP (Sydney e 's-Hertogenbosch) dopo cinque finali perdute, ha raggiunto un'altra finale sulla terra dell'Estoril e adesso ha centrato i quarti a Wimbledon, dove è atteso da Marin Cilic. Meglio pescare il croato che Roger Federer, come accadde nove anni fa allo Us Open, suo unico precedente in match così importante. “Non credo che martedì starò troppo bene, dopo la fatica di oggi – ha detto Muller – ma sono fiducioso di recuperare in tempo. Farò trattamenti già stasera, poi una bella dormita e domani palleggerò un po' per poi fare altri trattamenti”. Sarà il match più importante di una carriera a strappi, che pure era iniziata con enormi aspettative. Finale a Wimbledon Junior (persa con il desaparecido Roman Valent), vittoria allo Us Open, numero 1 tra i ragazzini…ma poi ha scoperto che tra i professionisti ci vogliono più muscoli che braccio, più gambe che talento. Lo aveva ribadito qualche giorno fa, prima di sfidare Nadal. “Più che un colpo, gli porterei via le gambe”. Ma il suo tennis ha ancora senso di esistere. Hai voglia a dire che hanno rallentato l'erba, che con il caldo è ancora più lento…resta sempre erba. E il servizio a uscire, le volèe millimetriche, un sano posizionamento sotto rete, beh, servono ancora. Nella palestra di Bergamo, reduce da un grave infortunio a entrambe le ginocchia, invitò il cronista a sedersi accanto a lui e gli raccontò il calvario di un fisico troppo fragile per sfidare i robocop del tennis contemporaneo. Tornò tra i top-50, poi si fece male nuovamente nel 2013, stavolta al gomito. Sei mesi di stop a 30 anni, mica uno scherzo. “Può sembrare strano, ma l'infortunio al gomito è stata la migliore cosa che mi sia successa negli ultimi anni – dice Muller – non potevo neanche tenere la racchetta in mano, allora ho potuto lavorare come non mai sul piano atletico. Da quando sono tornato, non ho più avuto problemi fisici. Non sono mai stato così in fiducia con il mio corpo. La vittoria su Nadal? Significa molto, soprattutto dopo quello che ho passato nel 2013. Sinceramente, non sapevo neanche se sarei tornato”. Chissà se dice sul serio.

CALMA OLIMPICA
Come tanti papà-tennisti, la presenza dei figli lo stimola ad andare avanti, a mostrare ad occhi innocenti quanto è bravo il loro papà. Lo hanno capito in gennaio, quando li ha fatti scendere in campo a Sydney dopo aver vinto il primo titolo ATP, con trofeo ricevuto dalle mani di Rod Laver. Ma la foto qui sopra, in cui abbandona il Campo 1 di Wimbledon dopo aver battuto Nadal, resterà la cartolina più bella della sua carriera. L'ha disegnata con pazienza e grande carattere, quando Nadal gli annullava un matchpoint dopo l'altro e ringhiava, spinto dal pubblico che aveva perso ogni aplomb e voleva la battaglia furibonda, magari con il lieto fine per lo spagnolo. Gilles non ha fatto una piega e, dopo il matchpoint, ha mantenuto un invidiabile tranquillità. In passato, certe vittorie su Nadal hanno generato esultanze scomposte, persino volgari. Lui ha guardato il suo angolo, composto da coach Alex Lisiecki e l'amico Benjamin Balleret, con un mix di commozione e incredulità. “Mi sono sentito sollevato. Dopo ogni matchpoint annullato, il pubblico rumoreggiava. Pensavo al rischio di arrivare a domani, restavano 10-15 minuti di luce. Non è stato facile mantenere la fiducia, ma ho pensato che sui vari matchpoint non avevo fatto niente di sbagliato. Avessi perso sarebbe stata dura da digerire, ma sapevo anche di aver fatto tutto il possibile. Per questo ho continuato a crederci”.

EX GIROVAGO
“Crederci sempre, arrendersi mai” era uno dei motti di Simona Ventura quando conduceva L'Isola dei Famosi. Muller non parteciperebbe a una trasmissione del genere, ma lui ci ha sempre creduto. In fondo l'erba gli dà quel briciolo di sicurezza in più. “La prima volta che ho giocato sui prati fu un torneo a inviti, al Queen's. Persi nettamente contro Santiago Gonzalez, diciamo che non è stato amore a prima vista…però poche settimane dopo ho raggiunto la finale a Wimbledon Junior, quindi ci siamo voluti bene in fretta” scherza l'ex ragazzo che oggi vive a Leudelange, nel sud-ovest del paese. Da giovane ha viaggiato parecchio: prima a Parigi, poi a Barcellona (nell'Accademia di Sanchez-Casal)…ma nel 2005 ha comprato casa con la sua Alessia e ha pensato bene di tornare a Lussemburgo, accettando anche un periodo senza coach. Nel 2009 ha trovato una valida spalla in Lisiecki, cui si è aggiunto Balleret, ex giocatore monegasco. “Abbiamo la stessa età, siamo amici di lunga data. Ci conosciamo sin dai tempi junior, avevamo anche giocato il doppio insieme. Lui si è ritirato l'anno scorso e ci siamo trovati per qualche settimana di prova. E' andata bene, e quest'anno mi segue con più frequenza”. Muller piace alla gente per la sua intelligenza, la discrezione, il modo di giocare. Quando vince, la comunità del tennis è contenta. Significa che c'è ancora spazio per il talento, la tecnica, i tagli anziché le rotazioni. E piace perché è un tipo come si deve, perfetto testimonial per i suoi sponsor. Avesse voglia, potrebbe diventare un ottimo coach. Ma ci sarà tempo per pensarci, adesso c'è da portare avanti un sogno.