L’INTERVISTA – A pochi giorni dal ritiro, Gianluca Naso si racconta: le ragioni della scelta, il passato con Fognini, il problema delle scommesse (“Io non ho mai ceduto”) e il suo futuro da allenatore a Messina (“C’è un progetto serio: non mi vedrete fare il maestro di club”). “A Tirrenia hanno fatto scelte sbagliate, ma uscirà un top-100 anche da lì”. (Foto Antonio Milesi)“Arriva un momento nella propria vita in cui bisogna fare delle scelte e porsi nuovi obiettivi” con un post su Facebook Gianluca Naso, 29 anni, ha annunciato il ritiro dal tennis giocato dopo 12 anni di professionismo. Non si tratta di un addio. Gianluca, meglio noto come “Giallo”, resterà comunque nel mondo del tennis prediligendo l’attività da coach che gli permetterà di seguire alcuni ragazzini del Circolo del Tennis e della Vela di Messina. “È stata una bellissima carriera. Ho girato il mondo, conosciuto tante persone, giocato sui campi più prestigiosi del mondo, affrontato migliaia di giocatori, fatto esperienze meravigliose ed emozionanti” e quelle tante persone che ha conosciuto sono le stesse che gli hanno mostrato vicinanza e affetto su Facebook, tanti fan e tanti colleghi perché, oltre alla stima che si può provare per un qualsiasi professionista, Gianluca ha conquistato molti appassionati grazie anche alla sua simpatia. Avvicinato al tennis da papà Enzo, Giallo si è tolto comunque belle soddisfazioni. Per esempio, ha partecipato a diverse qualificazioni dei tornei del Grande Slam, al torneo di Montecarlo e di Amburgo, poi nel 2015 ha messo a segno sei titoli Futures. Ma lo scorso anno è nato il primogenito Nicolò e qualcosa nella sua vita è cambiato…

Qual è stata la ragione principale del tuo ritiro?
E’ venuta a mancare un po’ di motivazione perché sono rimasto fuori di pochissimo sia dalle qualificazioni del Roland Garros che da quelle di Wimbledon. A inizio anno mi ero promesso di giocare i tornei del Grande Slam, e quando ho visto che non ce l’avrei fatta mi sono un po’ arreso. Un altro motivo è dato dal fatto che sono diventato papà: è ovvio che io abbia altre priorità. Poi c’è anche un discorso economico: quando hai una classifica che va dal 180 ATP in su, difficilmente riesci a vivere bene. Da quando ho smesso, per assurdo, mi sono reso conto che la situazione economica è migliorata notevolmente.

Ripensando al passato pensi di aver commesso qualche errore in particolare?
Certo, qualche errore l’avrò commesso, ma ho sempre cercato di fare tutto nel migliore dei modi. Ho sempre cercato di fare scelte mirate in funzione della mia vita e del tennis. Molti mi hanno detto che la mia classifica è stata bugiarda e che avrei potuto ottenere un best ranking migliore, però sono contento così. Al giorno d’oggi non è mica facile arrivare al numero 175 ATP.

Qual è l’esperienza più bella che ti ha regalato questo sport?
Ho avuto la fortuna di giocare nel main draw del Foro Italico e sicuramente è stata un’esperienza incredibile. Inoltre è stato indimenticabile giocare le qualificazioni dei tornei del Grande Slam, senza dimenticare i tornei di Montecarlo e Amburgo. Tuttavia, Roma resta davanti.

Sei cresciuto insieme a Fognini: quando avevi 18 anni pensavi che il suo best ranking sarebbe stato 13 e il tuo 175?
Fabio è sempre stato un gradino sopra a me, ma inizialmente non riusciva a dimostrarlo. Forse 13 al mondo non l’avrei mai detto, anche se poi l’ha dimostrato. Adesso, secondo me, potrebbe ancora entrare tra i primi 10. Fabio, comunque, l’avrei posizionato tra i primi 100. La mia speranza era quella di migliorare la mia classifica…a 18 anni mi auguravo di entrare primi 100 anch’io.

Ti hanno mai avvicinato per vendere una partita? A giudicare da quello che hai detto nel corso della tua carriera, è sempre stata improntata alla massima integrità. Altri possono dire lo stesso?
Me l’hanno chiesto un sacco di volte. Purtroppo, dopo quello che è successo nell’ultimo periodo con Cecchinato e Campo, la mano sul fuoco non la metto su nessuno. Posso metterla solo su me stesso: io so di non aver mai ceduto.





Nella tua carriera Challenger hai giocato 254 partite sulla terra e 12 su altre superfici. Anche nei Futures 195 sulla terra e 12 su altre superfici. Hai il rimpianto di aver giocato un po’ poco sul veloce?
Da italiano è normale giocare di più sulla terra, anche i tornei che si svolgono in Italia sono quasi tutti su terra battuta. Nell’ultimo periodo, però, mi sono reso conto che riesco a giocare abbastanza bene anche sul cemento. Quando devo scegliere se giocare un torneo sulla terra o sul cemento non ho dubbi, scelgo sempre la terra. Per arrivare primi 200 ho dovuto fare delle scelte e ho sempre scelto la superficie che mi aiutasse a rendere meglio.

Con l’età media del Top 100 che si è alzata così tanto, non ti lascia un po’ l’amaro in bocca ritirarsi prima di aver compiuto i 30 anni?
Onestamente no, credo di aver dato tanto. Poi chissà, magari tra due anni avrò voglia di riprendere a giocare. Adesso mi sento molto bene, sono contento della scelta che ho fatto.

Cosa ti ha insegnato questo sport?
Mi ha insegnato a viaggiare, a girare il mondo, a conoscere tantissime persone e molte culture diverse. Il tennis ti fa diventare uomo sin da subito, ti aiuta ad autogestirti, a essere indipendente sia dal punto di vista economico, che fisico, che mentale. Ti fa maturare molto presto.

Inizi come allenatore a Messina: quali sono i tuoi obiettivi in questo settore?
Non ho intenzione di fare il maestro di circolo, non mi interessano le lezioni private e quant’altro. A Messina c’è un progetto serio, ci sono molti giovani, hanno tre dei migliori Under 14 d’Italia, un ragazzo del ‘97 che gioca molto bene e che potrebbe togliersi qualche soddisfazione in futuro. Hanno chiesto a me per provare a fare un salto di qualità, per provare a proiettare questi ragazzi nel mondo del professionismo e spero di non deluderli.





Cosa ne pensi del settore tecnico della FIT? L’assenza di un Top100 uscito da Tirrenia, secondo te, è demerito della Federazione oppure mancava materiale umano?
Secondo me Tirrenia sta migliorando sempre di più negli ultimi anni; hanno fatto la scelta giusta, evitando di concentrarsi sugli under ma di seguire anche gli Over 18. Non è un caso che stiano ottenendo ottimi risultati, vedi Gaio, Pellegrino, lo stesso Lorenzi che per gran parte della stagione si allena lì, e lo stesso Bolelli. Da Tirrenia non è uscito nessun Top100 perché in passato hanno fatto, secondo me, scelte sbagliate come quella di seguire soltanto gli Under. Gli Under fino a una certa età si devono allenare a casa loro, nel loro circolo e con il loro maestro. Credo che nei prossimi anni possa uscire un Top100 anche da Tirrenia.

Tuo figlio Nicolò seguirà la tua stessa strada?
A me non l’ha imposto nessuno, però mio padre è maestro di tennis ed è stato prima categoria, mia zia è maestra di tennis, mio nonno è presidente onorario di un circolo di tennis, io sono sempre stato in questo mondo sin da piccolo…e a Nicolò toccherà la stessa sorte. Io e lui siamo sulla stessa barca; sua mamma è maestra di tennis, suo padre è un ex giocatore e il nonno è maestro di tennis. Ovunque si giri non vedrà altro che palline e racchette. Da padre spero che faccia quello che vuole, se sceglierà il tennis avrà tutto il supporto economico, morale e tecnico di cui avrà bisogno.