Neanche la vittoria nel torneo più pompato del 2017 lo ha fatto uscire dall'anonimato. È la curiosa situazione di Hyeon Chung, il ragazzo di Corea che poco più di un mese fa si è aggiudicato le Next Gen ATP Finals, con pieno merito, lasciando poco spazio agli avversari. Tuttavia, un mix di fattori stanno ritardando l'esplosione del suo personaggio. La nazionalità, un inglese poco più che scolastico e la quasi totale assenza dai social network sono fattori che nel 2017 fanno la differenza. Hyeon è molto popolare nel suo paese, ma non si può dire altrettanto per il mondo occidentale. Chung non ha un account su Twitter e utilizza pochissimo Facebook. Il suo unico post nel mese di dicembre è arrivato ieri e lo ritrae durante una sessione di allenamento. È appena più attivo su Instagram: per gli standard attuali, equivale a non esistere. Tuttavia, lui dice di non sentirsi solo o isolato. “La vita nel tour mi consente di vedere molti atleti occidentali e asiatici – ha raccontato a ESPN – posso avere rapporti con i miei colleghi e i loro allenatori, dunque non sono solo. Ovviamente mi piacerebbe vedere più tennisti asiatici in futuro”. Per gli italiani resterà il giocatore che ha perso da Gianluigi Quinzi nella finale di Wimbledon Junior, ma per il resto del mondo è un dettaglio trascurabile. L'unico pezzo forte della sua biografia sta svanendo: non si può andare avanti per anni a raccontare che ha iniziato a giocare a tennis perché i genitori avevano pensato che fosse lo sport ideale per fargli migliorare la vista.
LO SCIENZIATO
Ma lui è un tipo riservato, forse anche più di Michael Chang, che pur essendo americano aveva tenuto alta la bandiera del tennis asiatico. Michelino è stato numero 2 del mondo, mentre oggi Chung si trova in 58esima posizione, con un best ranking al n.44. “A dire il vero, pochi pensavano che sarebbe arrivato così in alto – dice Nick Bollettieri, che lo ha visto transitare per un paio d'anni nella sua accademia, dopo che aveva vinto Eddie Herr e Orange Bowl tra gli under 12 – era un po' oscurato da Kei Nishikori”. Ma se il giapponese ha trovato la forza di restare negli Stati Uniti, Chung ha scelto di tornare a casa. In quegli anni, tuttavia, ebbe modo di farsi conoscere dallo staff di Bradenton. Vuoi perché era più estroverso di Nishikori, vuoi per la sua grande professionalità. Per questo, lo avevano chiamato “lo scienziato”, alludendo agli occhialoni che non lo abbandonano mai. Lui è astigmatico e non può stare senza lenti. C'è talmente abituato che ormai fanno parte di lui. Non rappresentano certo una limitazione come qualche lacuna nel suo tennis, come una seconda di servizio non sempre sicura e un dritto che ogni tanto gli scappa via. Ma è un giocatore molto solido: difficile non pronosticargli un futuro da top-10. È ancora un po' indietro perché quest'anno è stato tormentato dagli infortuni, prima ai piedi e poi all'addome. Ha perso sette tornei (tra cui Wimbledon), numero significativo che per un ragazzo in forte ascesa. I periodi di stop, tuttavia, gli sono serviti per lavorare sul piano atletico e provare a limare le lacune tecniche. Dopo l'avventura a Bradenton si è spostato a Suwon e oggi è allenato da Hyun-Joon Suk, ex professionista di medio basso livello.
ACCOGLIENZA ALL'AEROPORTO
In questi giorni, sta rifinendo la preparazione in Thailandia. Meglio lì che a casa, nella più popolosa provincia della Corea del Sud, il Gyeonggi-do, a due passi dal confine con la Corea del Nord. “Non sono preoccupato dalle tensioni con la Corea del Nord – dice – tuttavia spero che si arrivi a una situazione di stabilità in cui non si parli più di guerra”. Il programma missilistico nucleare e gli atteggiamenti aggressivi di Kim Jong-un non possono né devono rappresentare un condizionamento per uno sportivo. Quando si trova a casa, Chung va spesso a trovare l'uomo che tra poco smetterà di essere il miglior coreano di sempre: vincendo un titolo ATP e raggiungendo per due volte gli ottavi allo Us Open, Hyung Taik Lee era arrivato al numero 36 del mondo. I due si vedono, e Hyeon non manca di chiedere consigli e suggerimenti, anche su come fronteggiare la popolarità. “Sono rimasto sorpreso al mio ritorno a casa dopo la vittoria alle Next Gen ATP Finals – racconta – diversi appassionati e giornalisti sono venuti all'aeroporto con il solo obiettivo di incontrarmi. Ho pensato che questo tipo di attenzioni sia uno degli stimoli che spingono i giocatori”. Forse sarà il caso aprire un account Twitter, oppure dedicarsi con più frequenza a Facebook. L'assunzione di un social media manager dovrebbe essere sufficiente. Ce ne sarà qualcuno anche in Corea.