Di Riccardo Bisti – 29 agosto 2014
Quando aveva 17 anni, Victor Estrella Burgos non aveva certamente l'appoggio di Nike o di un ex campione di Wimbledon come Goran Ivanisevic. Tra mille peripezie, frutto di una carriera vissuta a sprazzi a causa dei soldi che andavano e venivano, ha trovato la giusta quadratura a 33 anni, dopo aver rischiato di ritirarsi per un infortunio al gomito che non si risolveva mai. E così, a 34 anni, è diventato il più anziano di sempre a esordire allo Us Open. Da numero 80 ATP, ha fatto di più: è al terzo turno dopo i successi contro Igor Sijsling e Borna Coric. Quest'ultimo, classe 1996, ha la metà dei suoi anni, gli appoggi citati qualche riga fa e un gran futuro davanti. Ma al secondo turno di Flushing Meadows, in un clima da allegra corrida, si è scritta la favola di Estrella. Con il punteggio di 7-6 4-6 6-4 6-2 si è assicurato una sfida da sogno contro Milos Raonic. Sarà un'altra prima volta, visto che non ha mai giocato contro un top-10. Sport e politica non dovrebbero andare a braccetto, ma l'associazione di idee è scontata. Estrella, il tennista operaio, è il simbolo della gente, degli immigrati dominicani che cercano fortuna a New York. Ma è il simbolo della classe operaia che risiede nei pressi di Flushing Meadows e delle minoranze latine che non vedono di buon occhio il Billie Jean King National Tennis Center, emblema di una ricchezza che non sarà mai la loro. Ma per due settimane all'anno, la zona diventa un incrocio di razze e di culture. Grazie ad Estrella, anche loro si sentono rappresentati.
UN TIFO DA STADIO
“Victor! Victor!” è il coro più udibile a Flushing Meadows in questi primi giorni di torneo. I latinos lo chiamano “Papi” e fanno un tifo indemoniato, come se fossero in uno stadio di calcio. Anzi, no: in un diamante di baseball, sport nazionale della Repubblica Dominicana. Durate i match di Estrella, la gente impazzisce e si dispera. Ovviamente, le palle del suo avversario sono tutte fuori. A un certo punto, Victor si è avvicinato ai suoi sostenitori nei pressi della linea di fondo: “Per favore, non chiamate fuori le palle del mio avversario. In questo modo, create confusione”. In tribuna c'erano centinaia di dominicani, ma sembravano migliaia. Tra loro – in una bella storia raccontata dal NY Times – c'è anche Victor Beco, un 58enne che vive a New York dal 1975. Nella vita fa l'autista di scuolabus e vive a due passi dallo stadio degli Yankees, dove si gioca il loro amato baseball. Victor conosce la famiglia di Estrella Burgos ed è venuto a sostenerlo. A fare il tifo c'era anche Paula Sebelen, concittadina di Estrella, quella Santiago dove anni fa aveva iniziato come raccattapalle e poi come palleggiatore. “Tanti anni fa, giocavo per la St. John's University al Queens, ma tornai a casa e avevo bisogno di qualcuno con cui palleggiare. E mi portarono un ragazzino di 11 anni”. Quel ragazzino era Victor Estrella Burgos, attuale numero 80 ATP. “Nessuno ha investito nulla su di lui, però colpiva la palla come un pazzo”.
LA POVERA GENTE CHE LAVORA
Fino al 2007, la carriera di Estrella si è sviluppata tra alti e bassi. Non solo le lezioni in un resort con vista mare, ma anche il ruolo di sparring-partner per il team portoricano di Coppa Davis. In realtà non voleva neanche provarci, fino a quando il suo coach di allora (Sixto Camacho) gli disse di allenarsi sul serio e fare un tentativo nei tornei futures. Tutti i dominicani conoscono la sua storia, anche perchè il principale quotidiano del paese (El Caribe) dedica grande spazio alle sue imprese. E la gente si immedesima in lui. Il motivo l'ha spiegato Elvis Diaz, camionista in pensione. “Nel nostro paese non c'è alcun sostegno per il tennis, è uno sport riservato ai ricchi. Invece Victor viene dalla povera gente che lavora. E' uno di noi”. E così, dopo entrambe le vittorie, è entrato in simbiosi con la sa gente. Correva in cerchio, dava l'high-five a tutti e ha posato per decine di selfies. “Ero sull'orlo delle lacrime. Per me è stato un momento speciale, forse ho aperto la porta per una nuova generazione”. La favola di Victor non è ancora finita. E ci sono già due domande: che clima ci sarà durante il suo match contro Raonic? E dove si metterà per (provare a) rispondere ai servizi del canadese?