Promettente «prima» ai tempi di Panatta & Co., Fabrizio nel momento apparentemente più felice della sua carriera è caduto nel tunnel dell’eroina. A salvarlo è stata anche la passione per il suo sport, e oggi è lui il cuore della «Reunion» che a Grado riunisce tanti protagonisti degli anni ’70 e ’80
Fabrizio, raccontaci dei tuoi inizi
«Ho iniziato a giocare a tennis all’età di 10 anni a Grado sotto la guida di mio nonno Quirino Salvador, fondatore insieme ai mitici maestri Alberton, Beretta ed altri, della ormai defunta Associazione Italiana Maestri. Subito ho cominciato a vincere tutti i titoli regionali del Friuli Venezia Giulia (non fu difficile) e sono entrato presto nel giro della Nazionale Giovanile. Ho vinto i Campionati Italiani Juniores di doppio in coppia con Flavio Mazzocchi e sono arrivato finale ai Campionati Italiani di terza categoria perdendo contro Vittorio Magnelli e vincendo il titolo in doppio con Graziano Risi».
A questo punto hai cominciato a pensare seriamente al tennis….
«In seconda ho scalato rapidamente la classifica di categoria vincendo alcuni tornei storici fra cui Genova e Brescia. A fine stagione raggiunsi la semifinale ai Campionati Italiani di seconda categoria cedendo a Fabio Moscino. Passato in prima categoria all’età di 21 anni mi si prospettava quindi una buona carriera, nonostante davanti a me ci fossero i 4 moschettieri Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli che spopolavano in Europa vincendo Roma, Parigi e la Coppa Davis. Feci finale in doppio agli Assoluti in coppia con Massimo Rivaroli perdendo da Vattuone e Marchetti ed in misto con Annalisa Pesce cedendo nuovamente in finale dalla più quotata coppia Maria Nasuelli e Marco Gilardelli.
Un ricordo indelebile?
«Ho avuto il privilegio di giocare contro Yannick Noah in un “satellite” in Puglia e l’onore di aprire la serata inaugurale dell’Indoor di Bologna di fronte a migliaia di spettatori, l’incontro precedente l’ingresso di John MacEnroe. Sempre a Bologna io e Mazzocchi perdemmo contro Zugarelli ed Haillet»
E a questo punto brillante della tua carriera capitò qualcosa.
«Purtroppo la mia vita di giovane professionista prese una strada totalmente sbagliata e, sembrerà assurdo, ma, senza quasi accorgermene, mi feci coinvolgere nel mondo della droga. Droga pesante: eroina! Amicizie sbagliate, contesto storico e una debolezza culturale associata ad una curiosità per il proibito. Un po’ tutto l’insieme fece sì che cominciassi un lungo, penoso, autodistruttivo cammino verso l’annullamento della mia vera ed unica passione, il tennis. L’auto esclusione da un mondo che amavo, ricco di emozioni, amicizie, primi amori, genitori e fratelli. Oltre a ciò, una serie infinita di incidenti stradali, rischi di overdose, tentativi di riabilitazione».
Però la grinta per uscirne fuori l’hai trovata…
«Anni di comunità di recupero e psicoterapia, hanno fatto sì che a 40 anni, grazie all’amore ed al sacrificio di una delle donne più importanti della mia vita e soprattutto della mia residua voglia di vivere, riuscii miracolosamente a venirne fuori e a riprendere la mia passione ed il senso della vita. Dopo essermi diplomato Maestro di Tennis, ora gestisco con amore un grazioso circoletto di tennis in riva al mare di Grado coinvolgendo in corsi di gruppo e lezioni bambini ed adulti. Inoltre, insieme a mio fratello Luca, curo il Bed & Breakfast di famiglia che ci dà tante soddisfazioni».
Hai anche voluto riunire gli amici
«Una delle cose più belle di questo ultimo periodo di “rinascita” è stata quella di inventarmi una “chat” denominata David Tennis Reunion che mi ha fatto ritrovare i vecchi amici tennisti che mai avrei più pensato di ritrovare. Da alcuni anni, qui a Grado, insieme all’amico Franco De Ambrogio, organizziamo un incontro di due giorni di ex tennisti del nostro tempo in cui il gioco, il divertimento e la condivisione sono le basi. Grazie anche a tutti loro sono tornato ad essere il “vecchio” Fabrizio David. Viva il tennis e viva la vita!»