Anche il circuito Challenger ha la sua coppia di gemelli da record: i thailandesi Sanchai e Sonchat Ratiwatana. Classe ’82, fanno coppia da sempre e hanno vinto almeno un titolo all’anno nelle ultime 14 (!) stagioni, toccando quota 40. Quest’anno si sono anche regalati le Olimpiadi. “Abbiamo provato a giocare separati, ma non c’è stato verso”. E sono talmente identici che una volta, a Lugano…

Rino Tommasi l’ha spesso definito “un malato terminale”, perché i migliori non lo giocano più e di conseguenza l’appeal è sempre meno. Ma il doppio ha comunque i suoi motivi d’interesse, spesso perché svela storie ancor più curiose rispetto al singolare, andando ad accogliere tanti giocatori che hanno ripiegato sulla disciplina dopo una carriera individuale meno soddisfacente. Non può non incuriosire una vicenda come quella di Julio Peralta, doppista cileno che fino al 2016 non aveva mai vinto un solo match nel circuito maggiore, mentre in questa stagione – a 35 anni – ha già portato a casa tre titoli: San Paolo, Gstaad e Metz. Il discorso si allarga ancor di più aprendo gli orizzonti al livello Challenger, il terreno di conquista preferito dei Bryan d’Asia: i gemelli thailandesi Sonchat e Sanchai Ratiwatana. Anche per loro vale lo stesso discorso fatto per molti: quando hanno capito che in singolare la loro dimensione sarebbe stata quella dei Futures (best ranking di 655 per il primo, di 831 per il secondo), hanno trovato un’alternativa di spessore nel doppio, diventando due autentiche leggende del circuito Challenger. Con il recente successo a Kaoshiung (Taiwan) hanno toccato quota 40 titoli, almeno uno all’anno dal 2003, con il record di otto nel 2012. Avendone disputati 241 in coppia, la media fa un titolo ogni 6 tornei: roba per pochissimi. Fa effetto dare un’occhiata a dove hanno raccolto i trofei: ben 29 in Asia, mentre gli altri 11 sono divisi fra Europa (6, di cui uno in Italia, nel 2007 a Sanremo) e America (4). Il primato l’avevano già superato ad aprile a Gwangju, staccando i 38 di Rik De Voest, mentre a livello di coppia sono in testa da anni. “È sempre bello battere i record – hanno raccontato al sito ATP – e siamo felici di creare qualcosa di nuovo. Ogni volta che giochiamo in Asia ci sentiamo a casa, e siamo fortunati che ci siano molti più tornei rispetto al passato”.



PENSAVANO SERVISSE SEMPRE SONCHAT!
Negli anni i gemelli di Bangkok sono diventati anche uno dei punti fermi della nazionale thailandese di Coppa Davis, che di recente – pur vincendo il doppio – non sono riusciti a riportare nel Gruppo 1, perdendo per 3-2 lo spareggio con Taipei. Nati il 23 gennaio 1982, a quattro minuti di distanza (prima Sonchat, poi Sanchai) sono talmente identici da risultare quasi impossibili da distinguere agli occhi degli appassionati. Almeno Bob Bryan è mancino, un modo per differenziarlo dal fratello Mike c’è. Nel loro caso, invece, nulla. Anche se Sanchai sostiene che riconoscerlo sia facile: è il più pacato e tranquillo dei due, ma in campo si nota poco. Tanto che nel 2007, durante un incontro dell’ormai scomparso Challenger svizzero di Lugano (che vinsero), le lamentele degli avversari portarono il direttore del torneo a chiedergli di indossare polsini di colore diverso: dall’altra parte della rete erano convinti che servisse sempre uno dei due. Oggi sono entrambi numero 101 della classifica di doppio (che, non va dimenticato, è individuale), ovviamente con gli stessi punti, anche se è capitato che qualche volta non abbiano giocato insieme. Per caso, come quando nel 2014 Sonchat ha disputato e vinto un Futures in coppia con Danai Udomchoke, ma solo perché il fratello era infortunato, o anche per scelta. Qualche anno fa decisero di provare per un breve periodo a giocare con altri compagni, ma non ci fu verso e al primo torneo si trovarono uno contro l’altro al primo turno. Un chiaro segnale di come non potesse funzionare. Nel loro palmarès anche 11 titoli Futures e due successi nel circuito ATP: nel 2007 nella loro Bangkok e nel gennaio successivo a Chennai (India).



“VOGLIAMO TORNARE NEGLI SLAM”
Successi a parte, una delle soddisfazioni più grandi i Ratiwatana l’hanno avuta quest’anno, quando si sono guadagnati in extremis un posto alle Olimpiadi di Rio De Janeiro. L’ITF ha contattato la Federazione thailandese cinque giorni prima del via, comunicando che a causa dei vari forfait erano i primi fuori dalla lista. Sono volati in Brasile in fretta e furia, e non è stato un viaggio a vuoto, visto che un altro ritiro gli ha regalato un posto in tabellone. Con i Bryan a casa, per una volta i gemelli del doppio sono stati loro, anche se sorteggio gli ha voltato le spalle, opponendoli subito agli idoli di casa Melo/Soares. Ma nonostante la sconfitta all’esordio sono tornati a casa col sorriso, riscattando la sfortuna del 2008, quando un infortunio dell’ultimo minuto li obbligò a saltare i Giochi di Pechino nella loro annata migliore, che li vide entrare fra i primi 40 della classifica di specialità e fra le prime 10 coppie dell’anno. Insieme hanno vinto anche un bronzo agli Asian Games del 2014, mentre negli Slam non sono mai riusciti a combinare granché: solo un ottavo a Wimbledon in sedici apparizioni. Ma se per i Bryan l’età inizia a diventare un problema, visto che non vincono un Major da ormai due anni, loro si sentono ancora super competitivi. “Ci siamo sempre ispirati ai Bryan, che sono una delle migliori coppie di tutti i tempi. Se non possiamo essere come loro nei tornei più importanti, ci piace farlo a livello Challenger. Anche se nel circuito ATP abbiamo vinto poco, siamo felici di quanto raccolto in tutta la nostra carriera. Chiunque vorrà battere il nostro record avrà bisogno di almeno 10 anni di tempo. Ora cercheremo di dare il massimo per continuare a ottenere grandi risultati nei Challenger, ma ci piacerebbe tornare a giocare nel circuito ATP. L’obiettivo è entrare fra i primi 75, per poter disputare gli Slam. È per questo che continuiamo a giocare nonostante l’età. Amiamo ciò che facciamo”.

ALLA SCOPERTA DEI GEMELLI RATIWATANA
IL SUCCESSO AL CHALLENGER DI KAOSHIUNG
LE SCHEDE DI SANCHAI E SONCHAT