Il lussemburghese aveva rotto il digiuno di titoli ATP soltanto a gennaio, a trentatré anni. Oggi vendica in un sol colpo due dispiaceri: la finale persa dodici mesi fa a ‘s-Hertogenbosch e, più sul personale, quella ceduta proprio contro Karlovic a Newport, la scorsa estate. Gilles trionfa in due tie-break “d’ordinanza”.

Vincere aiuta a vincere”, una regola aurea nello sport, un po’ banalotta, ma evidentemente efficace. Gilles Muller pare esserne la conferma e, dopo aver rotto gli indugi a Sydney con alle spalle cinque finali perse, sull’erba di ‘s-Hertogenbosch trova il bis schiantando in un due tie-break – e francamente sarebbe stato assurdo attendersi un diverso canovaccio – il gigante Ivo Karlovic.

VENDETTE
Il trentaquattrenne di Lussemburgo vendica in un sol colpo due dispiaceri:
se da una parte Muller riesce ad acciuffare il titolo olandese sfuggito un anno fa proprio all’ultimo atto – contro Nicolas Mahut – dall’altra la rivalsa è di carattere personale contro quel Karlovic che la scorsa estate a Newport gli negò la prima gioia ATP con un palpitante tie-break del terzo set, lungo 26 punti. Le prime tre finali in carriera Muller le ha giocate – e perse – contro tennisti ormai in pensione: Hewitt a Washington nel 2004, Agassi a Los Angeles l’anno seguente e Roddick ad Atlanta nel 2012. Sono arrivati poi i già citati k.o. erbivori contro Mahut e Karlovic. Un percorso da sconfitto che pareva avergli segnato il destino, privandolo di quella gioia necessaria nel poter dire di essere stato il più bravo di tutti, per una settimana almeno. Quando le vittorie arrivano, evidentemente, ne chiamano a sé delle altre: e così, dopo la campagna trionfale di Sydney, è arrivato il successo a ‘s-Hertogenbosch, passando per un’altra finale persa, addirittura sulla terra di Estoril, non propriamente l’habitat naturale del mancino lussemburghese.

FINALE… VECCHIA
Nel giorno in cui viene lanciato – sponda Lione – quel mostro di precocità di Felix Auger-Aliassime, capace di vincere il suo primo Challenger da sedicenne, il circuito ATP fa da contraltare con la finale più anziana da quarant’anni a questa parte, da quando un quarantatreenne Rosewall superò Tom Gorman, dodici anni più giovane di lui, a Hong Kong nel 1977. Carta d’identità a parte, si ha la netta sensazione d’essere di fronte a qualcosa di superato: scambi sostanzialmente inesistenti, tagli mancini, discese obbligate, volée in controtempo, perfino l’outfit di Muller con quei colori di un azzurrognolo slavato sfumati nell’impeccabile all-white – anche se a ‘s-Hertogenbosch ovviamente non impera quel dress code che resiste soltanto a Wimbledon – rimandano a ricordi lontani un ventennio.

TIE-BREAK
È sostanzialmente un esercizio pleonastico occuparsi di una partita dove uno 0-15 è già una notizia e la parità un miraggio suggestivo. Meglio concentrarsi sui tie-break: è lì che si condensa la finale, è lì che anche il più ottuso dei pronosticatori avrebbe ipotizzato l’epilogo. Nei due precedenti giocati sul circuito maggiore – una vittoria a testa – Karlovic e Muller erano andati al tie-break cinque volte su cinque. Se il suddetto jeu decisif di Newport era stato un turbinio di emozioni, quelli odierni si ricalcano differendo leggermente nel punteggio (7-5 il primo, 7-4 il secondo) ma non nella sostanza. Nel primo set Muller artiglia subito il minibreak riuscendo nell’impresa titanica di scavalcare il gigante croato con un lob – un colpo che proverà con meno fortuna per tutto l’arco della partita – ma con una volée sballata rimette in corsa Karlovic. È il passante di rovescio lungolinea la spallata che consegna il set a Muller, chiuso dal dodicesimo ace dopo 47 minuti. E ciò è sostanzialmente quanto avviene nella seconda frazione: sul 2-2 Muller azzecca una risposta in allungo e scappa via, ma viene ripreso fino al 4-4. Altro passante rovescio in lungolinea (stavolta aiutato dal nastro), altro strappo, altro ace – il numero 22 – a sigillare la finale. Vince, in definitiva, chi ha dimostrato di avere più soluzioni nella faretra all’infuori dai binari del servizio-volée, una dimostrazione che il tie-break – anche su erba – non è esattamente una lotteria come spesso viene ritenuta. Muller chiude con tre prime su quattro in campo e 3 punti su 46 smarriti col primo servizio. Sono più di 40 gli ace complessivi, ma lo spread sul taccuino dei punti si allunga a 13 lunghezze in favore del vincitore. A trentaquattr’anni Gilles scopre un’altra parte di sé, si ritrova non solo bello ma anche vincente.

ATP 250 'S-HERTOGENBOSCH – Finale
Gilles Muller (LUX) b. Ivo Karlovic (CRO) 7-6(5) 7-6(4)