Appartengono alla stessa filosofia di gioco atleti come Alcaraz, Popyrin e Maroszan: quella di un tennis portato al limite, che tuttavia non abbandona esecuzioni di grande tocco. Una filosofia figlia del tempo in cui viviamo…
Quanto visto ieri tra Holger Rune e Alexei Popyrin sulla terra della Grand Stand Arena, è qualcosa difficile da dimenticare. Sotto gli occhi del pubblico romano è andato in onda uno sport di nuova concezione, un tennis in cui la velocità standard dei moderni scambi equivale a quella delle chiusure d’una volta.
Un tennis che al concetto di rischio non associa più forme di prudenza, ma si libera bensí a soluzioni risolute, eseguite sul filo del rasoio e lontane dallo spirito di conservazione tipico di altre visioni tattiche.
Quanto offerto dagli ultimi game del match in questione, è il sunto migliore di epoche recenti, rielaborato in chiave attuale e in fase di rilancio verso il futuro. Un modello tattico di nuovo conio cavalcato da generazioni di esuberanti ventenni che hanno in Alcaraz e Rune gli elementi di punta, subito tallonati da altri, come Popyrin e Morazdan, anch’essi eccellenti prototipi della stessa filosofia di gioco.
Un tennis che, a dispetto della sua potenza, riconcilia l’occhio anche con il sempre amato ‘tocco di palla’, eseguito ad alta velocità e per questo di grande fattura.
Chiudo dicendo che lo stiĺe di gioco è da sempre figlio di culture prevalenti, di modelli espressivi come arte, politica e sport che permeano il sociale. Così se al neorealismo sognante degli anni cinquanta ben si associavano i gesti delicati di Nicola Pietrangeli e Rod Laver, quelli del materialismo moderno sono forieri di preoccupazioni e impongono tutti a procedere a fronte alta e senza paure, seppure al prezzo di qualche finzione.