Il Centrale del Foro Italico alle prese con uno dei problemi di Roma: le buche. Uno scivolone che potrebbe vanificare gli sforzi compiuti per crescere. L'evento può essere curatissimo, ma se non funziona il campo… Cos'è successo? Il parere di un super esperto.La riflessione parte da una delle ultime frasi del nostro interlocutore. “La manifestazione nel contorno può essere curata nei minimi dettagli, ma è il campo la prima cosa a dover funzionare”. Lui è Michele Corsiero, titolare di Red Plus e grande esperto di superfici, terra rossa in particolare. In effetti è il campo dove i giocatori si contendono punti e gloria, ed è anche l’unica parte (o quasi) che finisce in televisione, quindi in tutto il mondo. Ergo, se va male quello, agli occhi di chi guarda e dei giocatori è come se andasse male tutto il torneo, anche qualora i servizi fossero i migliori possibili. Per questo, gli Internazionali BNL d’Italia non hanno fatto una bella figura, cadendo nelle buche, una delle (spiacevoli) peculiarità della città eterna. Senza tirar fuori il solito discorso su quinto-Slam, mini-Slam e affini, è visibile a tutti la grande crescita che c’è stata negli ultimi anni e sicuramente ci sarà anche nei prossimi, ma scivolare sul campo significa vanificare la gran parte dell’impegno per migliorarsi. Novak Djokovic è stato chiaro: per Roma ha sempre speso parole d’amore, ma al termine della semifinale ci è andato giù pesante, dopo aver anche cambiato le scarpe nella speranza di trovare un po’ di grip in più. Niente da fare, la colpa non era delle sue Barricade. “I campi di Roma non sono all’altezza degli altri Masters 1000 – ha detto – c’è il rischio di infortunarsi, è pericoloso. Bisognava cercare di coprire quelle buche in tempo. Quando il torneo è iniziato ci si può fare poco”. Sulla stessa lunghezza d’onda Roger Federer, che in campo ha rischiato una caviglia nel primo set, e poi ha preferito non forzare i movimenti su qualche contropiede di Wawrinka. “Scendiamo in campo con la paura di farci male, speriamo che la situazione possa cambiare”. Ma ormai è tardi. Il problema delle buche sul Centrale è stato evidenziato già al secondo turno da Nicolas Almagro, e pareva essersi risolto, ma poi si è ripresentato nel momento più importante.
CAMPI PREPARATI SOLO TRE SETTIMANE PRIMA
Sfortuna? Solo in parte. La causa principale è un’altra: i campi sono stati preparati appena tre settimane prima del torneo. Troppo poco. Non siamo riusciti a farcelo dire dai responsabili, introvabili, ma ci fidiamo delle parole di Djokovic e ancor di più di quelle di Corsiero, che dopo una cinquantina d’anni sui campi – prima come maestro e poi come produttore – ne sa sicuramente più di noi. “In un torneo di questo livello – spiega – il campo si deve preparare almeno un mese e mezzo prima, così che abbia tutto il tempo per assestarsi in maniera graduale. Bisogna giocarci sopra, fare una serie di processi che lo portino a stabilizzarsi. Non si può pretendere che sia pronto in così poco tempo: il campo va rullato, va calpestato, va vissuto, per valutarne eventuali problemi e correggerli in tempo. Si vede che quel campo non sta insieme”. Ci racconta che la società francese che prepara i campi a Monte Carlo, Madrid e Roland Garros (in sintesi gli altri grandi tornei sul rosso) lo fa con due o tre mesi di anticipo, così da accompagnare i campi alle condizioni ideali. Ma c’è anche un problema strutturale che parte da ancor più lontano. “Una volta c’era il culto dei campi in terra battuta, ora la situazione è un disastro. I veri campi non esistono più. Cambiando superficie tante volte nel corso dell’anno, i giocatori vogliono campi più simili possibili fra loro, tanto che nella mescola utilizzata per la lavorazione viene inserito anche un materiale simile al cemento, in modo che diventino subito duri. Ormai sotto lo strato di terra superficiale, i campi sono lastre di marmo”. In effetti, basta vedere quando vengono bagnati: gli addetti devono farlo in maniera rapidissima, per evitare che il terreno di gioco si riempia di pozze. “Esatto, e cosa significa? Vuol dire che la crosta superiore è talmente dura da non assorbire l’acqua. È sbagliato: il campo in terra battuta deve ricevere tanta acqua e bersela tutta, in maniera graduale".
UN PROBLEMA DIFFICILE DA RISOLVERE (ADESSO)
Ma ora che, pur non avendo creato particolari danni (leggi infortuni), il problema c’è e va risolto, come ci si può muovere? Per il prossimo anno il consiglio è quello di lavorare sui campi con maggiore anticipo, magari usando il Centrale già per qualche match delle pre-qualificazioni. E per evitare nuove figuracce nel corso delle finali? Ora risolvere la situazione non è per niente facile, e l’ideale sarebbe una lavorazione che nel complesso richiede circa cinque ore. Corsiero ce l’ha spiegata nel dettaglio. “Se il problema è una zona circoscritta di circa un metro per un metro, come pare, conviene tentare una lavorazione di questo tipo: togliere due o tre centimetri di materiale da quella zona, poi impastare del sottomanto con dell’acqua, come una sorta di calce, creando un materiale liquido e colloso da colare nella zona della buca. Automaticamente, questo catalizza la terra battuta e la fissa. So che sembra incredibile, verrebbe da pensare che usando l’acqua il campo non si assesterebbe mai, invece è l’esatto contrario. Nel giro di due o tre ore la situazione dovrebbe risolversi”. E se tutto questo tempo non ci fosse? “Si può usare il metodo tradizionale: togliere almeno 2 centimetri di terra, bagnare abbondantemente la zona, e quando la terra si asciuga passarla ripetutamente col il rullo, così da compattarla”. Sembra ci abbiano provato, ma senza grandi risultati. Forse l’anno prossimo conviene pensarci prima, o magari consultarsi con la società francese che cura gli altri grandi eventi sul rosso, o magari fare un colpo di telefono a chi ne sa di più, come avvenuto da Brindisi in occasione della Fed Cup. “Ci hanno chiamato in extremis – chiude Corsiero – chiedendoci della terra e dei consigli su come muoversi. Una gestione allucinante”. Avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, invece non è servito. Ma di fronte alle lamentele di Djokovic e Federer non si può più tirar dritto.
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