WIMBLEDON – Giocare senza tenere conto dell'avversaria può essere un rischio. A volte te la fanno pagare: è successo a Camila Giorgi, punita in due set da Alison Riske. Non abbiamo più giocatrici nel tabellone femminile.
Di Alessandro Mastroluca – 26 giugno 2014
Camila si prepara a rispondere. Si mette molto esterna, con il piede sinistro che tocca la linea laterale. Alison Riske lancia la palla e Camila fa due passi avanti. La prima dell'americana è potente e centrale, all'incrocio delle righe. Camila si allunga, tocca ma non riesce a rigiocarla. Gioco, partita, incontro Riske, 7-5 6-2. Nell'ultimo punto c'è il segreto di Pulcinella di una partita che ha seguito uno schema tattico, uno sviluppo strategico perfettamente prevedibile. Che rispondere così dentro il campo contro la ex n. 1 junior sarebbe stato un rischio, al di là del perdonabile gioco di parole, non è certo una novità. Era quantomeno ipotizzabile che le chance di Camila sarebbero dipese da una questione di centimetri, dal non varcare la linea oltre la quale l'aggressività in risposta smette di essere un vantaggio. “Oggi ho avuto problemi di mobilità – ha detto Camila – le gambe non giravano veloci come sempre, sin dall'inizio del match. Quest'anno sto giocando molto di più, devo imparare ad essere più consistente, più continua”. Ma Camila non è giocatrice da adattarsi all'avversaria. Camila porta negli occhi e nell'atteggiamento la fierezza di chi vuole che siano le altre a cambiare il loro gioco in funzione del suo, l'orgoglio di chi ha fatto di “I did it my way” il suo paradigma di vita e di tennis.
“I DID IT MY WAY”
“I did it my way”, però, può portare fino a un certo livello, può nutrire l'ambizione a lungo ma non per sempre. Perché “fare le cose a modo mio” vuol dire anche accettare la possibilità di perdere partite come quella di oggi, se l'avversaria è in giornata al servizio. Ma una giocatrice che quest'anno ha battuto tre top-10 su tre, che prima del quarto a Eastbourne con Caroline Wozniacki non aveva mei perso da una top-20 nel 2014, può nutrire ambizioni più elevate che rimanere una “giant-killer” tra la 30ma e la 50ma posizione. Ambizioni che, tuttavia, richiederebbero di trovare, se necessario, un modo diverso di vincere queste partite contro avversarie in giornata al servizio ma in difficoltà non appena lo scambio si allunga. I numeri in questo caso raccontano bene la storia della partita, un secondo turno che lascia più di un rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Camila ha vinto in risposta 28 punti su 80, Riske 25 su 54. E al servizio è andata, se possibile, anche peggio. È difficile portare a casa il match servendo il 35% di prime palle con un tasso di conversione che supera di poco il 60% con la prima e non arriva al 50% con la seconda. Gli 11 gratuiti in più, 21 a 10, fanno il resto e i 23 vincenti contro i 18 della 23enne di Pittsburgh non bastano a controbilanciare i lati oscuri di una partita in cui, semplicemente, l'obbedienza alla propria legge senza ipotesi di deroghe o flessibilità, non ha pagato.
ITALIA SENZA DONNE
I doppi falli scandiscono l'avvio del match. Ne assomma due Camila, che cede il primo break. Ne serve uno decisivo Riske che, dopo aver mancato 4 palle del 2-0, perde a sua volta il servizio in un game da 26 punti in cui salva 6 palle break. Resterà l'unico break della Giorgi. Fino al 5-5, Riske perde solo altri due punti al servizio, mentre Camila nel nono game deve tirarsi su da 15-40 e lo fa a modo suo, come piace a lei, con la ciliegina di un ace di seconda. Nel successivo turno di battuta, però, si incarta in uno dei suoi sette doppi falli, Riske ringrazia e va a servire per il set. Si limita a far giocare alla marchigiana, da cui la dividono solo quattro posizioni in classifica, un colpo in più e il 7-5 è servito. La partita praticamente finisce qui. In un amen Riske è avanti 4-0 e amministra fino al 6-2. Con l'uscita di Camila Giorgi, che rischia di ritrovarsi di nuovo fuori dalle top-40, per una volta saranno gli uomini a difendere i colori azzurri nello Slam meno “tricolore”. È cambiato tanto dall'anno scorso, quando Pennetta, Vinci e Knapp hanno scollinato la prima settimana. Stavolta tutte le ragazze si fermano ai primi due turni, al terzo arrivano solo Fognini e Bolelli, che è ancora una volta rinato a Wimbledon e ha firmato la terza impresa londinese in una strana cadenza triennale: ha spezzato Mano de Piedra 76 76 36 76 nel 2008, ha messo ko Wawrinka nel 2011 e oggi, da lucky loser, si è preso la briga e di certo il gusto di battere Kohlscheiber in cinque set, con un capolavoro di tenacia che di fortunato non ha proprio nulla. Alison Riske ritrova così al terzo turno Maria Sharapova, che nell'unico confronto diretto l'ha fermata nella sua prima semifinale WTA, a Birmingham nel 2010. Era numero 185 del mondo, allora, l'americana che, passata dalle qualificazioni, riuscì a eliminare tre top-100 (Zahlavova, Wozniak e Wickmayer) prima di perdere in tre set da Masha. Avviata al tennis da papà Al, che ha lavorato nei servizi segreti e poi come investigatore nell'FBI, con una sorella, Sarah, che ha tentato senza successo la carriera tennistica, Riske ha continuato sempre a portare con sé, come raccontava l'anno scorso, la copertina di quando era bambina. Una scelta curiosa, certo inusuale. Ma in fondo anche Alison vuole far le cose a modo suo.
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