La leggenda brasiliana, tre volte vincitore del Roland Garros, è accusata di frode fiscale: nel quadriennio fra il 1999 e il 2002 avrebbe pagando il 7,5% di tasse in meno sugli introiti legati ai diritti d’immagine, dichiarandoli come persona giuridica e non come persona fisica. “Assurdo”, la replica di Guga, recentemente tedoforo alle Olimpiadi di Rio. Il legame fra fisco e sport è spesso molto stretto. Non solo perché alcuni campioni del mondo sportivo sono fra i maggiori contribuenti al mondo in qualità di persone giuridiche, grazie ai ricchissimi guadagni dovuti a montepremi e contratti di sponsorizzazione. Ma anche perché non è affatto una novità che molti vengano colti in flagrante, nel tentativo di pagare meno tasse del dovuto. L’ultimo a essere finito nell’occhio del ciclone è Gustavo Kuerten, l’ex tennista brasiliano tre volte vincitore del Roland Garros, e capace di rimanere in vetta alla classifica ATP per 43 settimane complessive, fra il dicembre del 2000 (quando soffiò la leadership a Marat Safin grazie al successo al Masters) e il novembre dell’anno successivo. Secondo il Consejo Administrativo de Recursos Fiscales, l’equivalente brasiliano della nostra agenzia delle entrate, il 40enne di Florianopolis avrebbe evaso parecchi soldi nel quadriennio che va dal 1999 al 2002, dichiarando come persona giuridica – grazie a una società fondata nel 1995 – gli introiti legati ai diritti d’immagine, che invece avrebbe dovuto dichiarare in qualità di persona fisica. Un “giochino” che gli avrebbe permesso di pagare al fisco brasiliano il 7,5% in meno di tasse (dal 27,5% al 20%), e a una quindicina d’anni di distanza gli è costato una multa di sette milioni di reais brasiliani, l’equivalente di poco meno di due milioni di euro.
 
Questa sentenza è vergognosa”, ha detto “Guga” in un comunicato, dopo essersi visto respingere il ricorso presentato proprio al CARF. “Se avessi voluto utilizzare la mia persona giuridica per beneficiarne fiscalmente, sarebbe stato molto più semplice trasferirmi fuori dal Brasile, come per esempio a Monte Carlo (pratica comune a tanti colleghi, anche se pare che a vivere sul serio del Principato di Monaco siano Djokovic, Bolelli e pochi altri) o in altri stati che presentano agevolazioni fiscali. La decisione è assurda: io ho sempre pensato di portare tutti i miei soldi in Brasile e di investirli nel mio Paese”, ha ribadito, sottolineando di aver sempre dichiarato in qualità di persona fisica tutti i montepremi incassati in carriera, pari – secondo il sito ATP – a quasi quindici milioni di dollari. “Purtroppo, vista la sentenza, siamo obbligati a continuare ad appellarci alla sanzione in altre mesi, per dimostrare la verità e lasciare anche un esempio a qualsiasi atleta desideri costruirsi una carriera di successo”.