L’ex numero 1 rilascia un’interessante intervista al Courier Mail. L’antipatia per gli argentini, la riservatezza di Federer, l’ammirazione per Nadal e tanto altro ancora.
Lleyton Hewitt a colloquio con i giornalisti australiani
TennisBest – 24 dicembre 2012
I medici che gli hanno consigliato di ritirarsi, beh, non lo conoscono bene. Non sanno che Lleyton Hewitt ascolta “Eye of Tiger” prima di ogni partita e ha ancora voglia di ruggire, nonostante il matrimonio e la paternità ne abbiano ammorbidito gli atteggiamenti da bullo di periferia. Nel 2013 compirà 32 anni e probabilmente il suo palmares non si arricchirà. I successi a Us Open 2001 e Wimbledon 2002 resteranno gli unici squilli Slam di un giocatore che è stato il più bravo a gestire la transizione tra l’era di Pete Sampras e quella di Roger Federer. Non è un caso che abbia trascorso 80 settimane al n. 1 ATP e sia stato il più giovane numero 1 della storia (è salito in vetta all’età di 20 anni e 268 giorni). Ma vuole togliersi ancora qualche soddisfazione. Al di là dei risultati che otterrà, Hewitt è sempre un buon interlocutore. E’ uno dei pochi che non dice soltanto banalità. In una bella chiacchierata con Robert Craddock del Courier Mail ha parlato a 360 gradi, senza disedegnare giudizi non sempre positivi sui colleghi. Capita raramente che un tennista si esprima con franchezza sugli avversari. Per questo vale la pena riportarla. Ecco le stilettate di Hewitt.
Sul campo trasmetti grande passione, ma alcuni dicono che fuori dal campo sei molto diverso, più tranquillo. Chi è il vero Lleyton Hewitt?
Io sono due persone diverse. Quello che vedete sul campo è naturale. Gioco con il cuore, e ho sempre detto “C’Mon!” soltanto per caricarmi. Fuori dal campo sono molto più timido. Mi limito a frequentare il mio team, la mia famiglia e le persone di cui mi fido.
Se potessi rubare un colpo a qualche altro giocatore del tour, cosa prenderesti?
Per il mio gioco…il servizio di John Isner o quello di Ivo Karlovic. Hanno il miglior servizio del circuito, per me sarebbe fantastico imitarli. Se potessi tenere ogni turno di servizio con la loro facilità, credo che sarei temibile in ogni torneo grazie ai miei colpi da fondocampo.
In passato hai avuto qualche contrasto con i giocatori argentini, vero?
Si, ma è quasi finito tutto. I giovani argentini sono fantastici. Juan Martin Del Potro è uno dei migliori compagni che ho nel tour. Anche Juan Monaco è un bravo ragazzo.
Ma c’è stata un po’ di ruggine con Nalbandian e Chela…
In verità è tutto cominciato con Chela. Quando ho battuto Nalbandian in finale a Wimbledon non c’erano problemi e ci allenavamo anche insieme. Ho giocato con Chela all’Australian Open e mi ha sputato addosso. Era frustrato dal fatto che io esaltassi la folla e dicessi “C’Mon!”. Sul momento io non ho fatto granchè, ma il mio allenatore Roger Rasheed andò infuriato negli spogliatoi da Chela e dal suo allenatore. E’ stato divertente.
E poi?
Qualche giorno dopo ho affrontato Nalbandian nel quarti di finale, era l’Australian Day. Ho vinto i primi due set, ho perso i successivi due e nel cuore del quinto ci siamo scontrati a cun cambio di campo. Non era niente di che, ma Nalbandian si è voltato come per dire: “Cos’hai fatto?”. Avremmo potuto fermarci, ma abbiamo continuato a camminare. Ho vinto 10-8 al quito e da allora non abbiamo mai più parlato.
Hai in programma di farlo?
No, probabilmente non lo farò mai. Non sono un suo grande estimatore. Ho sentito un po’ di storie su di lui. Abbiamo avuto gli stessi fisioterapisti e ci sono state molte cose…una delle mie trasferte più difficili è stata quella in Argentina in Coppa Davis. Fu brutale.
Rivalità come queste ti accendono o ti offendono?
A volte ti accendono di più. Ho giocato alcune delle mie migliori partite in Coppa Davis, fuori casa. Ma è dura quando metà della folla ti sputa addosso.
Molti atleti di lungo corso, quando si ritirano, hanno dolori dappertutto. Farai eccezione?
Probabilmente no. Ho avuto più problemi di buona parte dei giocatori. Pat Rafter aveva problemi nella parte alta del corpo, mentre io ho sofferto ai fianchi, al ginocchio e ora ai piedi.
Qual è stato l’infortunio più serio?
Il piede. Ma ho avuto la fortuna di trovare un ottimo chirurgo a Melbourne. Avevo parlato con quattro o cinque medici in giro per il mondo e mi dicevano che avrei dovuto smettere. Secondo loro, un’operazione mi avrebbe impedito di tornare a giocare. Nessun atleta è tornato a giocare dopo essersi sottoposto a un intervento del genere, ma ho dimostrato che avevano torto.
Cosa puoi dire del doping nel tennis?
Alcuni sono frustrati dal fatto che altri tennisti sono stati trovati positivi una o due volte e poi sono tornati dopo una pausa piuttosto breve. Mariano Puerta, un argentino, ha rovinato il Roland Garros 2005 perché è stato dopato per tutto il torneo e ha eliminato ottimi giocatori. E’ arrivato in finale e ha perso contro Nadal, grazie a dio. Almeno abbiamo avuto un degno vincitore.
Cosa è successo a Puerta?
18 mesi dopo è tornato a giocare. Era già il secondo caso di positività. Tutto questo ha frustrato quelli che fanno le cose per bene.
Novak Djokovic fa le imitazioni di tanti giocatori, te compreso. Lo trovi divertente?
Già…mmm….è un ragazzo divertente, ma non gli sono così vcino. Non facciamo tante nello spogliatoio. Lui trascorre più tempo con i serbi e i croati.
E Roger Federer?
E’ un bravo ragazzo ma nessuno gli sta veramente vicino. Tiene le distanze da tutti. Ma con lui mi sono sempre trovato molto bene.
C’è qualcuno dei top players che ti piace particolarmente?
Si, Rafa Nadal. E’ il mio preferito da guardare, da allenarmici insieme, tutto. Per me è stato impressionante anche solo commentare la sua finale dell’Australian Open contro Djokovic. Rafa aveva problemi fisici a inizio torneo, ma ha giocato una delle migliori partite di sempre. Il suo atteggiamento è impressionante, non si arrende mai.
Tempo fa hai detto che è in grado di intimidire gli avversari ancora prima di colpire la palla, sembra di essere colpito da un bulldog.
Si. Gioca con i suoi tempi. E’ sempre l’ultimo ad alzarsi ai cambi di campo. Anche quando si effettua il sorteggio prima del match ti saltella davanti, poi effettua uno sprint fino alla linea di fondo. C’è un’altra cosa che il pubblico non nota: durante il palleggio di riscaldamento tira più forte di tutti. Crea una presenza importante.
Questo fa la differenza?
Certo. Spesso le partite si vincono e si perdono nello spogliatoi. Gli avversari tengono a mente il riscaldamento e sanno che dovranno sopportare questo martellamento per quattro ore. Sono battuti ancora prima di scendere in campo. Ma a me piace per questo. In sostanza, ti dice che lo devi uccidere per batterlo.
C’è stata qualche partita in cui hai ritenuto che il tuo rivale giocasse il miglior tennis mai fronteggiato, almeno da te?
Si, due volte. Ed entrambe le volte contro Federer. Allo Us Open 2004 non avevo perso un set in tutto il torneo, poi mi ha massacrato in finale. Fu incredibile. Un’altra volta è successo durante una sessione serale all’Australian Open. Non sono mai riuscito a portarlo fuori dalla sua comfort-zone.
Metti grande passione nelle tue partite. Cosa puoi dire dell’attuale situazione di Bernard Tomic?
Per lui è un momento duro. Quest’anno ha avuto un sacco di pressione. Il secondo anno è sempre più difficile del primo, perché finisci sotto l’occhio dei radar. Aveva raggiunto i quarti a Wimbledon quasi furtivamente, ma l’anno successivo tutti sapevano come affrontarlo. Ha sentito la pressione di dover difendere i punti, e questo lo ha messo in difficoltà. Per lui sarà importante schiarirsi la mente e lasciar parlare la racchetta.
Sei certo che ce la farà?
E’ già lì. E’ numero 50 del mondo. Non so dove arriverà, ma la cosa buona è che ci sono pochi giovani in grado di emergere. Io sono entrato nel tour a 16 anni, Nadal a 15. E poi Gasquet, Safin, Federer…adolescenti in grado di raggiungere la seconda settimana degli Slam.
Sei conosciuto per avere un’ottima conoscenza dei tuoi avversari. Deve essere positivo, ma non deve essere piacevole pensare di affrontare Federer per la 22esima volta!
Si, A volte senti che lui ha una risposta per tutto. E’ il più duro da affrontare perché ha un gioco molto vario. Altri tennisti hanno dei punti deboli che puoi individuare con precisione. Se il rovescio di Roger non funziona, lui inizierà a tirarlo in slice. E il suo rovescio in slice è il migliore al mondo.
Sei un po’ preoccupato per le sorti della Coppa Davis australiana?
Un po’ si. E’ lo stesso pensiero di Pat Rafter. Gli ho detto che sono disponibile per tutti i match che vuole, ma per me è dura giocare tre giorni di fila, specie sulla terra rossa e dopo un intervento chirurgico. E’ un problema. Stiamo provando a far crescere James Duckworth, Ben Mitchell, Matt Reid…qualche ragazzo c’è, ma non hanno ancora effettuato il salto di qualità.
Di solito i giocatori hanno un idolo. Tu?
Nessuno in particolare. Mi piaceva Pat Cash e amavo Mts Wilander. Andavo all’Australian Open con i miei genitori e vedevo il tifo degli svedesi per lui. Poi ho notato qualche somiglianza tra il mio stile di gioco e il suo.
Cosa ti ha aiutato a giocare così a lungo?
Non una cosa in particolare, ma la programmazione. Non ho mai giocato tanti tornei. Anche quando ero numero 1 al mondo avevo un programma limitato. Ho sempre giocato i tornei in cui pensavo di poter fare bene. Nella prima parte della carriera non ho avuto grandi infortuni. Negli ultimi quattro anni mi sono sottoposto a cinque interventi chirurgici.
Sei ancora nervoso?
Assolutamente. Ma è una cosa buona. Significa che ci tengo molto.
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