Fabio esalta, porta via un set a Djokovic ma sciupa troppo in avvio di terzo set, come nove giorni fa contro Ferrer. Italia finalmente protagonista sul cemento americano. 
Fabio Fognini ha scippato un set al numero 1 del mondo
 
Di Riccardo Bisti – 11 marzo 2013

 
Fabio Fognini deve essere un appassionato di storia. Nove notti fa, mentre lottava alla pari con David Ferrer, ci aveva fatto spulciare gli archivi cercando l’ultima finale di un tennista italiano in quelli che sono diventati gli ATP 500. Stavolta ha regalato attimi di libidine sul centrale di Indian Wells, quando calano le tenebre e l’atmosfera si fa magica. Magari non è vero, ma hai la sensazione di assistere a un grande evento. Con un pizzico di coraggio in più, Fabio avrebbe potuto battere Novak Djokovic, numero 1 ATP e imbattuto nel 2013. Il peggior Djokovic stagionale, ma chissenefrega. Avesse vinto, avrebbe rubato al calcio i titoli dei quotidiani sportivi. E in prima pagina ci sarebbe finito lui, il bello e dannato di Arma di Taggia, croce e delizia dei suoi (tanti) tifosi. Peccato che sia finita 6-0 5-7 6-2 per il serbo. Quando Fabio giocava un secondo set da Number One, tenendo il palleggio con Djokovic senza alcun problema, abbiamo ritirato fuori le vittorie dei tennisti italiani contro un numero 1 al mondo. Corrado Barazzutti e Adriano Panatta vantano due vittorie a testa contro un numero 1 in carica (il friulano battè Nastase e Connors, Adriano vanta due successi su Connors). Più recenti i successi di Gianluca Pozzi (che usufruì del ritiro di Andre Agassi al Queen’s) e Filippo Volandri, Re di Roma nel maggio 2007, con annessa vittoria su Federer. Lo scorso anno, Seppi è andato a un paio di game dal battere Djokovic. Fognini non c'è andato così vicino, ma c’è da essere ottimisti. Difficilmente Seppi potrà giocare meglio di come ha fatto al Roland Garros 2012. Al contrario, Fabio può crescere ancora.
 
I tornei americani sul cemento sono merce proibita per l’Italtennis. Noi vediamo le immagini in TV e sembra che arrivino da un altro pianeta. Si gioca un tennis supersonico, lontano dalla nostra mentalità e dal nostro fuso orario (per quest’ultimo c’è poco da fare, mentre la mentalità sta finalmente cambiando). Non è un caso che gli italiani non siano (quasi) mai stati protagonisti. Senza scomodare Panatta-Connors dello Us Open 1978, ci siamo esaltati solo nel 1994 (quando Andrea Gaudenzi mandò a casa nientemeno che Jim Courier) e nel 2005, quando un 33enne Sanguinetti commosse contro Paradorn Srichaphan. Nient’altro. Per questo abbiamo sgranato gli occhi quando Fognini guardava a muso duro Djokovic e gli ha messo paura, peraltro dopo aver giocato un primo set terrificante, con appena sei punti all’attivo. Avanti 2-0 nel secondo, poi sotto 2-4, Fognini ha attinto a piene mani dei regali di Djokovic ma ci ha messo del suo. Ciò che faceva impressione era l’apparente facilità con cui giostrava lo scambio. Raramente era in difficoltà, e poi si difendeva benissimo, mostrando una reattività spaventosa, unita a un’ottima tecnica. Provateci, a rispondere alle prime di Djokovic con un velenoso slice bloccato. Con quel colpo, Greg Rusedski colse una clamorosa semifinale allo Us Open. Fognini lo ha imitato, mostrando carattere quando ha annullato un matchpoint sul 4-5 grazie a un’ottima prima di servizio. Nel game successivo, si è issato a palla break con una poetica volèe bassa smorzata. Roba da saltare in piedi sul divano, per dirla con Guido Meda. Nel game successivo, un dritto in rete di Djokovic allungava la partita e ci ha fatti sentire protagonisti per una notte. Questo è il volto bello di Fognini.
 
Come contro Ferrer, ha sciupato l’occasione in avvio di terzo set. E’ salito 15-40 sul servizio di un Nole fuori palla e impaurito. In fondo, 6 anni fa, una lunga striscia vincente di Roger Federer finì su questo stesso campo, contro Guillermo Canas. E lo svizzero aveva l’età attuale di Djokovic. Allora, il cagnaccio argentino colse le occasioni. Fabio non lo ha fatto: questo è il volto brutto che dovrà nascondere, lavorando con Josè Perlas e (soprattutto) con se stesso. Fognini teneva duro fino all’1-2, poi infilava il patatrac. Avanti 40-0, cedeva il servizio ai vantaggi e scaricava la frustrazione sulla Babolat Pure Drive. “Fai il figo sul 40-0 e poi non vinci un punto”, è l’impietoso commento catturato dai microfoni. Fabio si è disunito e dieci minuti dopo stringeva la mano a Djokovic, sconfitto. Fognini deve continuare su questa strada, rendersi conto che può reggere questi palcoscenici, ma senza dimenticarsi da dove viene. Il 2013 può essere il suo anno, e la forma migliore sta arrivando con l’avvicinarsi dei tornei a cui tiene di più: Monte Carlo, Roma, Parigi, Wimbledon. Ma questo Fognini può giocare bene dappertutto. Se il fisico lo lascia in pace e se avrà la forza di continuare a crescere sul piano mentale…può farci divertire. Se, se, se…Fognini dovrà essere bravo a cancellarli, magari prendendo spunto da un Djokovic che in una giornata decisamente negativa è rimasto concentrato, senza un solo gesto di stizza anche quando giocava male. Alla fine commetterà 33 errori gratuiti, cifra enorme se togliamo la tara del primo set, in cui praticamente Fognini non era sceso in campo. In tutta onestà, questo Djokovic non ha convinto. Ma i grandi campioni si vedono in questi momenti. Djokovic lo è, Fognini ancora no. La storia di questa notte californiana, in fondo, è tutta qui.