Daria Gavrilova, russa di nascita, è l’ultimo acquisto dell’Australia. In questi giorni sta giocando gli Australian Open play-off. “Adoro il mio nuovo paese, e vorrei che fosse lo stesso per la mia famiglia”.
Di Riccardo Bisti – 16 dicembre 2014
Daria Gavrilova ha un problema. Non riesce a capire le regole del cricket, tra gli sport più seguiti in Australia. Per lei, che viene dalla Russia, le discipline sono altre. Ma da qualche mese rappresenta i canguri. Down Under ha trovato residenza permanente, in attesa di avere il passaporto. Ma ha trovato anche l’amore, visto che è fidanzata con Luke Saville, promettente australiano che sta crescendo all’ombra di Kyrgios e Kokkinakis. Eppure l'Australia non è ancora "sua" al 100%. Spera che le cose cambino al prossimo Australian Open, dove la vedremo giocare per l’Australia come Ajla Tomljanovic (croata), Jarmila Gajdosova (slovacca) e Anastasia e Arina Rodionova (russe come lei). “In effetti è divertente – racconta la ragazza nata a Mosca – non ci sono nomi tipicamente australiani tra le migliori giocatrici del paese”. Lei ha 20 anni e in nottata ha esordito agli Australian Open play-off, un torneo a 16 giocatrici che mette in palio una wild card per il primo Slam stagionale. Ha battuto Lizette Cabrera, ma per centrare la wild card deve vincere altre tre partite. E’ la terza testa di serie alle spalle di Olivia Rogowska e Anastasia Rodionova. La sua naturalizzazione, così come quella di altre giocatrici, ha scatenato più di una polemica in Australia. Tra i più attivi, naturalmente, John Tomic. Il focoso padre di Bernard non dimentica l’altra figlia Sara, a suo dire penalizzata da certe operazioni. La Gavrilova ignora le critiche: “Mi piace stare qui e la gente può pensare quello che vuole, davvero. Qualcuno è contento, qualcun altro no. Ma va così. E comunque io mi sento australiana”. L’avvicinamento risale a un paio d’anni fa, quando si è allenata per un’intera estate con la giovane Storm Sanders, peraltro sua avversaria nei quarti dei play-off, sotto la guida dell’ex giocatrice Nicole Pratt. Si trovò benissimo e chiese se era possibile allenarsi più spesso da quelle parti. Le hanno detto che la prima cosa da fare erano prendere la residenza. “Oh, si, lo voglio fare. Con chi mi devo mettere in contatto?” rispose. Nicole Pratt la mise in contatto con un avvocato di immigrazione e Craig Tiley scrisse per conto di Tennis Australia una lettera di approvazione. Curiosamente, poco prima di ottenere lo status, si è strappata il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. E la sua carriera ha subìto un brusco stop.
BENEDETTO INFORTUNIO
Un infortunio non è mai positivo, ma i nove mesi lontano dai campi le hanno permesso di costruirsi la giusta corazza per giocare con efficacia tra le professioniste. Al rientro si è portata rapidamente a ridosso delle top-200. “Era fortissima tra le junior, ma nel suo gioco c’erano alcuni limiti importanti” dice la Pratt, che ha messo mano al servizio, al dritto (già il suo colpo migliore), al rovescio e all’approccio mentale alle partite. A suo dire, la Gavrilova doveva smettere di adattarsi al gioco delle avversarie ma doveva imporre le sue qualità. “Allora abbiamo detto a ‘Dasha’ che l’infortunio è stata una fortuna sotto mentite spoglie, perchè l’ha costretta a fare un passo indietro e riflettere su dove vuole arrivare. Prima che si facesse male stava giocando ogni settimana senza però ottenere i risultati sperati”. Ha semplicemente attraversato una fase che colpisce tanti junior. Dopo essersi abituata a vincere, ha iniziato a perdere una partita dopo l’altra. E si è domandata; “Oddio, cosa sta succedendo?”. In quei casi, continuare a giocare non è la cosa migliore. Attualmente il ranking WTA la vede in 233esima posizione, ma secondo la Pratt può diventare utile per la Fed Cup, oltre a poter produrre ottimi risultati. “Penso che possa battere le più forti: magari non subito, magari non con continuità, ma credo che nei prossimi due anni possa diventare una giocatrice che nessuno vuole affrontare”.
IN ATTESA DEL PASSAPORTO
La love story con Saville è considerata positiva, visto che i due hanno una natura completamente diversa. Lui è riservato, lei è più estroversa. Si sono conosciuti nel 2009 durante le finali di Davis e Fed Cup junior, quando Daria giocava per la Russia. Dopo un anno di ammiccamenti, si sono messi insieme nel 2011 e potrebbero giocare il doppio misto all’Australian Open. Potenzialmente sono una coppia d’oro, visto che sono stati entrambi numeri 1 junior. Ma la realtà nel tour è ben diversa, visto che per acciuffare il main draw dell’Australian Open dovranno giocare i play-off. Dovessero fallire, ci sarebbero le qualificazioni, sempre a Melbourne Park. Da quando ha preso la residenza, la Gavrilova ha giocato soltanto una volta per l’Australia, allo Us Open. Motivo? L’ITF accetta la residenza, mentre la WTA vuole il passaporto. Ma per la Fed Cup potrebbe già essere convocata, visto che è una manifestazione ITF. “In effetti c’è un po’ di confusione – dice lei – ma non vedo l’ora di essere australiana e rappresentare l’Australia in ogni torneo. Alla mia prima esperienza con i nuovi colori ero un po’ nervosa. C’erano tanti tifosi australiani e quando ho vinto il mio primo match è stata una bella sensazione”. Poi, con la bandiera russa, ha battuto Townsend e Davis raggiungendo il terzo turno a Tokyo. Sarà ancora russa a Brisbane e a Hobart (o Sydney, non ha ancora deciso), mentre riabbraccerà la nuova bandiera all’Australian Open. A Melbourne ritroverà i genitori e il fratello. “E ho un sogno: vorrei che s’innamorino dell’Australia come me". E magari si uniscano e lei proprio a Melbourne, dove oggi risiede. Meno chiari i suoi obiettivi tennistici: evita di porsi dei traguardi, anche se un successo all’Australian Open sarebbe il coronamento più bello. Nel frattempo impara a conoscere il suo nuovo paese, a partire dal cricket. “Non ci capisco ancora molto, ma piano piano ci arriverò!”.
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