di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
Negli ultimi 15 anni, solo quattro volte il vincitore del Queen’s si è poi aggiudicato il torneo di Wimbledon. Ci sono riusciti Sampras nel 1995 e nel 1999, Hewitt nel 2002 e Nadal nel 2008. Chissà se questo dato statistico toglierà un po’ di pressione dalle spalle di Andy Murray, su cui grava un macigno quasi "secolare". La sua seconda vittoria in tre anni nel circolo della Regina, ai danni di Jo-Wilfried Tsonga per 3-6 7-6(2) 6-4 è stata uno spot per il tennis, non solo su erba.
Da una parte il talento sfacciato dello scozzese, dall’altro la straordinaria possanza atletica del franco-congolese, autore di numeri da funambolo e di alcuni punti in tuffo che hanno strappato applausi al pubblico accorso in massa in questa inconsueta finale di lunedì. Un pubblico meno ingessato rispetto a quello solito che frequenta lo storico club londinese, così vivace da costringere il giudice di sedia a intervenire più volte per “sedare” gli animi, soprattutto nel terzo set quando la vittoria del beniamino di casa si profilava nitida all’orizzonte.
A un primo set comandato da Tsonga con la stessa aggressività che gli aveva consentito nei quarti di estromettere Nadal, e conclusosi con il punteggio di 6-4, faceva da contraltare un secondo parziale giocato in maniera meno contratta da parte di Murray.
Più deciso al servizio rispetto al primo set (in cui aveva messo a segno un solo ace), Andy non sfrutta svariate chance per strappare il servizio a Tsonga che, a sua, volta sul 5-5 manca due palle break consecutive che gli avrebbero consentito di andare a servire per il match.
Il tiebreak successivo viene vinto per 7-2 da Murray che opera i due minibreak su altrettante seconde di Tsonga. A quel punto si percepisce come l’inerzia del match sia definitivamente passata nelle mani dello scozzese. La resistenza del transalpino dura appena 4 giochi. Il break che decreta virtualmente la fine del match giunge nel quinto gioco con Murray che, in totale controllo, si permette il lusso di sciorinare una strepitosa demi-volèe tra le gambe vincente. Altro che tweener, altro che Roger.
Se Andy riuscirà a giocare, con la stessa spensieratezza, un colpo di questo genere anche a Wimbledon, magari in uno degli ultimi turni, vorrà dire che sarà giunto il momento di archiviare una volta per tutte Fred Perry, anno domini 1936.
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