Riproponiamo l’intervista realizzata a Tathiana Garbin a maggio e pubblicata integralmente sul numero 3 della rivista. Tra i temi, le “ragazze” di Billie Jean King Cup, la fragilità dei giovani e la “profezia” su Jasmine Paolini…

foto Brigitte Grassotti

A volte serve un bivio per imboccare una strada luminosa, che avvia una trasformazione. Tathiana Garbin, splendida 47enne, ex numero 22 Wta e attuale capitana di Billie Jean King Cup – la Coppa Davis femminile – al sole ci è cresciuta. Una vita dedicata al tennis, prima come giocatrice, ora come allenatrice, senza sosta, in giro per il mondo. Vissuta pienamente «come se avessi 80 anni, tanto che quando l’idea di una fine era concreta, ci ho pensato e mi sono detta: ‘Posso morire domani e sono felice’».

Perché la malattia si è presentata subdola e silenziosa a inizio settembre 2023, e in soli tre mesi Tathiana si è sottoposta a un calvario di due operazioni, da cui si è ristabilita con una rapidità sorprendente, grazie al suo carattere e alla sua forza d’animo. «Anche la mia ripresa, mi ha detto il dottore, è stata estremamente veloce, perché grazie al tennis ho maturato questa mentalità e questo mi ha dato tantissima forza».

Ora come stai?

Bene, ho terminato le cure oncologiche, ho fatto la seconda operazione e spero sia finita, perché chiaramente devo stare monitorata. Mi sento super positiva, in forze e certa di poter aiutare ancora di più le mie ragazze.

A proposito delle tue ragazze, hai preso in consegna la squadra di BJK Cup partendo dalla serie C, lo scorso anno vi siete giocate la finale: come hai costruito questa scalata?

Abbiamo creato un gruppo piano piano, crescendo insieme, perché le big avevano quasi terminato il loro percorso professionale. Avevo una squadra giovanissima, di ragazze che adesso sono tra le più forti al mondo: oggi Jasmine (Paolini), l’anno scorso Martina (Trevisan), Cocciaretto in ascesa, Bronzetti con un percorso progressivo ma costante. Con loro ho instaurato un rapporto di fiducia che parte da lontano. Sono orgogliosa di questa costruzione, fatta di mattone dopo mattone, perché nella nostra società, che segue la performance e il risultato tutto e subito, ho avuto la fortuna di avere una federazione che ha creduto in me, lasciandomi il tempo di crescere una squadra forte, competitiva e consapevole. E’ un onore poter gestire queste grandi campionesse.

Insieme a te, quali sono le altre figure di riferimento?

Vittorio Magnelli, il direttore tecnico del settore femminile, Michelangelo Dell’Edera, che sta crescendo le under 16, Lorenzo Beltrame per la parte mentale, Danilo Pizzorno, video analista, il preparatore atletico Andrea Bracaglia, che ha instaurato un buon rapporto con tutte le giocatrici e ha un contatto più stretto con Jasmine. Tutti questi professionisti danno un grande slancio alla possibilità di migliorarsi.

Cosa hanno in comune queste ragazze?

Hanno la voglia di migliorarsi ogni giorno, la pazienza, l’umiltà e la capacità di perseverare nonostante le sconfitte. Anzi, nella sconfitta riescono a comprendere cose che le portano a crescere.

Hai individuato una leader nel gruppo?

A loro modo sono tutte leader in aree diverse, ognuna contribuisce in qualcosa.

La più divertente?

Jasy e Marti, quando si mettono insieme, sono toscanacce super divertenti, mettono sempre in mezzo la Cocciaretto, ma in realtà a lei piace perché poi risponde a tono. E Lucia (Bronzetti) è dolcissima.

La più grintosa?

Le vedo giocare e ogni volta mi appassiono, perché quando vestono la maglia azzurra riescono sempre a raccogliere dal fondo qualcosa di più, e questo mi sorprende.

Si lavora bene con loro.

C’è un’umiltà di fondo molto forte, perché si mettono a disposizione. A volte ho scelte da fare, e naturalmente le faccio a favore del gruppo, del rendimento; purtroppo dire sì a qualcuna significa dire no all’altra, ma non le ho mai sentite una volta lamentarsi.

Perché ti stimano molto…

Io stimo loro e sento che sono contraccambiata.

Jasmine Paolini sembra sbocciata: dove può arrivare?

Penso abbia ancora grandi margini, sia tecnici che fisici. E’ migliorata tantissimo, soprattutto nella consapevolezza riguardo il suo gioco, la sua identità. Non trova mai scuse, anche quando sta male, è la sua forza, non si nasconde, cerca sempre di trovare le responsabilità in se stessa. Il Masters Wta è alla portata, è estremamente difficile e ci sono ancora tanti tornei, ma Jasmine può giocare moto bene sull’erba e credo che se acquisisce ancora più consapevolezza possa arrivarci.

Riguardo al ritiro di Camila, avevi avuto dei segnali?

Per quanto riguarda le questioni di campo, l’avevo sentita prima della BJK Cup e mi aveva detto di avere male al piede. Conoscendola, so che per lei giocare le qualificazioni agli Slam, dopo quello che ha fatto in carriera, è tornare troppo indietro, mentre lei vuole andare sempre avanti…

BJK Cup, Davis Cup, United Cup: come vedi il futuro delle gare a squadre e più in generale del circuito?

Vedo un circuito unico. Mi immagino una sorta di United Cup riposizionata in calendario e più tornei combined. Andrea Gaudenzi è una persona estremamente preparata, bisogna unire le forze, credo sia una necessità, perché così avremmo tanti tornei combined, anche Challenger. In Italia ne abbiamo molti maschili e pochissimi femminili, e purtroppo questi tornei non sono sufficienti per far sì che le ragazze facciano esperienza. Ci sono Roma, Palermo, Parma, Gaiba e Bari, la Federazione sta cercando di ottenere nuove date anche se non è facile. Abbiamo però la possibilità di lavorare con Paolo Lorenzi, che oltre a esser direttore del torneo è molto attento al circuito femminile. Sergio Palmieri ha fatto un lavoro stupendo con Roma, ha dato tanto al torneo ed è bello vedere la sua eredità trasferita a Paolo.

Il tennis femminile soffre la popolarità del maschile. Swiatek, Sabalenka, Gauff possono risollevarne le sorti?

Avere più stabilità al vertice e dualismo aiuterebbe tanto. Ora finalmente con Sabalenka, Swiatek, Rybakina, abbiamo nomi abbastanza riconoscibili. Io vorrei però un’italiana tra questi nomi. 

La fragilità mentale è sempre più comune fra i giovani. Quali sono le differenze rispetto ai tuoi tempi?

Ci ho pensato tanto, noi vivevamo le stesse pressioni ma oggi i ragazzi sono molto in contatto con i social, e questi ti portano al confronto continuo con gli altri e portano tanti fan a essere più vicini. A me scrivevano le lettere, ora sei in contatto con tutti e questa sovraesposizione non fa bene ai ragazzi. E’ come se non avessero le spalle abbastanza larghe per sopportare questo tipo di pressione. Per questo il nostro intervento deve essere più educativo, dobbiamo aiutarli a comprendere determinate dinamiche, a lavorare su se stessi. Oggi si è poco abituati a soffrire, a mettersi in gioco. Noi dobbiamo fornir loro l’esempio: io non posso dirti “mangia bene” se sono la prima a mangiare male. Abbiamo uno strumento fortissimo, il nostro sport, che ti mette di fronte alla verità; quando giochi lì dentro, hai tutte le tue fragilità e se non le risolvi fuori, lì vai nel panico. I social ti fanno vedere una vita che non esiste e la dicotomia è proprio questa: è talmente distante quello che fai vedere da quello che sei oggi che vai in crash, perché “devi” dimostrare di essere bello, forte, pieno di soldi. Ecco perché è importante trasmettere i valori ai ragazzi, perché quelli ti portano in una direzione, mentre se hai come meta solo un obiettivo, quando lo raggiungi ti ritrovi infelice. Se invece riconosci di avere fatto tanta strada, di essertela conquistata passo dopo passo, finito il percorso non avrai rimorsi. Quando ho terminato di giocare a tennis io non li avevo, perché pensavo di aver dato tutto e vissuto tutto al massimo.

Dopo una vita a girare il mondo, quando hai capito che volevi continuare a farlo in un’altra veste?

Ho ricevuto talmente tanto da questo sport che mi sentivo in debito, sentivo di dover trasferire quello che avevo imparato in questi anni, come se dovessi chiudere un cerchio.

Parliamo un po’ della tua vita privata: ultimo film visto al cinema?

Per ora sto leggendo tanto ma l’ultimo film è stato “C’è ancora domani”, di Paola Cortellesi, stupendo, davvero emozionante.

Cosa stai leggendo?

Ho letto “Mindset”, ultimamente un libro scritto da Shannon Lee, la figlia di Brandon, “Be water my friend”, sulla crescita personale. Mi piacciono letture educative ma leggo anche titoli per svago, per esempio il libro di Tiziano Terzani, “Un indovino mi disse”. Siccome l’indovino gli dice che rischierà di morire se prenderà un aereo quell’anno, nel 1993, lui gira tutta l’Asia in treno. E io adoro l’Asia.

La tua giornata ideale quando non sei in giro

Sicuramente devo allenarmi la mattina, in casa, mi fa stare bene: yoga, pilates. Mi piace giocare a padel, a dir la verità a tutti i giochi, devo ancora imparare le regole del pickleball ma amo tutti gli sport… insomma, una giornata dinamica. E devo finire leggendo, imparando qualcosa.