Dopo il successo su Mpetshi-Perricard e le lacrime di gioia, un Musetti determinato parla apertamente del periodo difficile ormai alle spalle. E avverte: “La settimana non è ancora finita!”
foto Ray Giubilo
LONDRA – Ne è valsa la pena, Lorenzo, vero? I sacrifici, tuoi e della tua famiglia, le aspettative altissime che devono aver reso più complicata la vita di un predestinato atteso al definitivo salto di qualità, il talento cristallino che ha aiutato la tua carriera dal punto di vista economico («la mia famiglia non aveva la possibilità di investire su di me, di sorreggere la mia carriera, per fortuna ero abbastanza bravo da trovare facilmente sponsor, così come la federazione mi ha aiutato molto»), ma che stava forse diventando una prigione, con le malelingue che cominciavano a sussurrare, “gioca bene sì, ma nei grandi tornei dov’è?”.
Ora che a 22 anni hai raggiunto i quarti di finale qui a Wimbledon (prima volta in uno Slam) puoi piangere di gioia, come hai fatto in campo subito dopo la vittoria su Mpetshi-Perricard, voltarti indietro e sorridere, finalmente. «Ho sognato un momento così da quando ero bambino. Ho affrontato un sacco di sfide e cambiamenti negli ultimi mesi diventando papà (di Ludovico, nato il 15 marzo, ndc), non ho mai smesso di lavorare e crederci».
Famiglia e Tartarini (il suo fidato coach di sempre) sono presenze fondamentali, impresse sul corpo di Lorenzo con due tatuaggi. «Mi hanno spinto sempre a inseguire il mio sogno, mi hanno aiutato ad arrivare a vivere questo giorno. Per il resto sono abituato a reggere le pressioni: da quando ho vinto gli Open d’Australia junior, nel 2019, le aspettative attorno a me sono diventate altissime, con la gente che aspettava che vincessi subito uno Slam, o diventassi almeno Top 10. La cosa non mi ha mai dato fastidio, anche se ultimamente sentire qualcuno dire “hai un grande talento, ma a questo punto dovresti essere…“ ha cominciato a pesare. Ora però questo risultato deve essere un punto di partenza per la mia carriera. A parte il fatto che la settimana non è ancora finita…».
La partita con il giovane francese Mpeshi-Perricard, 21 anni proprio oggi (trionfatore quest’anno a Lione, a Wimbledon ripescato in tabellone come lucky loser e poi vincitore di Korda, Nishioka e Ruusuvuori) è stata incerta solo per un set mezzo. «Lui è un ottimo giocatore, batte fortissimo, ha due buoni fondamentali. Io ho accettato l’idea di passare dei giochi senza neanche riuscire a rispondere e sono stato bravo a sfruttare le possibilità di strappargli il servizio. Forse è stata la migliore partita della settimana, essere il favorito mi ha aiutato a “entrare” nella partita e penso di averla giocato bene dal punto di vista tattico».
Il grande match con Djokovic al Roland Garros, le semifinali a Stoccarda, la finale del Queen’s Club, ora le quattro partite vinte a Wimbledon, con relativo 19º posto virtuale nel ranking Atp. «Ho avuto un lungo periodo di crisi, almeno a livello di risultati – confida Musetti – ho reagito accettando di mettermi in gioco anche in palcoscenici minori (i Challenger di Cagliari e Torino, ndc) ma la fiducia c’è sempre stata. Certo, non mi aspettavo di andare così bene sull’erba, visti i risultati incerti che finora avevo ottenuto su questa superficie, sono stato bravo a tirare fuori qualcosa che non usciva da tanto. Nei quarti dovrò utilizzare il tennis che so di avere e che ultimamente ho mostrato solo a sprazzi. Sarà una partita dura, però proverò a godermela un po’ di più. Era da inizio torneo che volevo guadagnarmi uno dei due campi coperti (Centrale e Numero 1, ndc) e finalmente ci sono riuscito».
Ma sì Lorenzo, ne è valsa la pena fare tanta strada per ritrovarsi tra i primi otto di Wimbledon. E poi ricordati dell’altro tatuaggio, “il meglio deve ancora venire”. E allora, comincia a riscaldare il rovescio, che lo spettacolo continui.