L'INCHIESTA – Qual è il miglior torneo italiano dopo Roma? Nella settimana in cui Napoli torna in grande stile, con un maxi-montepremi, scopriamo che l'entry list non è così straordinaria. Abbiamo analizzato i challenger italiani degli ultimi 12 mesi e abbiamo scoperto che…   Di Riccardo BistiAprendo la cartella stampa di molti challenger italiani, troverete spesso la dicitura: “più importante torneo italiano alle spalle degli Internazionali BNL d'Italia”. Se nel nostro paese c'è un solo torneo del circuito maggiore (e che torneo!), impazza la lotta per la seconda posizione, almeno da quando è morto l'ATP di Palermo, la cui ultima edizione risale al 2006. Il ritorno di Napoli dopo un anno d'assenza, supportato da uno sponsor di livello come Capri Watch (già partner di Fabio Fognini), ha riacceso il dibattito, soprattutto quando è stato annunciato un montepremi super: 106.500 euro più ospitalità, il massimo per un challenger. Napoli è una piazza importante, tanto da essere stata individuata dalla FIT come possibile sede di un eventuale ATP 250. In Italia ci sono soltanto due tornei con un montepremi così elevato: oltre a Napoli c'è Caltanissetta, in programma nella prima metà di giugno. Senza dimenticare Genova, recente vincitore dell'ATP Challenger Award, con i suoi 85.000€. Da quest'anno, l'evento estivo di San Benedetto del Tronto salirà a 64.000€ (è più corretto citare il montepremi in euro anziché la cifra in dollari: 125.000, 100.000 e 75.000 non hanno molto senso, soprattutto da quando il cambio euro-dollari non è più così favorevole alla nostra valuta*) mentre tutti gli altri tornei offriranno il montepremi minimo di 42.500€. Ma davvero è solo il montepremi a stabilire lo status di un torneo? E, soprattutto, qual è il modo giusto per investire le risorse? Il dubbio è nato dando un'occhiata all'entry list della Tennis Napoli Cup: appena due top-100 e un cut-off al n. 224 ATP. Forse ci si poteva aspettare qualcosina di più. Ma siamo andati oltre: abbiamo preso in esame i 21 challenger che si sono giocati in Italia negli ultimi 12 mesi (compreso San Marino, che da quest'anno sparirà) e li abbiamo classificati in base al ranking medio delle otto teste di serie, del numero di top-50 e top-100 ATP in tabellone, nonché del cut-off. E' emerso che i più ricchi (Napoli, ma anche Caltanissetta e Genova) non spiccano rispetto agli altri. Prendendo in esame il ranking medio delle teste di serie, Napoli si trova addirittura in ottava posizione a pari merito con Vercelli, settima se escludiamo San Marino. Va un po' meglio con il cut-off: soltanto i tornei di Brescia e Bergamo hanno fatto meglio, chiudendo più “forti” rispetto a Napoli. E allora ci si domanda se un investimento così importante valga davvero la pena, anche tenendo conto che le ultime due edizioni della Tennis Napoli Cup (2012 e 2013) non erano state da meno, sia pure con un montepremi tre volte inferiore. Il ranking medio delle teste di serie era stato di 125 (nel 2012) e 134,12 (nel 2013), mentre quest'anno è di 117,75. Miglioramento non così importante, soprattutto in relazione all'investimento. LE AMBIZIONI DI NAPOLI“Per noi non è un problema – dice Angelo Chiaiese, direttore della Tennis Napoli Cup – il successo di un torneo lo fanno i giocatori, non i numeri dell'entry list. A Napoli ci sono 4-5 giocatori la cui classifica non è veritiera. E' normale che la stampa giochi sui numeri. Ovviamente sarebbe stato meglio avere cifre migliori, ma il nostro torneo ha sempre puntato sui giovani. Non è un caso che lo abbia vinto gente come Ferrer, Ferrero e Gasquet. Un anno doveva venire persino Nadal. Credo che le cifre di cui mi parlate siano dovute ad alcuni fattori: tanti specialisti del veloce preferiscono non venire, mentre altri giocatori da terra battuta fanno scelte diverse per rifinire la preparazione in vista dei prossimi tornei. Penso a Simone Bolelli, con cui siamo stati in contatto”. Chiaiese sembra soddisfatto del suo torneo, anche in relazione alla risposta del pubblico. “Nel primo turno avevamo gli spalti pieni. Preferisco così piuttosto che cinque top-100 in tabellone e 40 spettatori in finale. Poi abbiamo Krajinovic, giocatore del futuro, e un giocatore come Golubev, che vale ben più del numero 90 ATP. I tennisti vengono volentieri, basti pensare che una coppia di doppio che non è entrata a Casablanca è subito volata qui per giocare a Napoli”. Tutto vero. Tra l'altro, Napoli sta dando importanti soddisfazioni ai tennisti italiani, quelli che attirano più pubblico. Ma davvero a Chiaiese non sarebbe piaciuto avere un nome di rilievo? “Certo! Ce l'avevamo pure, un top-30 come Lukas Rosol. Purtroppo si è infortunato prima del torneo. Pensate che si era addirittura iscritto, senza sapere che i top-50 non possono farlo in un challenger. Gli avevamo riservato una wild card, così come per Bolelli”. Circola voce, tra l'altro, che Napoli abbia fatto un'offerta molto importante a un altro top-50 e che quest'ultimo abbia rifiutato. Insomma, i progetti non mancano. “La nostra mentalità è quella di far crescere il torneo. Se mi dite che tra 64.000 e 105.000 il prodotto non cambia molto sono d'accordo, ma se si vuole crescere bisogna investire. Non ci sono certezze, ma ci piacerebbe arrivare nel circuito ATP. Se lo ha detto il presidente Binaghi, vuol dire che ci sono le premesse”. Un po' diversa l'opinione di Carlo Alagna, che per anni ha organizzato lo stesso torneo e con la sua società continua a mantenere il tennis a Milano. “In un momento di grande crisi economica, anziché versare all'ATP questi 70.000 euro in più, avrebbero forse potuto investirli in altri modi, per promozione, attività, o magari spendendo qualcosa sui giocatori”. Secondo Alagna, già da qualche anno a Napoli c'era il desiderio di crescere con il montepremi. ”Ma forse l'ATP avrebbe dovuto avvisarli su quello a cui sarebbero andati incontro: spendere molti più soldi per un torneo non così diverso rispetto agli anni scorsi”. Entrambe le posizioni hanno una logica: vien da pensare che con un investimento minore ci sarebbe stato più o meno lo stesso parco giocatori (e gli italiani ci sarebbero stati comunque), anche tenendo conto che si tratta dell'unico challenger settimanale in Europa. Ma è altrettanto vero che, se l'obiettivo finale è entrare nel circuito ATP, è opportuno mostrare di cosa si è capaci, anche in termini economici.   UN GIOIELLINO DI NOME ANDRIASta di fatto che altri tornei hanno avuto un campo di partecipazione uguale o addirittura superiore a Napoli. Il criterio più importante – a nostro parere – resta il ranking medio delle otto teste di serie, i giocatori più attesi, quelli che muovono l'interesse. A sorpresa, questa speciale classifica è guidata da uno dei tornei più piccoli, almeno in termini di investimento: Andria. L'abbiamo comunicato al direttore Enzo Ormas. “Noi cerchiamo di lavorare bene. Devo essere onesto: la data aiuta. In quel periodo molti giocatori hanno bisogno di punti per entrare in tabellone in Australia. E chi ha vinto da noi è andato a Melbourne proprio grazie ai punti intascati ad Andria. Ma devo dire che il nostro torneo, come location e organizzazione, non è un challenger qualsiasi. Vale certamente qualcosa di più”. Dall'alto del suo 100,75 di media seeding, Ormas cosa ritiene più giusto: investire sui montepremi o negli ingaggi dei giocatori? “Io investirei sempre sul torneo. Se avanza qualche soldo è opportuno spenderlo per farlo crescere: montepremi, certo, ma anche servizi e accoglienza. I giocatori arrivano di conseguenza, perchè si trovano bene e ne parlano tra loro. Ad Andria vengono volentieri, mentre non ho sentito opinioni così positive su altri tornei. Gli ingaggi? Difficile. Capita che qualche giocatore con un bel passato, ma lontanissimo dal suo best ranking, chieda una cifra importante. Ma non serve spendere soldi così. Se proprio si vuole investire su qualcuno bisogna trovare un giocatore con cui c'è stima reciproca, che chiede una cifra non esagerata e mi garantisce di giocarsela fino in fondo. Purtroppo, da noi, Igor Sijsling non l'ha fatto. Però, come avete notato voi, avevamo un livello altissimo da mattina a sera”. Andria merita primato e complimenti, anche se ha avuto un pizzico di sfortuna con due forfat "pesanti" a tabellone già compilato. Altrimenti il miglior torneo sarebbe Brescia, neonato e già leader in termini di cut-off, fissato al numero 209. E pare che per la seconda edizione ci siano progetti decisamente importanti.   BIELLA VUOLE TORNARE GRANDE,  MAGARI SUL DUROChiude la classifica un torneo di grande tradizione, tornato nel circuito proprio nel 2014: con la sua media di 191,12, Biella ha avuto il peggior campo di partecipazione e il peggior cut-off (453, oltre alla sfortuna del ritiro del numero 1 Benoit Paire). Ci spiega le ragioni Cosimo Napolitano, papà-coach di Stefano e organizzatore di grande esperienza. “Sapevamo a cosa saremmo andati incontro – spiega Napolitano – in quella settimana c'erano molti challenger e la Coppa Davis, però il club aveva una gran voglia di tornare nel tour. Con tutto il rispetto per gli altri tornei, in passato a Biella c'era il miglior challenger di tutti. Per anni siamo stati i migliori, anche dell'ATP di Palermo. Siamo arrivati ad avere 17 top-100. Quindi, nessuna sorpresa. L'anno scorso è stato un primo passo. Il mio sogno è riportare Biella ai livelli di un tempo, ma serve una buona data. Penso proprio a Napoli, che pur avendo investito moltissimo non ha un cut-off straordinario. Proprio per questo, dal 2015 il nostro torneo si sposta a fine luglio e dal 2016 avrà l'ospitalità. Quindi, consapevoli delle difficoltà, ci siamo subito attivati per migliorare. Chi è al comando nella vostra classifica?”. Quando gli diciamo di Andria, Napolitano approfondisce la sua riflessione. “E' un dato molto importante. Sono contento per Ormas e devo dire che il successo dei challenger passa dalla superficie. Sulla terra è difficile avere un'entry list migliore, mentre sul cemento all'aperto ci sono ottimi margini. Il mio sogno è trovare le risorse necessarie per fare un challenger da 100.000 a luglio, sul cemento all'aperto, prima della stagione americana. Un evento del genere saprebbe attirare tanti ottimi giocatori”. Anche Napolitano dice la sua sugli ingaggi. “Non mi piacciono. E' una cattiva abitudine. Credo che l'ATP dovrebbe lavorare in altro modo e, tramite le regolari iscrizioni, garantire un buon campo di partecipazione anche ai challenger. Io faccio i salti mortali per mettere in piedi un torneo e devo versare altri soldi ai giocatori? No, non mi sta bene. Se non vogliono giocare, vadano pure a un ATP 250”. Qui sotto, trovate la classifica dei challenger italiani degli ultimi 12 mesi. Per ciascuno, trovate data, montepremi, ranking medio delle teste di serie, top-50 (nessuno!) e top-100 in tabellone, più eventuali forfait eccellenti e cut-off. L'anno scorso ha vinto Andria: quest'anno la caccia al titolo di miglior challenger italiano è appena cominciata, e vedrà in lizza due nuovi eventi: Torino (Grugliasco) e Perugia. Ma pare che in pentola bolla ancora qualcosa….  L'ITALIA DEGLI ATP CHALLENGER(*) 106.500€ = 115.434$ 85.000€ = 92.130$ 64.000€ = 69.368$ 42.500€ = 46.065$

L'INCHIESTA – Qual è il miglior torneo italiano dopo Roma? Nella settimana in cui Napoli torna in grande stile, con un maxi-montepremi, scopriamo che l'entry list non è così straordinaria. Abbiamo analizzato i challenger italiani degli ultimi 12 mesi e abbiamo scoperto che…

 

 

Di Riccardo Bisti

Aprendo la cartella stampa di molti challenger italiani, troverete spesso la dicitura: “più importante torneo italiano alle spalle degli Internazionali BNL d'Italia”. Se nel nostro paese c'è un solo torneo del circuito maggiore (e che torneo!), impazza la lotta per la seconda posizione, almeno da quando è morto l'ATP di Palermo, la cui ultima edizione risale al 2006. Il ritorno di Napoli dopo un anno d'assenza, supportato da uno sponsor di livello come Capri Watch (già partner di Fabio Fognini), ha riacceso il dibattito, soprattutto quando è stato annunciato un montepremi super: 106.500 euro più ospitalità, il massimo per un challenger. Napoli è una piazza importante, tanto da essere stata individuata dalla FIT come possibile sede di un eventuale ATP 250. In Italia ci sono soltanto due tornei con un montepremi così elevato: oltre a Napoli c'è Caltanissetta, in programma nella prima metà di giugno. Senza dimenticare Genova, recente vincitore dell'ATP Challenger Award, con i suoi 85.000€. Da quest'anno, l'evento estivo di San Benedetto del Tronto salirà a 64.000€ (è più corretto citare il montepremi in euro anziché la cifra in dollari: 125.000, 100.000 e 75.000 non hanno molto senso, soprattutto da quando il cambio euro-dollari non è più così favorevole alla nostra valuta*) mentre tutti gli altri tornei offriranno il montepremi minimo di 42.500€. Ma davvero è solo il montepremi a stabilire lo status di un torneo? E, soprattutto, qual è il modo giusto per investire le risorse? Il dubbio è nato dando un'occhiata all'entry list della Tennis Napoli Cup: appena due top-100 e un cut-off al n. 224 ATP. Forse ci si poteva aspettare qualcosina di più. Ma siamo andati oltre: abbiamo preso in esame i 21 challenger che si sono giocati in Italia negli ultimi 12 mesi (compreso San Marino, che da quest'anno sparirà) e li abbiamo classificati in base al ranking medio delle otto teste di serie, del numero di top-50 e top-100 ATP in tabellone, nonché del cut-off. E' emerso che i più ricchi (Napoli, ma anche Caltanissetta e Genova) non spiccano rispetto agli altri. Prendendo in esame il ranking medio delle teste di serie, Napoli si trova addirittura in ottava posizione a pari merito con Vercelli, settima se escludiamo San Marino. Va un po' meglio con il cut-off: soltanto i tornei di Brescia e Bergamo hanno fatto meglio, chiudendo più “forti” rispetto a Napoli. E allora ci si domanda se un investimento così importante valga davvero la pena, anche tenendo conto che le ultime due edizioni della Tennis Napoli Cup (2012 e 2013) non erano state da meno, sia pure con un montepremi tre volte inferiore. Il ranking medio delle teste di serie era stato di 125 (nel 2012) e 134,12 (nel 2013), mentre quest'anno è di 117,75. Miglioramento non così importante, soprattutto in relazione all'investimento.


LE AMBIZIONI DI NAPOLI

“Per noi non è un problema – dice Angelo Chiaiese, direttore della Tennis Napoli Cup – il successo di un torneo lo fanno i giocatori, non i numeri dell'entry list. A Napoli ci sono 4-5 giocatori la cui classifica non è veritiera. E' normale che la stampa giochi sui numeri. Ovviamente sarebbe stato meglio avere cifre migliori, ma il nostro torneo ha sempre puntato sui giovani. Non è un caso che lo abbia vinto gente come Ferrer, Ferrero e Gasquet. Un anno doveva venire persino Nadal. Credo che le cifre di cui mi parlate siano dovute ad alcuni fattori: tanti specialisti del veloce preferiscono non venire, mentre altri giocatori da terra battuta fanno scelte diverse per rifinire la preparazione in vista dei prossimi tornei. Penso a Simone Bolelli, con cui siamo stati in contatto”. Chiaiese sembra soddisfatto del suo torneo, anche in relazione alla risposta del pubblico. “Nel primo turno avevamo gli spalti pieni. Preferisco così piuttosto che cinque top-100 in tabellone e 40 spettatori in finale. Poi abbiamo Krajinovic, giocatore del futuro, e un giocatore come Golubev, che vale ben più del numero 90 ATP. I tennisti vengono volentieri, basti pensare che una coppia di doppio che non è entrata a Casablanca è subito volata qui per giocare a Napoli”. Tutto vero. Tra l'altro, Napoli sta dando importanti soddisfazioni ai tennisti italiani, quelli che attirano più pubblico. Ma davvero a Chiaiese non sarebbe piaciuto avere un nome di rilievo? “Certo! Ce l'avevamo pure, un top-30 come Lukas Rosol. Purtroppo si è infortunato prima del torneo. Pensate che si era addirittura iscritto, senza sapere che i top-50 non possono farlo in un challenger. Gli avevamo riservato una wild card, così come per Bolelli”. Circola voce, tra l'altro, che Napoli abbia fatto un'offerta molto importante a un altro top-50 e che quest'ultimo abbia rifiutato. Insomma, i progetti non mancano. “La nostra mentalità è quella di far crescere il torneo. Se mi dite che tra 64.000 e 105.000 il prodotto non cambia molto sono d'accordo, ma se si vuole crescere bisogna investire. Non ci sono certezze, ma ci piacerebbe arrivare nel circuito ATP. Se lo ha detto il presidente Binaghi, vuol dire che ci sono le premesse”. Un po' diversa l'opinione di Carlo Alagna, che per anni ha organizzato lo stesso torneo e con la sua società continua a mantenere il tennis a Milano. “In un momento di grande crisi economica, anziché versare all'ATP questi 70.000 euro in più, avrebbero forse potuto investirli in altri modi, per promozione, attività, o magari spendendo qualcosa sui giocatori”. Secondo Alagna, già da qualche anno a Napoli c'era il desiderio di crescere con il montepremi. ”Ma forse l'ATP avrebbe dovuto avvisarli su quello a cui sarebbero andati incontro: spendere molti più soldi per un torneo non così diverso rispetto agli anni scorsi”. Entrambe le posizioni hanno una logica: vien da pensare che con un investimento minore ci sarebbe stato più o meno lo stesso parco giocatori (e gli italiani ci sarebbero stati comunque), anche tenendo conto che si tratta dell'unico challenger settimanale in Europa. Ma è altrettanto vero che, se l'obiettivo finale è entrare nel circuito ATP, è opportuno mostrare di cosa si è capaci, anche in termini economici.


 
UN GIOIELLINO DI NOME ANDRIA

Sta di fatto che altri tornei hanno avuto un campo di partecipazione uguale o addirittura superiore a Napoli. Il criterio più importante – a nostro parere – resta il ranking medio delle otto teste di serie, i giocatori più attesi, quelli che muovono l'interesse. A sorpresa, questa speciale classifica è guidata da uno dei tornei più piccoli, almeno in termini di investimento: Andria. L'abbiamo comunicato al direttore Enzo Ormas. “Noi cerchiamo di lavorare bene. Devo essere onesto: la data aiuta. In quel periodo molti giocatori hanno bisogno di punti per entrare in tabellone in Australia. E chi ha vinto da noi è andato a Melbourne proprio grazie ai punti intascati ad Andria. Ma devo dire che il nostro torneo, come location e organizzazione, non è un challenger qualsiasi. Vale certamente qualcosa di più”. Dall'alto del suo 100,75 di media seeding, Ormas cosa ritiene più giusto: investire sui montepremi o negli ingaggi dei giocatori? “Io investirei sempre sul torneo. Se avanza qualche soldo è opportuno spenderlo per farlo crescere: montepremi, certo, ma anche servizi e accoglienza. I giocatori arrivano di conseguenza, perchè si trovano bene e ne parlano tra loro. Ad Andria vengono volentieri, mentre non ho sentito opinioni così positive su altri tornei. Gli ingaggi? Difficile. Capita che qualche giocatore con un bel passato, ma lontanissimo dal suo best ranking, chieda una cifra importante. Ma non serve spendere soldi così. Se proprio si vuole investire su qualcuno bisogna trovare un giocatore con cui c'è stima reciproca, che chiede una cifra non esagerata e mi garantisce di giocarsela fino in fondo. Purtroppo, da noi, Igor Sijsling non l'ha fatto. Però, come avete notato voi, avevamo un livello altissimo da mattina a sera”. Andria merita primato e complimenti, anche se ha avuto un pizzico di sfortuna con due forfat "pesanti" a tabellone già compilato. Altrimenti il miglior torneo sarebbe Brescia, neonato e già leader in termini di cut-off, fissato al numero 209. E pare che per la seconda edizione ci siano progetti decisamente importanti.


 
BIELLA VUOLE TORNARE GRANDE,  MAGARI SUL DURO

Chiude la classifica un torneo di grande tradizione, tornato nel circuito proprio nel 2014: con la sua media di 191,12, Biella ha avuto il peggior campo di partecipazione e il peggior cut-off (453, oltre alla sfortuna del ritiro del numero 1 Benoit Paire). Ci spiega le ragioni Cosimo Napolitano, papà-coach di Stefano e organizzatore di grande esperienza. “Sapevamo a cosa saremmo andati incontro – spiega Napolitano – in quella settimana c'erano molti challenger e la Coppa Davis, però il club aveva una gran voglia di tornare nel tour. Con tutto il rispetto per gli altri tornei, in passato a Biella c'era il miglior challenger di tutti. Per anni siamo stati i migliori, anche dell'ATP di Palermo. Siamo arrivati ad avere 17 top-100. Quindi, nessuna sorpresa. L'anno scorso è stato un primo passo. Il mio sogno è riportare Biella ai livelli di un tempo, ma serve una buona data. Penso proprio a Napoli, che pur avendo investito moltissimo non ha un cut-off straordinario. Proprio per questo, dal 2015 il nostro torneo si sposta a fine luglio e dal 2016 avrà l'ospitalità. Quindi, consapevoli delle difficoltà, ci siamo subito attivati per migliorare. Chi è al comando nella vostra classifica?”. Quando gli diciamo di Andria, Napolitano approfondisce la sua riflessione. “E' un dato molto importante. Sono contento per Ormas e devo dire che il successo dei challenger passa dalla superficie. Sulla terra è difficile avere un'entry list migliore, mentre sul cemento all'aperto ci sono ottimi margini. Il mio sogno è trovare le risorse necessarie per fare un challenger da 100.000 a luglio, sul cemento all'aperto, prima della stagione americana. Un evento del genere saprebbe attirare tanti ottimi giocatori”. Anche Napolitano dice la sua sugli ingaggi. “Non mi piacciono. E' una cattiva abitudine. Credo che l'ATP dovrebbe lavorare in altro modo e, tramite le regolari iscrizioni, garantire un buon campo di partecipazione anche ai challenger. Io faccio i salti mortali per mettere in piedi un torneo e devo versare altri soldi ai giocatori? No, non mi sta bene. Se non vogliono giocare, vadano pure a un ATP 250”. Qui sotto, trovate la classifica dei challenger italiani degli ultimi 12 mesi. Per ciascuno, trovate data, montepremi, ranking medio delle teste di serie, top-50 (nessuno!) e top-100 in tabellone, più eventuali forfait eccellenti e cut-off. L'anno scorso ha vinto Andria: quest'anno la caccia al titolo di miglior challenger italiano è appena cominciata, e vedrà in lizza due nuovi eventi: Torino (Grugliasco) e Perugia. Ma pare che in pentola bolla ancora qualcosa….
 

L'ITALIA DEGLI ATP CHALLENGER



(*)
106.500€ = 115.434$
85.000€ = 92.130$
64.000€ = 69.368$
42.500€ = 46.065$