IL PERSONAGGIO – Roberto Bautista Agut è l’esatto opposto di Nick Kyrgios: vuole che si parli di lui solo per il suo tennis, rinunciando a una bella fetta di popolarità. Ma per lui contano la famiglia, i suoi adorati cavalli e il tempo trascorso nelle colline di Valencia. E c’è solo una cosa che lo fa arrabbiare…

Alcuni tennisti “fanno notizia” pubblicando una foto o scrivendo due righe su Twitter. Altri lottano, vincono, vanno oltre i loro limiti, ma vagano nell’indifferenza. Negli ultimi giorni, il tennista più popolare è stato Nick Kyrgios. Il suo comportamento durante il Masters 1000 di Shanghai, tra conseguenze e reazioni, ha monopolizzato l’interesse dei media e degli appassionati. Ormai lo star system ha stabilito che Kyrgios è un personaggio. Al contrario, hanno deciso che Roberto Bautista Agut deve restare nella semi-clandestinità. A Shanghai ha raggiunto una clamorosa finale, battendo Novak Djokovic e resistendo per un set a un grande Andy Murray. Mentre Kyrgios muoveva articoli, servizi TV e scomodava gli opinionisti, Roberto perdeva il servizio sul 6-4 5-3 contro Djokovic. In questi casi, il giocatore più debole finisce per perdere. Stavolta no: altro break e Roberto in paradiso. “Tre anni fa l’ho visto battere Del Potro in Australia e quella partita non gli fu regalata: la vinse lui” ha detto Jacopo Lo Monaco durante l’ultimo TennisBest Podcast, ipotizzandogli un futuro ingresso tra i top-10. E’ che Roberto fa di tutto per non essere un personaggio, anche se ha vinto quattro titoli ATP su quattro superfici diverse: erba, terra, cemento all’aperto e cemento indoor. Gli piace stare sulle sue, in silenzio. Meglio ascoltare che parlare. Meglio ponderare ogni parola piuttosto che strillare a vanvera. Ma entrare nel suo mondo è affascinante, un tuffo nel relax, quasi una catarsi. Le guide ufficiali raccontano che è nato a Castellon de la Plana, nei pressi di Valencia. Non è così, giacché è venuto al mondo a Benlloch, minuscolo paesino di meno di mille abitanti. Un bambino timido che però aveva un buon talento atletico. Anche se gli hanno messo in mano una racchetta a cinque anni, era molto bravo con il calcio. Ha giocato nelle giovanili del Villarreal e segnava un mucchio di gol. Avesse continuato, chissà, magari sarebbe stato compagno di Juan Roman Riquelme nella squadra che qualche anno dopo avrebbe fatto faville in Spagna e in Europa. Invece ha scelto il tennis, anche se i dubbi ci sono stati. “Per 2-3 anni ho vissuto con il terrore di aver preso la decisione sbagliata”, racconta con la voce poco più che sussurrata, la pettinatura da bravo ragazzo e l’aria timida.





UN TIPO DA ESCURSIONI
Una volta, David Ferrer ha detto che la Spagna non potrà mai avere un altro Rafa Nadal. “Ma potrà esserci un altro Ferrer. E potrebbe essere Roberto Bautista Agut”. Diteglielo: è una delle poche cose che lo fanno ridere di gusto. Per il resto la sua serietà mette quasi soggezione. Anche chi lo conosce bene dice che pensa al tennis 24 ore al giorno. La pensa così Jorge Belles, il suo primo maestro sui campi del CT Castellon, che l’ha seguito per 14 anni, poi Pepe Vendrell, cui si è aggiunto di recente l’ex top-100 Tomas Carbonell. Una scelta che dice tanto di Bautista: c’è chi cerca coach famosi, o magari ex giocatori di grido. Lui resta fedele al suo team e, al massimo, si rivolge a un giocatore che pochi ricordano. Insieme a loro, e all’innesto di un valido preparatore atletico, ha migliorato se stesso. Due anni fa era salito al numero 14 ATP, poi la sua crescita si era interrotta. Quest’anno è ripartito e Shanghai ha dato un senso a tante fatiche, ritrovando le sensazioni di quando aveva sfidato Federer sul Centre Court di Wimbledon, nel 2015. “Prima di scendere in campo ho ripensato a tutta la strada che avevo fatto per arrivare fino a lì, poi ho avuto la sfortuna di farmi male a una caviglia. Forse avrei dovuto ritirarmi, ma ho voluto onorare l’impegno”. Adesso Roberto è in lotta per un posto alle ATP World Tour Finals, anche se la sconfitta a Mosca contro il giovane Bublik complica un po’ le cose. Difficilmente supererà Nadal, difficilmente sarà il numero 1 di Spagna a fine anno, ma intanto ha già superato Ferrer. “Mi piacerebbe chiudere l’anno tra i primi 10” diceva a inizio anno. Se azzecca un buon torneo a Bercy, potrebbe anche farcela. Ciò che colpisce di Roberto è un tennis senza guizzi né rotazioni. “Ciò che mi differenzia dagli altri spagnoli è l’impugnatura”. Guardate come tiene la racchetta quando tira il dritto: sembra uscito da un manuale di tecnica degli anni 70-80. Roberto Bautista Agut, figlio di un ex calciatore e di una commerciante in un negozio di vestiti, sarebbe tutto qui. Ma c’è qualcosa, di lui, che affascina. Se chiedi un hobby ai vari tennisti, diranno tutti le stesse cose: uscire con gli amici, musica, cinema, banalità assortite. Lui no. Lui ha una sola grande passione: i suoi tre cavalli. Castellon de la Plana è un polmone verde, così ha potuto allevare Bagheera, un’elegante cavalla ormai anzianotta, con i suoi 18 anni. C’è anche suo figlio, e da un paio d’anni se n’è aggiunto un altro. Roberto li adora: “Ci dedico meno tempo di quello che vorrei, ma sono spesso in giro. Sono impegnativi, per fortuna se ne occupa mio padre. Insieme a loro mi piace fare qualche escursione, ad esempio a Vistabella o a Puertomingalvo. Preferisco stare con loro piuttosto che con qualsiasi altra cosa”.





QUELL’INGRATO DI BEDENE…
Per il resto ama stare in casa, mangiare paella, arrosto e il mitico jamòn iberico. Riguarda proprio il jamòn l’unico episodio davvero curioso che lo riguarda. “Un paio di inverni fa ho ospitato un giocatore a casa mia. Abbiamo effettuato una parte di preparazione insieme, è rimasto una settimana a casa mia. Io mi sono assentato due giorni per giocare una gara a squadre in Francia…e al mio ritorno ho scoperto che aveva letteralmente distrutto il mio jamòn! Giuro che l’avrei strozzato…e poi l’anno successivo ci siamo affrontati due volte, e mi ha sempre battuto!”. Non ha fatto il nome del carnefice, ma non è stato difficile capire chi era: Aljaz Bedene. “Gli ho lasciato casa mia, la mia macchina, mi ha distrutto il prosciutto…e mi ha pure battuto!”. In effetti, Bautista ricorda un po’ Ferrer. Parla poco, ama il calcio (quando può va allo stadio a seguire il Castellon FC, anche se resta fedele al Villarreal) ed è legatissimo alla sua terra. Odia prendere l’aereo, al punto che cerca di giocare il più possibile in Europa per evitare trasferimenti troppo lunghi. “E quando mi sarò ritirato, fidatevi, non prenderò un aereo per 20 anni”. Meglio restare nel suo angolo di mondo, nel cuore della Comunità Valenciana. “Io sono un tipo più da montagna che da mare. Dalle mie parti ci sono tanti paesini sconosciuti ma deliziosi che mi piace visitare. E poi c’è un clima splendido: non mi crede nessuno quando dico che posso allenarmi 12 mesi all’anno con i pantaloni corti”. La comunicazione viaggia a velocità diverse, ma Roberto Bautista Agut ha scelto di tenere i suoi ritmi. “Se mi comportassi in un altro modo, forse avrei un’altra immagine, un’altra popolarità, ma non è quello che voglio. Non voglio che si parli di me per qualcosa di diverso dal mio lavoro”. Ci ha indirizzato bene. A parte la storia del jamòn…




LA SCHEDA DI ROBERTO BAUTISTA AGUT 
IL MOMENTO PIU’ BELLO – 
UN PASSANTE IMPOSSIBILETOCCO E RINCORSA