Dopo tanto silenzio, torna a parlare Garbine Muguruza Blanco. L’improvvisa popolarità l’ha destabilizzata. E adesso deve prendere la scelta più difficile: Spagna o Venezuela? 
Garbine Muguruza Blanco non ha deciso quale nazione rappresentare

Di Riccardo Bisti – 15 dicembre 2013

 
Se ne discute da quasi un anno. Garbine Muguruza Blanco è una delle maggiori promesse del tennis spagnolo. Ha mostrato potenzialità interessanti e sembra pronta ad esplodere. Tuttavia, in Spagna c’è un pizzico di apprensione perchè non ha ancora deciso chi rappresentare. La Spagna di papà o il Venezuela di mamma? Il dibattito non si è spento nemmeno durante il suo lungo periodo di stop. Per questo, assume una grande importanza l’intervista effettuata con Punto de Break. Adesso si sta allenando a Barcellona per preparare un 2014 in cui promette scintille, ma è afflitta da un mucchio di dubbi. Vale la pena riportare il dialogo con Nacho Muhlenberg.
 
I tennisti non vivono molto bene i periodi senza giocare…
Vero. E’ strano, perchè competo tutto l’anno e restare tutti i giorni a casa è molto dura. Infortunarsi è la cosa peggiore possibile per uno sportivo. La motivazione resta e vuoi giocare al 100%, però è molto dura.
 
In questo periodo di stop hai lavorato sul piano mentale?
Non ho lavorato su nulla di particolare. Però uno stop del genere fa lavorare la testa anche senza volerlo. Diventi più umile. Maturi sotto tanti aspetti.
 
Prima non eri così umile?
No. Adesso la sono di più. Prima mi arrabbiavo per qualsiasi cosa. Adesso riesco a dare grande importanza alle cose che riesco a fare. C’è stato un periodo in cui non potevo fare nulla. Sono più umile con me stessa. Mi accetto giorno dopo giorno.
 
Immagino che non ti sia mai passato per la testa di mollare tutto…
Mai successo. Non è successo nulla che mi facesse pensare di smettere con il tennis. Vivo in Spagna solo per il tennis.
 
Unicamente per il tennis?
Si. Completamente. La mia famiglia vive in Venezuela e mia madre è qui con me solo per il tennis.
 
Anche tuo padre sta in Venezuela?
Si. Lavora in Venezuela. Siamo totalmente separati.
 
Cosa ti spinge ad alzarsi ogni mattina per allenarti duramente?
So che devo fare molte cose per essere una buona giocatrice. Il corpo mi aiuta. Ho talento, facilità nel giocare. Quando mi sforzo, ottengo buoni risultati. Gioco a tennis da quando avevo 3 anni. E’ tutto quello che ho fatto nella mia vita. Giocare, giocare e giocare. Il mio obiettivo è essere più forte possibile. Non ho altro per la testa. Non esiste nient’altro.
 
Ti preoccupa la fama che potresti ottenere in futuro?
No. Se faccio le cose per bene, sarà una sorta di ricompensa. E’ tutto positivo, se sei in grado di gestirlo.
 
E’ importante essere circondata dalle persone giuste…
Ho il miglior team possibile. Ho creato un gruppo davvero buono. Sono tutti ottime persone.
 
Ho l’impressione che nel periodo di stop hai voluto allontanarti un po’ dalla stampa. Sono emersi pochi dettagli. Ti sei isolata molto!
Si, sono stata un po’ al margine. Il discorso sulla cittadinanza, se giocare per la Spagna o il Venezuela, mi ha un po’ infastidito. Ero infortunata e un po’ triste, non volevo sapere niente di niente. In questi tre mesi è come se non fossi esistita.

Ci sei riuscita!
Volevo scappare dalla stampa, dalle interviste. Non sapevo nè cosa dire nè cosa pensare.
 
Cosa non ti piace della stampa?
Quando c’è un argomento che genera dubbi, o non è troppo chiaro, ti fa star male che la gente continui a domandartelo.
 
Lo senti come un attacco?
No, un attacco no. Ma quando non sai che dire, è una situazione scomoda. La gente rivolta il coltello nella piaga.
 
Adesso parli di più del discorso sulla tua nazionalità?
Si. Adesso mi sento meglio, l’umore è buono, sto giocando e non ho problemi a parlarne.
 
Ecco la domanda da un milione di dollari: hai deciso per chi giocherai l’anno prossimo?
No.
 
Perchè?
E’ un insieme di cose. La mia famiglia vive a Caracas, mentre io sto a Barcellona. Per questo, non ho ancora optato per una nazione piuttosto che per l’altra.
 
Non deve essere facile.
Il problema è che non c’è chiarezza dentro di me. Non so cosa decidere. Sono a cinquanta-cinquanta. Se vado da una parte rischio di sentirmi male, perchè mi verrebbe il dubbio che il meglio è dall’altra. Non lo so. E’ tutto molto confuso.
 
Capisco.
Guarda, arriverà un giorno in cui mi sveglierò e dirò: “Gioco per questo paese!”. Ma oggi, se prendessi una decisione, mi sentirei male.
 
Stai ritardando la scelta per questo motivo?
Si.
 
Quindi è una cosa che verrà da sè, la dovrai sentire…
Si. E’ così.
 
E’ una decisione unicamente tua?
No, anche della mia famiglia. Siamo molto divisi. Davvero, se prendo una scelta mi sento male. Quindi non ho ancora deciso.
 
Sembra che nel 2014 non cambierà nulla.
Credo che l’anno prossimo non succederà nulla. Non prenderò nessuna decisione.
 
Hai paura di quello che potrebbero dire di te?
Paura no, ma so che è una decisione importante e che mi segnerà molto. So che mi creerò dei nemici, qualunque sia la mia decisione.
 
Molta responsabilità, Garbine!
Vorrei poter decidere ora e venirne fuori. Mi sento come se fossi in un buco.
 
Nel nostro sito, la gente puà commentare gli articoli. Leggi i commenti della gente?
Da quando mi hanno detto di tutto, ho smesso di leggere i commenti. Hanno preso ad insultarmi, dirmi di tutto. Allora ho detto “mai più”. Quello che dice la gente mi colpisce, quindi meglio non leggere nulla.
 
Che vantaggi ci sarebbero a rappresentare la Spagna?
C’è una grande tradizione e ci sono molte giocatrici. La parte negativa è che in Spagna sarei più sola.
 
E a giocare per il Venezuela?
Ci sono meno giocatrici e sarei la più forte. Ci sarebbe molta più attenzione. E la mia famiglia vive lì.
 
Perchè terminerai la preparazione a Miami?
Perchè sono rappresentata dalla IMG e vado in una loro struttura. Mi hanno sempre chiesto di provare. Adesso, dopo sei mesi a Barcellona, mi piace l’idea di cambiare aria. Affronto gente nuova, andrò al caldo….
 
A Miami sei già conosciuta. All’improvviso, si sono accesi i riflettori su di te. E’ stato un po’ troppo esagerato?
E’ stato troppo. Sono partita per Miami e giocavo tornei da 10.000 dollari, al massimo 25.000. Sono tornata e mi chiedevano interviste, di tutto. Domandavo a me stessa. “Ma cosa è successo?”.
 
Alcuni articoli dell’epoca ti avevano etichettato come la futura numero 1.
Sono diventata pazza. Mi hanno colpito molto. Mi hanno messo addosso una pressione che non mi toccava.
 
Da essere nessuno, all’improvviso, tutta l’attenzione ti è piovuta addosso.
Esatto. Ero una ragazza normale, poi all’improvviso erano tutti interessati a me. Ho faticato a gestire la cosa, mi ha colpito molto.
 
Tutto in una volta!
E’ stato un salto troppo grande. Una salita improvvisa in classifica, mi sono ritrovata sui campi più importanti. Mi ha colto di sorpresa. Tutto questo mi ha colpito nei tornei successivi.
 
Non è facile abituarsi a un cambio del genere.
No. Mi sono rilassata. E’ crollata l’intensità. Certo, adesso non credo che questo tornerebbe a mettermi in difficoltà.
 
Buona conclusione.
La gente si interessa a te se vinci. In fondo è così. Se giochi bene e perdi, non sei niente. Puoi vederla in qualsiasi modo, ma è così. Tutto dipende dai risultati.
 
Hai pensato a fare qualcosa fuori dal tennis?
Mi piacerebbe una linea di abbigliamento. Però la cosa che preferirei è qualcosa legato alla cucina. Adoro preparare i dolci!