Le motivazioni della sentenza di squalifica a nove mesi comminata a Simona Halep presentano preoccupanti analogie con la linea presumibilmente scelta dalla Wada per il caso Sinner

foto Ray Giubilo

Lunedì 14 ottobre sono state pubblicate dal Tas di Losanna le motivazioni relative alla squalifica a nove mesi di Simona Halep. In particolare, come riporta Marco Bonarrigo sul Corriere della Sera, tra i passi 227/233 si legge che “Nell’utilizzare il prodotto che le ha procurato positività all’antidoping, si è affidata completamente alla sua fisioterapista personale, che non è un medico o un clinico”. E ancora “La questione che questo Panel del Tas si pone è come mai in un ambiente di così elevata professionalità questioni legate a possibili problemi con l’antidoping siano affidate a persone che non abbiano esperienza in questo settore…”.

La vicenda di Simona Halep è senza dubbio più intricata e complessa di quella che coinvolge Jannik Sinner – squalifica dapprima a quattro anni comminata per la positività all’antidoping causata dal Roxadustat allo Us Open 2022 e la successiva infrazione riscontrata al passaporto biologico – ma le parole utilizzate, la giustificazione di cui il Tas si serve per spiegare la condanna, qualche brivido ce lo procurano.

La motivazione con cui il Tas di Losanna ha ridotto da quattro anni a nove mesi la squalifica lascia perplessi per il semplice fatto che, di tutte le accuse imputate alla ex numero uno del mondo, l’unica in definitiva considerata meritevole di sanzione è “l’incauto utilizzo di un integratore contaminato”. Da qui il legame con il caso Sinner, che rende probabilmente più comprensibili le mosse della Wada.

Nonostante le notevoli differenze – nel caso della Halep la colpa è stata data a un integratore contaminato somministratole dalla sua fisioterapista -, nelle motivazioni si sottolinea come non è concepibile che un atleta ai vertici della classifica mondiale, posizione da cui ci si attenderebbe il massimo della professionalità, possa affidare la responsabilità dell’uso di prodotti a rischio positività a professionisti che non hanno alcuna competenza in materia. Nel caso di Sinner, questo forse potrebbe valere per Giacomo Naldi, il fisioterapista che ha eseguito il massaggio incriminato, ma difficilmente per il preparatore atletico Umberto Ferrara, laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche.

E il sospetto che la linea della Wada si ispiri alle motivazioni della sentenza Halep è concreto.