Siate d'accordo o no, questa è una grande storia. Il Belgio ha centrato una clamorosa finale di Coppa Davis e lo ha fatto nel modo più drammatico, all'ultimo singolare, contro un'Argentina rabberciata, ci mancherebbe, ma più abituata a vivere certe emozioni. Dopo il 2-1 della seconda giornata, l'albiceleste sembrava in un buona posizione, invece David Goffin e Steve Darcis hanno firmato l'impresa. Sono loro due gli eroi di una nazione un po' strana, poliglotta e multiculturale, dove difficilmente ci si esalta. L'ultima (e unica finale) risaliva al 1904, oltre un secolo fa. Eppure, nonostante l'immensa portata storica, né Le Soir né l'Het Laatste Nieuws hanno dedicato al tennis l'apertura dell loro pagine web. Le elezioni in Grecia e il campionato di calcio hanno sovrastato la Davis. Non è certo un problema per Steve Darcis, eroe nonostante due sconfitte nelle prime due giornate. Cancellate, lavate via, gettate nel dimenticatoio grazie al 6-4 2-6 7-5 7-6 con cui ha battuto Federico Delbonis nell'ultimo singolare, dopo che Goffin aveva lasciato le briciole a Diego Schwartzman, portando a 17 la striscia di set consecutivi vinti in Coppa Davis. Darcis ha sfruttato una maggiore completezza tecnica e un migliore adattamento ai campi veloci. Se Delbonis aveva vinto la miseria di 6 partite sul duro in tutta la carriera, lui ha fatto ottime cose sull'erba. Tanti anni fa colse una semifinale a Wimbledon junior, nel 2013 si è fatto conoscere per il successo su Nadal, sempre ai Championships. “Se 10 anni fa mi aveste detto che avrei raggiunto una finale di Coppa Davis non ci avrei mai creduto – ha detto Darcis, 31 anni, nato a Liegi – l'atmosfera è stata eccezionale, il pubblico grandioso, questo impianto è molto famoso in un paese piccolo come il nostro”. C'è da credergli, anche perché hanno fatto un baccano d'inferno, sostenendo i padroni di casa dalla prima all'ultima palla. E' anche la vittoria di Johan Van Herck, ex buon giocatore che ha scelto ancora Darcis nonostante fosse rimasto in campo 8 ore nelle prime due giornate. Dall'altra parte, Daniel Orsanic ha tenuto a riposo Leonardo Mayer per lo stesso motivo, buttando in campo l'inesperto Schwartzman. In cuor suo, forse, sperava di artigliare la finale nell'ultimo match.
23 SLAM, AL MASSIMO UN TERZO TURNO
“Avrei potuto scegliere la freschezza atletica di Bemelmans, ma alla fine ho optato per Steve perché aveva recuperato bene e ha più esperienza” ha detto Van Herck, quando gli hanno ricordato le oltre 11 ore trascorse in campo dallo “squalo”. Soprannome curioso per un tennista che non arriva al metro e ottanta, ha lo sguardo un po' dimesso e non brilla certo per potenza. Lo chiamano così perché ha un tatuaggio sulla spalla destra con raffigurante uno squalo. Motivo? Il suo segno zodiacale, Pesci. E' diventato un simbolo: insieme alla compagna e alla figlia Camille, nata un paio d'anni fa, gli ha dato la forza di andare avanti nonostante un fisico fragile e tanti infortuni, l'ultimo tra il 2013 e il 2014. Quando ha detto che dieci anni fa non avrebbe mai immaginato un epilogo del genere, beh, ha parlato con cognizione di causa. Il momento più difficile della sua carriera risale proprio al 2005. Dopo una buona carriera junior (è stato anche numero 8 ITF) si stava finalmente facendo strada, poi il ginocchio ha fatto crack e gli ha fatto perdere un altro paio d'anni. La carriera è svoltata nel 2007, quando ha vinto il defunto torneo ATP di Amersfoort da n. 297. Quasi un record, da cui è emerso un buon mestierante, senza infamia ma con poche lodi. Fino a qualche giorno fa era ricordato giusto per la vittoria su Nadal (peraltro mai festeggiata, perché fu costretto a ritirarsi prima di giocare il turno successivo). I più attenti non dimenticano un successo su Tomas Berdych nel torneo olimpico, giocatosi proprio a Londra. Per il resto, tanta fatica nella speranza di trovare un salto di qualità che difficilmente arriverà: mai oltre il numero 44 ATP, adesso si trova in 64esima posizione e negli Slam non ha mai raggiunto la seconda settimana in 23 partecipazioni. Al massimo, un terzo turno a Parigi nel 2011.
FINALE SULLA TERRA ROSSA?
Eppure ha portato il Belgio in finale. Un discreto giocatore che si è trovato al posto giusto, al momento giusto. Come Kulti, Mertinak e tanti altri, il cui nome è legato principalmente a una partita. Darcis è stato bravo a chiudere un quarto set che si stava facendo pericoloso. Quando ha servito per il match sul 5-4, ha avuto due matchpoint a disposizione. Sul primo si è fatto prendere dalla paura e ha tirato un dritto in mezzo alla rete, mentre sul secondo è stato bravo Delbonis, mai domo nonostante un ambiente ostile, non tanto per il pubblico ma per la rapidità della superficie. Sulla terra battuta, avrebbe certamente vinto lui. Invece era a Bruxelles e si è arreso dopo l'ultimo smash, liberatorio e neanche così tremebondo, che ha regalato al Belgio la possibilità di vincere l'Insalatiera. Non sono certo la squadra più forte e quest'anno hanno avuto la fortuna sfacciata nel trovare due squadre (Svizzera e Canada) senza i migliori giocatori. Ma si sa, gli assenti hanno sempre torto e il Belgio gode, impazzisce di gioia. E guarda alla finale con un pizzico di fiducia, poiché contro la Gan Brtagna avranno il vantaggio del fattore campo. Si giocherà indoor dal 27 al 29 novembre e hanno già espresso l'inenzione di allestire un bel campo in terra battuta: a meno di una settimana dalla finale delle ATP World Tour Finals, con in campo Andy Murray, la scelta è quasi obbligatoria. La sede? Decideranno nei prossimi giorni, ma per rispettare i parametri ITF (che per una finale vogliono un impianto da almeno 12.000 persone) le opzioni non sono molte. Niente Anversa, poiché in quei giorni è previsto un concerto di Madonna, la scelta potrebbe ricadere presso l'EXPO di Gand (o Gent, se a drlo sono i fiamminghi). Per una volta, il Belgio non avrà divisione e sarà più unito che mai. Un'occasione del genere non tornerà mai più. O magari dovranno aspettare un altro secolo…
COPPA DAVIS 2015 – SEMIFINALE