A Bunabhainneadar, piccolo villaggio dell’isola di Harris, nel nord della Scozia, si può giocare nel più costoso e remoto campo da tennis del mondo. In uno scenario naturale sorprendente.

Si arrampicano oltre la collina e guidano oltre la recinzione che impedisce il passaggio del bestiame. Poi frenano all’improvviso, colti da stupore. Alcuni fanno marcia indietro per dare un’occhiata in più. Scendono, gattonano e restano impietriti davanti al cancello, per leggere i dettagli del luogo. E tutti, ma proprio tutti, scattano almeno una foto.

Ma qui arriva la parte curiosa: se cliccate su Google e digitate “Harris Tennis Court” vi compariranno dozzine di bellissime foto. Affascinanti, ma con un piccolo particolare: non c’è mai nessuno. In campo, dico. Anche se ho visto decine di turisti fotografarci mentre scambiavamo quattro palle. Ma niente: nelle foto pubblicate su Internet non c’è mai nessuno. Perché?

Credo che la risposta stia nell’amore della gente per l’insolito. Ed è certamente più interessante mostrare questo bizzarro campo da tennis, piazzato nel bel mezzo del nulla, totalmente disabitato. Come fosse un luogo fantasma, catapultato sul nostro pianeta da maliziosi extraterrestri con un curioso senso dell’umorismo.

Ma quello che vedete sul web, non è la realtà. Il campo da tennis di Bunabhainneadar a Harris è certamente bizzarro, spesso indicato come il “più remoto campo da tennis del Regno Unito, se non del mondo”. Tuttavia, non è disabitato. Nè di inverno, né d’estate, domenica a parte. E, beninteso, ci giocano essere umani, non extraterrestri!

Il campo è stato utilizzato da bambini e pensionati, da normodotati e disabili. Un uomo ha guidato sin dall'Italia pur di giocarci e quattro amici sono volati appositamente dall'Argentina per farsi una partita. In realtà, gli utilizzi sono ben più diversificati rispetto a quanto fosse previsto nel 1994, quando si sono messi in moto i piani per la costruzione. Quell'anno, io e mia moglie Peggy abbiamo partecipato al Lewis & Harris Sports Festival. Preso in prestito l'hangar dell'aeroporto di Stornoway e dipinto un campo da tennis sul calcestruzzo, abbiamo aspettato le prime iscrizioni, immaginando che arrivassero da Stornoway e dalle zone circostanti. Siamo rimasti sorpresi, dunque, nel riceverle dalla famiglia Mackinnon a Scadabay. I bambini di casa erano fanatici di tennis e giocavano su un campo di fortuna con una rete da pesca. Fecero bene al torneo e uno di loro, l'11enne Colin John, arrivò fino in fondo. I giovani Mackinnon erano esaltati e supplicarono di avere un campo vero e proprio per allenarsi. Forse era arrivato il momento, pensammo, di capire se erano i soli ad avere questa necessità o se ci fosse qualcun altro. Interrogammo la gente del posto: si, dovevamo costruirlo. Abbiamo istituito un ente di beneficenza, Buna Limited, per lanciare e presidiare il progetto, e ci siamo lanciati. Fortunatamente, l'allora proprietario della North Harris Estate, Jonathan Bulmer, fu molto collaborativo: ci ha venduto il terreno per un penny!

Questa è stata la parte più semplice. I costi per la costruzione erano sempre più elevati e alla fine una sola società, oggi denominata Ecosse Sports, di Edimburgo, si interessò al caso. Il conto finale sarebbe stato di oltre 60.000 sterline: il campo da tennis più costoso al mondo, secondo quanto scrisse la stampa al momento della sua apertura. Abbiamo raccolto una parte del denaro attraverso le donazioni, con 32.000 sterline provenienti dalla Lottery Sports Fund, 10.000 dalla Fondazione per lo Sport e per le Arti e 2.000 dalla Hugh Fraser Foundation. Il resto è arrivato da donazioni personali di parenti e amici, conoscenti e loro conoscenti. Ma una buona fetta arrivò dalle persone che avevano il tennis tra le loro passioni. Abbiamo preso in prestito i Red Books dalla biblioteca di Tarbert e abbiamo cercato tutto quelli che giocavano a tennis. Tutti, nessuno escluso. Alla fine avevamo una lista di più di 500 persone e le abbiamo contattate. Non esistevano ancora le mail e il fax era poco pratico. Così abbiamo scritto delle normali lettere. Cinquecenti lettere. Abbiamo offerto loro l'associazione all'Outer Hebrides Tennis Club per un minimo di 50 sterline. Alcuni hanno inviato 5 sterline, altri ne hanno inviate 50: a questi abbiamo rapidamente inviato un certificato di appartenenza e una tessera (alcuni membri dell'OHTC sono molto famosi, ma vogliono restare anonimi e abbiamo promesso di rispettare i loro desideri). Una manciata di loro, molto gentili, hanno inviato molto di più del minimo richiesto, e dopo due anni abbiamo raccolto la cifra richiesta. Il campo sarebbe stato costruito.

Due tonnellate di roccia sono state trainate e utilizzate come base. Il campo è stato sistemato, così come le recinzioni e il padiglione. Sembra facile, quando lo scrivi così. Ma è giusto ricordare le tempeste di neve che hanno bloccato gli operai nel loro bed and breakfast. E' giusto ricordare gli spaventosi problemi logistici e lo spettro di un aumento dei costi. Ma alla fine, nel maggio del 1998, il campo è stato finalmente inaugurato e la notizia ha subito ricevuto grande attenzione sui media, con spazi sui giornali e copertura radio e tv. Naturalmente, in 16 anni la situazione si è calmata; ancora oggi dobbiamo raccogliere i fondi per rifare il manto, ogni otto anni o giù di lì. Questo mese di marzo abbiamo speso 7.000 sterline e per farlo dobbiamo contare su tanti appassionati. Colin John Mackinnon, piccolo e paffuto vincitore nel 1994, oggi è un signore massiccio che gestisce una banca a Eastbourne, Sussex, nel cuore del sud-est inglese, dove gioca e frequenta l'esclusivo John Lloyd Centre. Ma ama giocarsi una partita al Bunabhainneadar ogni volta che torna a casa. Si augura soltanto che le foto che lo ritraggono giocare qui appaiano sul web: perché è sempre dura convincere i suoi compagni di Eastbourne che qualcuno utilizza, per davvero, quello strano e famoso campo nell'isola di Harris.

Post scriptum: per la gioia dei Briggs, è ora possibile scovare qualche foto di appassionati che giocano all’Harris Court. E anche Judy Murray, mamma di Andy, non ha resistito alla tentazione di scambiarci qualche palla.