Il 23 giugno, quando Murray, inaugurerà il Centre Court, tutti i campi di Wimbledon saranno perfettamente verdi. E’ il frutto di un lavoro iniziato un anno prima.

Di Riccardo Bisti – 21 giugno 2014



Wimbledon vive 12 mesi l'anno. I giardinieri dell’All England Club curano i loro prati con un amore maniacale, seguendo una prassi consolidata. Per una volta, lasciamo perdere le polemiche sulla mescola che ha rallentato i campi fino a renderli simili al cemento, ma raccontiamo l’iter che nella seconda metà di giugno rende il club una chiazza verde, perfetta e intonsa. Durante l’inverno, l’erba arriva ad essere alta 13 millimetri. Da marzo in poi, ogni due settimane viene tagliato un millimetro fino a raggiungere l’altezza “ufficiale” (8 millimetri) a circa un mese dall’inizio dei Championships. Dopo le dimissioni di Eddie Seaward, che nel 2012 ha lasciato l’incarico di capo giardiniere, oggi la responsabilità è di Neil Stubley, 45 anni, impegnato a Wimbledon sin dal 1995. In realtà, il lavoro inizia una settimana dopo la fine del torneo, quando 12 millimetri di erba vengono tosati dai 19 campi che hanno ospitato i match (ci sono poi ben 22 campi di allenamento). “L’operazione permette di rimuovere tutte le erbe deboli e infestanti e ristabilisce il livello dove la superficie è stata usurata dal gioco” ha detto Will Brierley, uno dei sedici giardinieri a tempo pieno dell’AELTC. Poi arriva una tonnellata di nuovi semi e fertilizzanti che vengono utilizzati per il torneo successivo. Inoltre i campi vengono protetti per circa una settimana con una copertura semi-impermeabile, utile per regolare calore e umidità. In autunno viene effettuato un taglio per regolare la superficie prima che arrivino quattro tonnellate di sabbia e limo che si mischiano al lolium perenne per formare i campi più verdi del mondo.
 
E DURANTE IL TORNEO…
Il lavoro si intensifica in primavera, quando un rullaggio rimuove il gelo invernale e ad aprile inizia l'irrigazione per favorire crescita, durata, colore e sviluppo dei campi. La data di questa procedura viene stabilita in base a quella dell’inizio del torneo “per consentirci di ottimizzare l’applicazione della chimica” dice Brierley. Il rallentamento dei campi risale al 2000, quando è cambiata la mescola, passando da un mix tra loglio (70%) e festuca (30%) a una mescola interamente di loglio. Senza l’effetto ammortizzante dell’erba festuca, il rimbalzo della palla è “migliorato”, nel senso che è più alto e più regolare. In altre parole, più controllabile. “Abbiamo raggiunto la conclusione che una superficie più sana e resistente sarebbe stata realizzabile con una miscela di puro loglio – dice Brierley – i progressi nello sviluppo della semina hanno permesso di ottenere la stessa densità senza il riempitivo dell’erba festuca”. Durante il torneo, ogni giorno viene misurata l’usura e la durezza dei campi. Lo Sports Turf Research Institutec verifica l’umidità del suolo, la durezza del campo e il livello di clorofilla. Questi dati servono per stabilire quanta acqua deve essere annaffiata ogni sera. E ogni mattina viene effettuato un taglio per mantenere inalterata l’altezza, mentre per le righe viene utilizzato il biossido di titanio. Le righe sono larghe 5 centimetri, tranne la riga di fondo (che si trova nella zona più usurata), larga 10 centimetri. La domenica di mezzo, in cui non si gioca (salvo rarissime eccezioni, quando il programma ha subito troppi ritardi), viene utilizzato un macchinario detto “Billy Goat” per aspirare ed eliminare gli eventuali detriti provocati dalla prima settimana di gioco.
 
CONDIZIONI IDENTICHE
Ogni campo riceve lo stesso trattamento, in modo che ogni court possa garantire ai giocatori le stesse sensazioni “nei limiti del possibile” precisa Brierley. Nei quattro stadi le condizioni sono leggermente diverse rispetto agli outside courts. In quel caso, sta alla bravura e alla sensibilità dei giardinieri fare in modo che i campi siano i più uguali possibili. Per ora ci sono sempre riusciti. Nessun giocatore si è lamentato della differenza tra un campo e l’altro (come accade, per esempio, a Roland Garros). Le eventuali lamentele nascono da lontano, da quando la nuova mescola ha avuto l’effetto collaterale di togliere all’erba le sue peculiarità e luoghi comuni. Ma questa è un’altra storia, e non è certo colpa dei giardinieri che dedicano 12 mesi all’anno per rendere i campi perfetti…e poi magari devono assistere alle sfuriate dei giocatori che lanciano le racchette e rovinano quel verde così amorevolmente curato.