Gilles Simon sostiene che gli uomini debbano guadagnare più delle donne. “Il n. 80 ATP non riesce a pagare il coach”. Ok, ma la n. 80 WTA guadagna il 30% in meno. Come la mettiamo?
Mahesh Bhupathi e Alexandra Panova sono i 100esimi
tennisti più ricchi del 2012: l’indiano ha guadagnato il 43,7% in più
Di Riccardo Bisti – 19 luglio 2012
Chissà se Gilles Simon immaginava quel che sarebbe successo quando ha rilasciato le famose dichiarazioni "sessiste". Sostanzialmente, diceva quello che pensano molti giocatori del circuito ATP: “Non è giusto che le donne guadagnino quanto gli uomini, soprattutto negli Slam”. I motivi sono i soliti. Gli uomini giocano al meglio dei cinque set, e spesso il pubblico è superiore nei tornei maschili. Le dichiarazioni di Simon, neo-eletto nel Player Council dell’ATP, hanno fatto tornare di moda un argomento che sembrava chiuso cinque anni fa, quando Wimbledon è stato l’ultimo Slam a uniformare i montepremi. Ma il dato è tratto e molto difficilmente si tornerà indietro: “Non ci sarà alcun cambiamento – ha detto il presidente di Wimbledon Philip Brook – nel 2007 abbiamo pensato che fosse la cosa giusta da fare, e lo pensiamo ancora oggi”. Ma la polemica è più viva che mai. Le dichiarazioni di Simon hanno fatto scoppiare il finimondo: Dopo il match contro Xavier Malisse a Wimbledon, a pistola ancora fumante, lo hanno fatto parlare nella sala conferenza principale. Ma non gli hanno chiesto della partita. “Io penso che in questo momento il tennis maschile sia più interessante del femminile. E, come in ogni attività commerciale, i pagamenti devono rispecchiare l’interesse generato. Non è una questione di lunghezza delle partite”. Prima di lui aveva parlato Maria Sharapova, il cui commento era stato chiaro e pungente. “Credo proprio che le mia partite abbiano più spettatori delle sue”.
Simon è un tipo attento, non si espone a casaccio. Dai e dai, è emerso il motivo scatenante delle sue dichiarazioni. “Il problema è che il numero 80 del mondo non riesce a pagare il suo allenatore perché costa troppo. Non guadagna a sufficienza. Questi giocatori conquistano buona parte del prize-money nei tornei dello Slam, quindi è importante avere più premi proprio in questi tornei”. Il dibattito verte sulla percentuale degli utili destinata ai giocatori. Gli Slam versano ai tennisti solo il 12% del fatturato. Nei tornei ATP, la percentuale è molto più alta. Per venire incontro ai giocatori, e a seguito delle pressioni di Federer, Murray, Djokovic e Nadal, gli Slam hanno aumentato il montepremi per i giocatori che perdono ai primi turni. Gli aumenti si attestano sul 20% a fronte di una crescita complessiva del 10%. Le proteste hanno un senso, ma nel circuito femminile si guadagna ancora meno. Prendiamo l’esempio posto da Gilles Simon: il numero 80 ATP, nel 2011, ha portato a casa 380.000 dollari (lordi). La numero 80 WTA ne ha intascati 240.000, un terzo in meno. Sembrano cifre importanti, ma non è così. Devono essere detassate (c’è una riduzione intorno al 30%), poi i giocatori devono pagare il coach, eventuali preparatori e/o fisioterapisti più le varie spese di viaggio. Soltanto l’alloggio nei vari tornei è carico delle organizzazioni (Futures esclusi, a parte quelli in cui è espressamente prevista l’ospitalità). Insomma, i costi possono rosicchiare grandi percentuali dei ricavi.
A livello top, le differenze non sono straordinarie. Il più ricco del 2012, Roger Federer, ha guadagnato poco meno di 5 milioni e mezzo di dollari. Victoria Azarenka è a quota 5.072.874 dollari, meno del 10% in meno. La forbice si allarga parecchio se prendiamo il numero 100. Mahesh Bhupathi, 100esimo tennista più ricco del 2012, ha raccolto 199.562 dollari contro i 112.402 di Alexandra Panova, 100esima tra le donne. Prende quasi il doppio. Le distanze sono destinate ad allargarsi, perché nei prossimi mesi ci saranno sempre meno tornei con il prize-money parificato. Ma come è possibile? Semplice: il montepremi minimo di un torneo ATP è di oltre 400.000 dollari (molti tornei in Europa vengono pagati in euro), mentre tra le donne è 220.000 dollari. Insomma, se per gli uomini è dura, per le donne è ancora più complicato. “Se non hai il supporto di una federazione nazionale vivi nell’incertezza – racconta Alla Kudryavtseva, n. 137 WTA con un passato al 54 – non sai se riuscirai a giocare un torneo da qui a sei mesi. E se ti fai male, sono guai”. Il caso di Karen Castiblanco, costretta al ritiro per mancanza di soldi, è emblematico. Salendo in classifica, le differenze tra uomo e donna emergono ugualmente. “Al massimo le ragazze girano con il coach più un genitore, mentre gli uomini possono permettersi un team: preparatore atletico, fisioterapista. Fa una grande differenza avere 3-4 persone accanto a te e poterci passare il tempo”.
Le lamentele degli uomini hanno più di una ragione. Le donne avrebbero i medesimi motivi, eppure nessuna giocatrice si è lamentata del prize-money. “Abbiamo avuto un incontro poco prima di Wimbledon, e l’argomento non è venuto fuori” ha detto Bethanie Mattek Sands, membro del Player Council WTA. “Credo che dovrebbe essere una priorità, perché se il numero 100 ATP prende una certa cifra…perché non può essere lo stesso per le donne? In questo momento, i montepremi sono sbilanciati verso le vincitrici. E’ giusto che guadagnino di più perché vincono le partite, ma dobbiamo ricordarci che il tennis è costoso. Anche chi ha perso al primo turno ha dovuto sostenere spese importanti”. Le donne sono meno in rivolta perché hanno altri problemi. “In questo momento, il Consiglio si occupa di tematiche ancora più importanti. Ad esempio, trovare un title sponsor”. Da quando Sony Ericsson si è parzialmente disimpegnata, l’Associazione Giocatrici non ha trovato un partner altrettamento importante. E a fine anno la nota marca di telefonini abbandonerà del tutto. Non tutte le giocatrici sono arrabbiate con gli uomini. Alle dichiarazioni di Maria Sharapova, Serena Williams e Kim Clijsters, si contrappone la posizione di Mirjana Lucic. A Wimbledon ha ritrovato il terzo turno di uno Slam dopo oltre 10 anni. Il prize money non le interessava granchè (eppure avrebbe dovuto, perché anni fa era quasi finita sul lastrico perché IMG le aveva intentato una causa), però si è esposta: “Devono esserci dei miglioramenti, soprattutto da parte dell’ITF. I tennis non guadagnano quanto dovrebbero”. La Lucic non ha giocato per oltre 3 anni, ripartendo da zero. “Quando ricominci non puoi certo giocare i grandi tornei perché non hai la classifica sufficiente per entrare. Ho avuto bisogno di tempo perché non ho avuto aiuti né wild card. Ed è capitato di giocare 7-8 partite a settimana”. Nel 2010, la Lucic ha giocato piuttosto bene nel circuito minore, ma metà dei suoi guadagni sono arrivati dagli Slam (le bastò perdere nelle qualificazioni a Wimbledon e al secondo turno allo Us Open). I 61.000 dollari intascati a Wimbledon 2012 sono più di quanto aveva guadagnato in tutto l'anno. Secondo la Kudryavtseva, più che pensare ai dettagli, i tennisti dovrebbero unirsi per far girare più soldi nel tennis. “E’ uno sport fantastico, con diversi tipi di giocatori…che può interessare a tutto il mondo. Credo che il problema sia quello. Simon dovrebbe cercare i soldi altrove, e non sottrarli al tennis femminile”.
A parte le scaramucce tra maschilisti e femministi, è un fatto che gli uomini guadagnino di più. A parte il mondo patinato dei top 20, più il livello scende e più la forbice è ampia. Va così perché i tornei femminili interessano di meno e hanno un montepremi inferiore. La WTA non riesce a garantire gli stessi montepremi dell'ATP. Ed è vero che – spesso – nei tornei combined le donne “campano” a rimorchio degli uomini (il caso di Roma è emblematico): per questo, le osservazioni di Simon possono avere un senso. Tuttavia uomini e donne sono sulla stessa barca. Gilles Simon gioca a tennis, esattamente come Alexandra Panova. Tutti hanno interesse a rendere il tennis più interessante e appetibile per gli sponsor. La sensazione – ingenua, forse – è che la lotta intestina tra tennisti e tenniste non serva a niente. Se tutti guadagnassero a sufficienza, senza l’angoscia di andare in passivo o non poter pagare il coach, probabilmente le diatribe sulla disparità di montepremi non sarebbero nemmeno nate. Scommettiamo?
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