Da ragazzino, Lorenzo Sonego era “uno dei tanti”. Gli è capitato di incassare brutte sconfitte, come un 6-0 6-0 da Matteo Marangoni in una gara a squadre Under 16. “Ma non finiva sempre così, anzi – ricorda Marangoni – gli exploit di Lorenzo mi hanno fatto venire voglia di provarci”. Una storia che ci insegna come essere forte da junior non conti davvero nulla.

“Frequenta il Politecnico di Torino con una media altissima, altrimenti avrebbe conseguito un'ottima classifica ATP”. Antonio Gramaglia, ex giocatore che oggi fa il maestro presso il Tennis Club Settimo, non ha dubbi quando parla del suo allievo Matteo Marangoni, 22 anni, 2.6 come classifica FIT e una storia curiosa da raccontare. Qualche anno fa ha rifilato un 6-0 6-0 a Lorenzo Sonego. Proprio lui, il ragazzo che sta facendo sognare, emozionare e persino commuovere l'Italia del tennis. Stamattina (intorno alle 7.30, diretta Eurosport 2), Lorenzo sfiderà Richard Gasquet. Nessuno, davvero nessuno avrebbe immaginato che sarebbe arrivato fin laggiù, sullo Show Court 3 di Melbourne Park. Men che meno quando lo Sporting Borgaro (per il quale Marangoni è ancora tesserato) e lo Sporting Stampa di Torino si affrontarono nella finale (“o semifinale, non ricordo”) del Campionato Regionale Under 16 a squadre. In singolare, sfida tra Marangoni e Sonego. Vince il primo con un doppio 6-0. “Io e Lorenzo abbiamo giocato contro tantissime volte, ci conosciamo bene – dice Marangoni, studente di Ingegneria Elettronica “strappato” per qualche minuto allo studio in biblioteca – non era mai finita così, anzi… a volte vincevo io, a volte vinceva lui. Quella volta io giocai molto bene, lui non era al massimo… e finì così. In quel periodo eravamo 4-5 ragazzi piemontesi sullo stesso livello, nessuno emergeva sugli altri. Oltre a me e Lorenzo c'erano Andrea Vavassori, Federico D'Anna e Andrea Turco, senza dimenticare Donati e Napolitano, che però erano già più forti”. A parte l'aneddoto, Marangoni conosce bene il Sonego adolescente. Sono cresciuti insieme. “Ha iniziato piuttosto tardi, intorno ai 12 anni, perché prima giocava a calcio. Comparve all'improvviso nei tornei Under 14 e si distinse subito per solidità. Quando dovevi giocare contro di lui, sapevi che sarebbe stata una partita molto lunga. Ti teneva in campo fino allo sfinimento. Era molto intelligente, avendo iniziato dopo ha sviluppato subito la tattica e la mentalità. Non regalava nulla, non mollava mai. Da ragazzini capita spesso di avere delle pause, di regalare qualcosa. Con Lorenzo, invece, sapevi già che sarebbe stata una bella lotta. E oggi è migliorato tantissimo sul piano tecnico”.

UNA SORPRESA PER TUTTI: “MA LUI CI HA SEMPRE CREDUTO”
Sonego e Marangoni non erano amici al punto da uscire insieme, ma negli anni si è sviluppato un buon rapporto. Si sono incontrati l'ultima volta circa 3 anni fa, al torneo open del Monviso di Grugliasco. Le loro strade si stavano dividendo: Sonego aveva già raccolto i primi punti ATP, mentre Marangoni aveva virato su Corso Duca degli Abruzzi, dove si trova il famoso Politecnico di Torino. “Vinse lui 6-2 6-2 o 6-2 6-3. Da allora non ci siamo più visti, anche se ogni tanto ci sentiamo”. Ma che tipo è Lorenzo Sonego? “Fuori dal campo è molto tranquillo – dice Marangoni – sembra quasi che non gliene freghi niente, ma si tratta di una qualità. È una dote che ti permette di andare in Australia e giocare con Tomic e Haase senza paura. È un ragazzo tranquillo, sereno, gli piace giocare a tennis e lo fa al massimo. Non si crea inutili aspettative, è sempre stato così. Difficilmente è teso prima della partita. Mi è sempre piaciuto fare due chiacchiere con lui, ricordo di averci parlato quando muoveva i primi passi nel tour. Non credo che ami molto la popolarità e che troppe persone gli girino intorno. D'altra parte è sempre stato sottovalutato, nessuno avrebbe mai pensato che arrivasse, non dico a giocare l'Australian Open, ma nemmeno a frequentare il circuito internazionale”. E Matteo Marangoni cosa pensava? L'avrebbe mai detto? “Sinceramente è stata una sorpresa. Sarebbe facile dire che l'avevo sempre detto, ma non è così. Arrivare a certi livelli è davvero dura. Intorno ai 18 anni io ho deciso di dedicarmi principalmente allo studio e non ci ho provato come lui. La sua più grande qualità, forse, è il crederci sempre. Ci ha sempre creduto e non è mai appagato. No, non pensavo che potesse salire così in fretta. Ma è migliorato tantissimo!”. Se è vero che Matteo Marangoni ha dato priorità allo studio, non ha smesso di giocare. Intanto è classificato 2.4, poi sul sito ITF si trova traccia di qualche partecipazione ai tornei Futures. L'ultima risale a un paio d'anni fa.

VOGLIA DI RIPROVARCI
Vien da chiedersi (al netto di quel 6-0 6-0 che – speriamo! – possa diventare famoso come quello incassato da Roger Federer contro Reto Schmidli) se gli exploit di Sonego abbiano fatto pensare a Marangoni che forse avrebbe potuto farcela anche lui. “Si, ci ho pensato. Dirò di più: mi ha fatto venire voglia di fare un tentativo un po' più serio. Ho parlato con Antonio Gramaglia, a giugno mi laureo e poi mi piacerebbe giocare 3-4 mesi nel circuito ITF. A ben vedere, non ci ho mai provato sul serio. L'esempio di Sonego è una cosa bella. Se un ragazzo con cui hai giocato mille volte è arrivato così in alto, viene da pensare che sia possibile. Spesso capita di vedere il professionismo come qualcosa di lontanissimo, di irraggiungibile. Vedere che è possibile mi ha dato una forte motivazione. Intanto c'è una laurea da prendere, frutto di una scelta matura e ponderata. Quando aveva 18 anni, presa la maturità scientifica, Marangoni si è fermato a riflettere insieme a suo padre. “Non sei così forte da investire tutto sul tennis. Isciriviti a Ingegneria, continua ad allenarti e vediamo cosa succede”. È successo che ha preso 29 all'esame di Analisi 1 e ha capito che era la strada giusta. Però ha continuato a giocare, mantenendosi su buoni livelli da seconda categoria. Ma l'esempio di Sonego, chissà, potrebbe aprire scenari impensabili fino a qualche mese fa. Intanto stamattina farà di tutto per vedere la partita contro Gasquet e fare il tifo per il suo ex avversario. E comunque, potrà sempre raccontare di avergli dato 6-0 6-0. Quella sconfitta non ha demoralizzato “Sonny” e nemmeno Gipo Arbino, l'unico che ci ha sempre creduto. L'unico che ha sempre pensato che in quel ragazzo ci fosse qualcosa di speciale. Ha avuto ragione lui. In barba a chi pensa che i titoli junior valgano qualcosa.