La Hall of Fame di Newport lo ha finalmente accolto. Nick Bollettieri ha cambiato il tennis nel 1978, quando ha lanciato la prima accademia in cui si mischiavano preparazione tennistica e formazione accademica. Da allenatore, ha colto successi straordinari ed è adorato da quasi tutti i giocatori che gli sono passati tra le mani. Tuttavia, anche lui ha avuto i suoi problemi. Ad esempio, ha avuto sette matrimoni. "Non sarò mai ricordato come uno che ha messo la famiglia davanti a tutto – ha ammesso – stavo in giro 36 settimane all'anno mentre i figli crescevano. Per fortuna mi hanno perdonato: li ringrazio per questo". I rimpianti, tuttavia, lasciano spazio all'orgoglio. "Si sono strano, un po' pazzo. Ma ci vogliono persone come me per ottenere risultati che gli altri pensano siano impossibili. Se a volte ho gridato dietro ai miei giocatori, è perchè ero convinto delle loro capacità". Al momento di ricordare i passaggi più significativi della sua carriera, Bollettieri ha citato tre immagini.
1) "Una volta, a Roland Garros, si è avvicinato Arthur Ashe e mi ha chiesto cosa si potesse fare con tutti i i bambini che non hanno mai giocato a tennis. Allora abbiamo intrapreso un programma in un parco pubblico del New Jersey. Siamo arrivati e c'erano i bossoli dei proiettili per terra, scorte di polizia…Arhur ha visto la scena e mi ha detto: "Nick, torneremo qui, vero? Non possiamo dare una falsa speranza a questi ragazzi". Il progetto è durato 13 anni".
2) "Washington 1987, uno dei primi tornei di Andre Agassi. Perse 6-0 al terzo ed era molto abbattuto. Mi disse che non ce la faceva. Io gli ho semplicemente detto: "Non usare mai più le parole 'non posso farcela'. Il resto della storia lo sapete".
3) "Quando Maria Sharapova è arrivata in Accademia, c'erano altre ottime giocatrici come Jelena Jankovic e Tatiana Golovin. Ma lei era diversa. Non era nota per essere una gran sportiva, ma aveva uno sguardo che metteva paura. Ancora piccola, sapeva già spaventare le avversarie. Nella sua testa contava soltanto la vittoria".