In questo momento può dire quello che vuole. Ma è significativo che Andy Murray abbia attaccato la sua federazione nel momento del trionfo. Lui stesso ha definito il successo in Coppa Davis ancora più emozionante di quelli a Wimbledon e alle Olimpiadi. La doccia fredda, nel delirio britannico, è arrivata parlando del futuro. Capitan Leon Smith, in perfetto politichese, si augura che questo successo possa ispirare le nuove generazioni del tennis britannico. Ma Murray si è domandato: “Io non so dove siano le nuove generazioni. Non viene fatto nulla e non mi va di sprecare il mio tempo”. A ben vedere, lo scozzese non ha parlato con i vertici LTA sulla questione, nemmeno con l'amministratore delegato Michael Downey, che un paio d'anni fa ha preso il posto di Roger Draper, la cui gestione è stata tanto fallimentare quanto proficua (guadagnava quattro volte tanto rispetto a un ministro!). “Non ho parlato di questo argomento con nessun dirigente – ha detto Murray – è deludente non avere junior nei tornei del Grande Slam, perché in questo siamo sempre stati forti. Non è l'ideale”. Da parte sua, Downey (scippato a Tennis Canada, dove aveva ottenuto risultati straordinari), si è limitato a dire che il successo in Davis potrebbe essere fondamentale nell'avvicinare più giovani possibili al tennis. Il weekend di Ghent non ha sancito soltanto vittorie per lo scozzese: già alla vigilia c'era stata una polemica a distanza con John Lloyd, ex capitano (invelenito?) che aveva criticato Murray e gli altri giocatori per non dedicare tempo e attenzione allo sviluppo del tennis britannico.
CENTRO TECNICO DESERTO
Murray l'aveva liquidato in fretta, quasi come un fastidio. Dopo il trionfo è entrato più nello specifico. “In questo momento preferisco concentrarmi sulla mia carriera. Quando avrò smesso di giocare avrò più tempo a disposizione per provare a dare una mano e restituire qualcosa di quanto ricevuto – ha detto Murray – in questo momento devo provare a vincere il più possibile”. Lo scozzese ha poi raccontato alcuni episodi che certificano il suo umore così così. A ottobre, dopo il Masters 1000 di Shanghai, ha fatto un salto al Centro Tecnico di Roehampton. E non ha trovato nessuno. “Ci sono andato un lunedì alle 15, e il giorno dopo alla stessa ora. Non c'era nessuno a giocare nei campi coperti e nessuno in palestra. Ho scattato delle foto perché questo posto costa 40 milioni e non c'era nessuno”. La famiglia Murray è particolarmente coinvolta nei progetti federali, poiché mamma Judy ha messo in piedi un programma di sviluppo (oltre ad essere capitana di Fed Cup). Secondo Leon Smith, mamma Murray ha bisogno d'aiuto perché non può fare tutto da sola. In particolare, si occupa di due progetti: “Miss Hits”, dedicato alle bambine dai 5 agli 8 anni, e “Tennis on the Road”, specifico per la Scozia. Leon Smith ha ottenuto grandi risultati con la Davis (grazie a Murray, certo), ma è coinvolto a 360 gradi nei progetti federali. “Spero che arrivino al più presto strategie incisive non solo per portare i ragazzi in campo, ma soprattutto per farli continuare. Dobbiamo offrire buoni club e buoni allenatori. Spero che questo successo abbia una ricaduta positiva”. Di certo è il primo grande test per la gestione Downey, visto che Draper saltò anche perché il numero di praticanti era incredibilmente sceso dopo il successo di Murray a Wimbledon, nel 2013. Il primo semestre del 2015 aveva dato segnali positivi. Ma le cose da migliorare sono tante: ad esempio, il numero di giocatori di buon livello: dietro Murray fatica a crearsi un movimento, mentre il Centro Tecnico di Roehampton è un po' allo sbando: non ci sarà un direttore tecnico a tempo pieno fino alle Olimpiadi, e gli stessi campi sono in cattive condizioni. Diversi giocatori sono riluttanti a giocare su quelli in terra perché hanno paura di farsi male. Insomma, la Davis luccica. Ma dietro c'è tanto da fare. Se Judy Murray non avesse procreato negli anni 80, beh, ci si domanda in che condizioni sarebbe il tennis britannico…