L’OPINIONE. L’Assemblea FIT vista da dentro (o quasi). L’affluenza, i mugugni silenziosi, la "Mozione SuperTennis”, la “massa silenziosa”, il gelo su Ottolini e la disponibilità del Presidente.
Isidoro “Dodo” Alvisi (a sx) e Giovanni “Gianni” Milan, storici consiglieri di Binaghi
(Foto Costantini – FIT)
Dall’inviato a Fiumicino, Riccardo Bisti – 11 settembre 2012
Quando metti piede in una redazione tennistica, la prima cosa che ti insegnano è: “Durante gli Slam ci si occupa quasi solo di quelli. Succede tutto lì”. Verissimo. Ma la discutibile decisione di collocare l'Assemblea FIT il 9 settembre, giorno della finale dello Us Open (poi rinviata di un giorno) e quella del challenger di Genova, secondo torneo (maschile) più importante d’Italia, obbliga a un coscienzioso cambio di rotta. Dopo Castellaneta Marina 2004 e Verona 2008, stavolta è il lussuoso Hilton di Fiumicino, uno dei luoghi più facilmente raggiungibili del paese (è attaccato all’Aeroporto Leonardo Da Vinci), ad ospitare l'Assemblea Elettiva. Un clima da grande evento (eleganti hostess e numerosi bodyguards) ha accolto i 453 delegati e i vari partecipanti. A parte SuperTennis (che ha trasmesso l’Assemblea pur senza mandarla in diretta a causa di problemi tecnici), la presenza della stampa era ridotta all’osso. Quattro accreditati, soltanto due effettivamente presenti. In ottemperanza alle norme statutarie, la presenza in Assemblea è stata preclusa ai giornalisti, che comunque hanno potuto assistere ai lavori tramite un proiettore in Sala Stampa. Destinare qualche posto dentro il "Gran Salone dei Cesari" sarebbe stato forse più corretto, ma tant'è. Scarsa presenza, dicevamo. Ok, lo Us Open è più spettacolare, ma il giorno in cui si decide il futuro del tennis italiano è ancora più importante. Si parla tanto della federazione, sotto tanti punti di vista, ma se poi nessun giornale-rivista-testata manda un proprio inviato, accontentandosi delle note dell’Ufficio Stampa, come la mettiamo? E’ questione di priorità, lo sappiamo. TennisBest ritiene che la politica federale sia una priorità, perchè è da qui che si decide il nostro tennis. In tanti non lo capiscono, non lo vogliono capire, o fanno finta di non capire.
L’esigua rappresentanza dei giornalisti (quanti sarebbero stati se non ci fosse stato lo Us Open? 5, 6?) è tuttavia un indicatore dell’interesse che poteva generare l’Assemblea. Con un solo candidato a Presidente e 12 candidati consiglieri per altrettanti posti, era evidente che non ci sarebbero state sorprese. Come detto, c’erano 453 delegati su 2714 aventi diritto di voto: meno del 17% del totale. E' un dato che deve far riflettere. Senza le deleghe (peraltro aumentate da 3 a 4 in vista delle prossime elezioni), non ci sarebbe stato il numero sufficiente per convalidare l’Assemblea (quando ci sono le elezioni, infatti, deve essere presente almeno il 25% degli aventi diritto in rappresentanza del 30% dei voti). Le “famigerate” deleghe hanno portato a 58,95% l’affluenza. All’Hilton si respirava una doppia aria: dentro la Sala principale, la “massa addormentata” ha approvato qualsiasi cosa venisse proposta. Questo non significa che le proposte fossero sbagliate. Semplicemente, un clima sonnolento e senza dibattito non invoglia il contradditorio. Noi non c’eravamo, ma ce le hanno raccontate: le assemblee degli anni 80 e 90 erano un’altra cosa. Come quella del 1989, quando Giulio Malgara si oppose a Galgani dicendo che “bisogna creare tre top 20”, attirandosi una montagna di fischi. Anche i duelli Galgani-Ricci Bitti e Binaghi-Tommasi erano stati vivaci, quasi divertenti. Adesso non c’è dibattito, non c’è contradditorio, il clima è meno “umano” e più “manageriale”.
Nel corridoio che portava dalla Hall alla Sala Principale, il clima era un po’ diverso. Abbiamo parlato con alcuni delegati, raccolto testimonianze, opinioni. Il tutto in forma anonima. Qualcuno ha detto: “Potrei anche non votare per Binaghi. Ma devo fare quello che mi chiede il circolo, poi ho la responsabilità delle deleghe. Come faccio? Il voto è segreto, ma sarebbe come tradire chi mi ha dato fiducia”. La segretezza del voto non “tranquillizzava” un altro delegato perplesso. “A parte il problema delle deleghe che mi sono state date, con tutte le telecamere che ci sono non vorrei che un eventuale voto nullo venisse associato a me e poi arrivino gli ispettori nel mio circolo”. Qualcun altro mugugnava per l’assenza di un candidato alternativo, ragionando sul “famoso” obbligo delle 300 sottoscrizioni. “Ma lascia candidare qualcun altro, anche se non ha circoli alle spalle! Perché impedire o rendere difficoltosa una candidatura se sei così sicuro del tuo programma? Con questo non voglio dire che voterei l’oppositore: valuterei i programmi e le proposte, e magari andrei ugualmente su Binaghi. Ma in democrazia è importante poter scegliere”. Ci arriva un altro spiffero, legato a una persona assente a Fiumicino. Costui avrebbe detto: “Se volessi candidarmi a presidente, dovrei smettere di lavorare per 2 anni e dedicarmi interamente alla raccolta del consenso”. Anni fa, Paolo Galgani (presente in prima fila durante i lavori e molto orgoglioso del suo ruolo di Presidente Onorario) disse: “Tutti hanno la possibilità di candidarsi, la legge lo consente. Il problema non è la candidatura, ma i programmi, la credibilità e il seguito che una persona riscuote nella base”. Erano altri tempi. Il cagliaritano Binaghi ha un carattere diverso dal fiorentino Galgani (che ancora oggi sa affascinare con la sua dialettica), ma il dibattito e il contradditorio – secondo noi – è il sale della democrazia. E senza candidati alternativi, né per la presidenza né per il consiglio, una perdita di democrazia (magari non voluta) esiste. Ed è innegabile. Questo sistema elettorale non va bene. Lo sosteniamo da tempo, lo ribadiamo oggi. Soprattutto dopo che ci hanno fatto vedere la mail inviata da un delegato provinciale ai circoli della sua zona, in cui chiedeva di ricevere “al più presto” le deleghe “se avete fiducia in me”, estendendo la richiesta anche a tutti coloro che avevano intenzione di andare a Fiumicino “In quel caso, la delega vi sarà restituita al momento di votare”. Roba da non credere.
Il momento forse più controverso è stato l’intervento di Franco Del Becchi, presidente del Circolo Tennis Imperia e già commissario straordinario del Comitato Regionale Ligure dopo le dimissioni di Roberto Figura a seguito del “caso” Valletta Cambiaso. Del Becchi, ultimo dei 10 delegati a parlare, dirigente non più di primissimo pelo, ha presentato una mozione in cui – sostanzialmente – chiedeva al Consiglio Federale di aumentare gli investimenti su SuperTennis (già piuttosto elevati). Ecco il testo della mozione, firmata da altri dirigenti (quali? Quanti?).
“L'Assemblea della FIT nel ribadire l'autonomia nell'utilizzazione delle risorse generate dal movimento attraverso l'autofinanziamento
RINGRAZIA
il Consiglio Federale per aver rilanciato l'immagine del tennis e averlo riportato in alto con la creazione del canale SuperTennis, rivelatosi nel corso del quadriennio 2008-2012 un eccezionale strumento di promozione.
RITIENE
indispensabile proseguire nell'impiego di tale strumento al fine di sostenere l'ulteriore crescita del movimento.
IMPEGNA
il prossimo consiglio federale a proseguire e, compatibilmente con le risorse disponibili, a potenziare l'azione di SuperTennis, favorendone l'espansione e la popolarità con il duplice obiettivo di diffondere i valori della nostra disciplina e di contribuire ad ampliare ulteriormente il bacino di utenza dei circoli italiani”.
In un’Assemblea fortemente incentrata su SuperTennis, questa mozione ha lasciato perplessi. Cosa significa “potenziare l’azione di SuperTennis”? In che modo? Il canale trasmette già moltissimo tennis, praticamente tutto quel che non viene trasmesso altrove, con la ciliegina della Coppa Davis. E’ già trasmesso sia sul satellite che sul digitale terrestre, peraltro in una posizione interessante (il 64)…fatichiamo a comprendere la necessità di aumentare gli investimenti. Ad ogni modo, la mozione è stata approvata all’unanimità dai presenti, con l’unica astensione del “solito” Ottolini. Dopo la nomina, Binaghi ha dato la sua risposta. “Deve essere recepita l’indicazione contenuta nella mozione. Se dagli Internazionali d’Italia e da altri contributi esterni arriveranno più soldi, vorremmo destinarli in parti uguali: metà alla TV, metà al Settore Tecnico con particolare attenzione all’impiantistica dei Centri Periferici, nonché per sviluppare nel sistema una categoria di tecnici. Devono essere di più, e più preparati”. L’ultima affermazione è confortante: a nostro parere, la mancanza di una scuola che formi coach di alto livello è una delle carenze più drammatiche. Eduardo Infantino non basta: la speranza è che risorse importanti vengano destinate in questo settore. La mozione di Del Becchi, tuttavia, fornisce al Consiglio Federale uno straordinario alibi in caso di critiche su spese ed eventuali insuccessi di SuperTennis. Il Consiglio potrà sempre dire che a richiedere maggiori investimenti era stato il movimento.
L’unico momento in cui il dibattito avrebbe potuto accendersi è stato l’intervento di Stefano Ottolini. Dirigente di lungo corso nel Comitato Regionale Lombardo guidato da Ettore Trezzi, storico oppositore, ha posto l’accento sulla mancanza di democrazia, facendo anche paragoni molto pesanti come quello con la bambina pakistana accusata di blasfemia. A suo dire, la FIT si sta trasformando in una "Società Tennis SPA”, in cui l’aspetto sportivo e “romantico” del gioco sta gradualmente sparendo. Mentre gli altri sono stati applauditi, la “massa addormentata” di Fiumicino ha accolto il suo discorso con un silenzio glaciale. Hanno applaudito non più di 2-3 persone. Dopo di lui è intervenuto Antonio Mariani, attuale presidente del Comitato Regionale Lombardo, il quale ha detto: “Per 30 anni mi avete tenuto in uno sgabuzzino, senza farmi mai vedere il sole”. L’allusione è al vecchio Comitato Lombardo, di cui Mariani era consigliere. Durante la pausa-buffet, Ottolini ci ha detto: “Anche se non era presidente, Mariani era l’uomo più potente del tennis lombardo. Era l’uomo del potere all’interno di un Comitato all’opposizione”. Ottolini – accompagnato da Alfredo Maccari (presidente del Tennis Club Guidizzolo) – rivendica il suo impegno quarantennale per il bene del tennis. “Due giorni dopo l’Assemblea di Verona – racconta – la Procura Federale è venuta a ispezionare il mio circolo. Naturalmente era tutto in regola e gli stessi ispettori erano un po’ imbarazzati. Due giorni dopo, capisce? Potevano almeno salvare l’apparenza”. Ottolini non nega le qualità di Binaghi, soprattutto a livello manageriale, ma ritiene che i sistemi attuali non siano i migliori possibili. “Le dico una cosa. Chi appoggia Binaghi è diviso in tre categorie: chi è sinceramente convinto, chi è rassegnato e chi ha paura. Faccia lei le percentuali”. E poi – insieme a Maccari – ci ricorda un cambio di Statuto di 7 anni fa, che tramite un Commissario ad Acta (“Perché la modifica non sarebbe mai passata alle votazioni” dice Ottolini) consentì di destituire i presidenti dei Comitati Provinciali regolarmente eletti. Maccari era stato eletto ma venne destituito a seguito di quel cambio di Statuto. Al di là dei contenuti, è apprezzabile il coraggio di un uomo che ha espresso il dissenso in un contesto totalmente “ostile”. Ed è meno apprezzabile l’indifferenza con cui è stato accolto. Binaghi ha risposto, presentando le sue argomentazioni, ma gli altri? Possibile che su 453 delegati non ce ne fosse uno d’accordo? Possibile che quelli di Ottolini siano soltanto “deliri personali”? Possibile che debba essere considerato la “macchietta” dell’Assemblea?
L'impossibilità di effettuare una conferenza stampa, data l'assenza di "materia prima" (giornalisti) – unita all’aiuto di Angelo Mancuso, addetto stampa FIT – ha reso possibile un’intervista esclusiva con Angelo Binaghi. Domani leggerete la lunga e interessante chiacchierata con il numero 1 della Federazione. Il tutto si è svolto in un clima di “accerchiamento", sia pur senza ostilità. Il più rilassato era proprio Binaghi, del quale abbiamo apprezzato la totale disponibilità. Capita che degli intervistati chiedano di avere le domande in anticipo, che magari dicano “a questo non rispondo”. L’ingegnere sardo, al contrario, ha ascoltato e ha risposto – a modo suo, argomentando lungamente – ad ogni nostra domanda. Da consumato politico, è stato bravo a condurre il discorso in territori più “familiari” a lui, ma fa parte del gioco. E va bene così. Durante la chiacchierata – durata 45 minuti – hanno presenziato diverse persone: c’era Angelo Mancuso in qualità di “press agent”, la graziosa Martina Cipriani ha registrato tutto (“fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” dicevano i saggi), accanto a noi siedeva il Segretario Generale Massimo Verdina, ogni tanto si avvicinava Giancarlo Baccini, mentre “orbitavano” nei paraggi anche Antonello De Tullio (rappresentante CONI), Beatrice Manzari e Massimo Caputi. Quest’ultimo ha dato appuntamento a Binaghi per la puntata di Tennis Club che andrà in onda oggi. “Mi ospitano!” ha detto il presidente con apprezzabile ironia, mentre teneva un occhio sui risultati dello scrutinio per eleggere i Consiglieri e rispondeva a una chiamata di complimenti del presidente CONI Gianni Petrucci. Al di là dei contenuti – che leggerete – è innegabile (e apprezzabile) la disponibilità a parlare con TennisBest. Se l’Assemblea non è stata in grado di proporre dialettica, ci abbiamo provato noi. E il presidente non si è sottratto. Il Gran Salone dei Cesari si stava lentamente svuotando, i delegati erano fuggiti per prendere treni e aerei. La 57esima Assemblea FIT è terminata nel tardo pomeriggio con la nomina di Valeriano Corona a presidente del Collegio dei Revisori dei Conti. Le luci sono scese, le telecamere si sono spente, l’Hilton è tornato ad ospitare uomini d’affari e hostess della "Thai Airways". Il tennis italiano ha scelto: fino al 2016, al timone ci sarà ancora Angelo Binaghi.
Essere vulnerabili, e ammetterlo, è una grande risorsa
Vulnerabili lo siamo tutti, anche e soprattutto i tennisti, in un’epoca in cui la pressione per il risultato è...