Lo svizzero è finito in copertina sul magazine Annabelle: pochissimi uomini c'erano riusciti prima di lui. E durante l’intervista ha svelato alcuni aneddoti decisamente gustosi…
TennisBest – 23 aprile 2014
Sarebbe interessante conoscere il numero esatto di interviste concesse da Roger Federer nella sua lunga carriera. Tra esclusive, conferenze stampa, radio e TV, il numero totale sarà certamente a quattro zeri, forse cinque. Tuttavia, il campione svizzero riesce sempre ad essere piacevole, su ogni argomento. Una buona occasione per conoscere il Federer-Pensiero è stata la copertina che gli ha dedicato il magazine svizzero Annabelle, rivista con quasi 80 anni di storia in cui la prima pagina è quasi esclusivamente riservata alle donne. Per intenderci, uno dei pochissimi uomini ad ottenerla era stato Federico Fellini. “Per me è un grande onore” ha detto Federer durante l’intervista, effettuata lo scorso febbraio presso l’Hotel Valbella Inn, nella località dove possiede una casa. La cover story si è sviluppata in un’intervista piuttosto lunga che ha fatto scoprire alcuni lati (ormai sono sempre meno…) sconosciuti del campione svizzero, recentemente finalista a Monte Carlo. Ecco una selezione delle frasi più interessanti di un dialogo a cui si è presentato a piedi, senza particolari precauzioni per la privacy. “Ma lo posso fare soltanto in Svizzera, dove la gente è molto rispettosa anche se sono sulla bocca del 99% delle persone”.
“Sono ancora sorpreso dalla portata della mia popolarità. Di recente sono stato in Etiopia per un evento della mia fondazione benefica, e tante persone mi hanno avvicinato sull’autobus oppure in mezzo alla strada. Quando ho fatto la tournèe in Sud America, 150 persone si sono assiepate fuori dal mio hotel”.
“Ho capito di essere diventato veramente famoso quando ho vinto Wimbledon nel 2003. Quel momento ha cambiato la percezione che gli altri avevano di me. Non sono diventato una star planetaria a 17 anni come Boris Becker”.
“Quando vengo riconosciuto è sia un piacere che un fastidio. A volte incontro persone che sono nervose o esaltate. Io provo ad essere sempre calmo, ma capita che qualcuno esageri con le richieste. Un po’ di privacy andrebbe rispettata”.
“Il mio logo RF è stato oggetto di alcuni tatuaggi sul braccio, ma non solo. Ad esempio, durante la trasferta di Coppa Davis in Serbia ho notato qualcuno che ce l’aveva sul braccio. In Sud America, invece, c’era chi si era tatuato addirittura il mio volto sul petto”.
“Credo che un giorno la mia popolarità scenderà. Lavoro con Stefan Edberg: dopo il ritiro ha concesso poche interviste, non fa più pubblicità e la sua vita si è calmata. Per me è un pensiero piacevole, non mi dispiacerebbe fare come lui. In passato mi è capitato di andare con cappello e occhiali da sole al supermercato, ma non fa parte del mio modo di essere”.
“I miei idoli d’infanzia? Boris Becker, Stefan Edberg, Pete Sampras, Michael Jordan e Shaquille O’Neill: di quest’ultimo avevo il poster a grandezza naturale”.
“Quando ho battuto Sampras a Wimbledon è stato molto strano. Era la mia prima volta sul centrale e ho sconfitto l’uomo che era stato la mia più grande ispirazione. Non sapevo neanche come stringergli la mano. Qualche tempo dopo, Borg mi ha ringraziato tra il serio e il faceto perché gli ho consentito di tenere in vita ancora per qualche anno il suo record di cinque vittorie consecutive a Wimbledon”.
“Il più grande equivoco con la stampa? Una volta mi chiesero come avevo speso i primi soldi guadagnati con il tennis, e il giornalista scrisse che avevo comprato una Mercedes. Mia madre si infuriò, le dissi che non avevo detto nulla del genere. Chiamammo il giornale e risentimmo la registrazione. Avevo detto che avevo comprato alcuni CD: il giornalista si era sbagliato”.
“Oggi ascolto un po’ di tutto, dai musical al jazz. In passato ho ascoltato anche gli AC-DC e i Metallica. Era il periodo in cui mi allenava Peter Lundgren: è stato lui ad avvicinarmi all’hard rock".
“C’è stato in cui ero un po’ ribelle, in particolare con il look, ma sono sempre stato molto disciplinato. Quando i miei genitori mi dicevo di tornare a casa a mezzanotte, dovevo farlo. Se tardavo di 10 minuti, scattava la chiamata. Si può dire che fossi già un professionista”.
“Onestamente non ho mai avuto un piano B se avessi fallito con il tennis, ma visto che sono una persona molto aperta, credo che avrei sicuramente trovato qualcosa da fare”.
“A scuola non ero uno studente top, diciamo nella media. Il problema era la concentrazione, perché trascorrevo tutto il mio tempo su un campo da tennis. Il pensiero logico non era il mio forte, ma per me è sempre stato tutto una questione di motivazioni”.
“Una volta ho chiesto alla figlia di Marco Van Basten cosa aveva significato avere un famoso calciatore come padre. Le mi disse: ‘Pensavo che tutti i padri fossero famosi’. Ecco, credo che al momento le mie figlie pensino lo stesso”.
Post correlati
Grazie Rafa, modello di talento e intelligenza
Un campione unico, buono, intelligente, amato da tutti, fan e avversari, anche il suo più grande foto Ray Giubilo...