I Bryan vincono ancora e replicano a John McEnroe, che si era scagliato contro il doppio. “Purtoppo le sue parole hanno risonanza”. E due settimane fa lo hanno umiliato in esibizione.
Scambio di opinioni tra i gemelli Bryan e John McEnroe durante il World Tennis Day
Di Riccardo Bisti – 18 marzo 2014
Hanno dovuto aspettare 15 anni, ma ce l'hanno fatta. Dopo il successo dell’anno scorso, i gemelli Bob e Mike Bryan ci hanno preso gusto e si sono imposti a Indian Wells anche nel 2014 battendo in finale Alexander Peya e Bruno Soares, sconfitti con il punteggio di 6-4 6-3. CI loro numeri non fanno più notizia: per i gemelloni è il 95esimo titolo su 144 finali. Inutile ricordare i record frantumati dalla coppia, cui manca solo il Grande Slam a causa dell’inopinata sconfitta allo Us Open contro Radek Stepanek e Leander Paes. Il loro successo a Indian Wells, tuttavia, riaccende la polemica accesa qualche mese fa da John McEnroe sul valore del doppio. Mac ne disse di tutti i colori. “Al giorno d’oggi, non so a cosa serva il doppio. E’ pieno di tennisti lenti che non hanno la capacità di competere in singolare”. Lui fu un magnifico interprete della specialità, vincendo 71 titoli (tra cui 9 Slam) e diventando numero 1 sia in singolare che in doppio. Al giorno d’oggi è impensabile. “Tutti sanno che amo il doppio, ma vedo gli interpreti di oggi e mi domando: “Cos’è tutto questo? Non lo riconosco?”. McEnroe lanciò la proposta-shock di abolirlo e destinare il denaro risparmiato ai giocatori che cercano di costruirsi una carriera in singolare. Le riflessioni terminarono con una stoccata di Peter Fleming (storico compagno di McEnroe) a Bob e Mike. “Mi capita spesso di sentire che i Bryan sono la coppia più forte di tutti i tempi…mi sembra incredibile”. Frasi pronunciate nel periodo di off-season e presto dimenticate dagli addetti ai lavori. Ma non dai diretti interessati.
Il primo confronto risale a un paio di settimane fa, in occasione del World Tennis Day. Al Madison Square Garden di New York, oltre alla sfida Djokovic-Murray, si è giocato un doppio tra i gemelli Bryan e i fratelli McEnroe (John e Patrick). Avrebbe dovuto essere un’esibizione, è stata una sparatoria. Fino ad allora non avevano replicato alle asserzioni di John, così hanno pensato di farlo direttamente sul campo. E allora hanno giocato con una rabbia furiosa. Nel primo punto si sono fiondati a rete con un'aggressività mai vista: dopo averlo vinto, si sono esibiti nel loro famoso salto. Sembrava uno show, ma l’intensità non è diminuita. Si giocava un set agli otto game, con i Bryan rapidamente volati sul 7-0. Inizialmente, McEnroe pensava che si giocasse in un clima rilassato, tanto da prestarsi ai soliti rituali. Eppure, game dopo game, la sua espressione è cambiata. Ottenuto quel che volevano, i Bryan hanno allentato la pressione e concesso qualche game, ma la tensione era evidente. A fine partita, Brad Gilbert ha chiesto a Patrick se avrebbero voluto una rivincita. “Ma neanche per sogno!” ha esclamato l’ex capitano dei Bryan nel trionfo in Davis nel 2007. John, accanto a lui, ha annuito. Polemica finita? Neanche per sogno. Dopo il successo a Indian Wells, i giornalisti sono tornati sull’argomento. In effetti, il BNP Paribas Open ha dato buone argomentazioni ai doppisti puri: in tabellone c’erano sette top-10 del ranking di singolare, ma si è vista una finale tra specialisti.
“Si è parlato molto del fatto che i doppisti non avrebbero la velocità sufficiente per esprimersi in singolare…” hanno chiesto. Bob, il gemello minore (Mike è nato due minuti prima) ha preso la parola. “Sicuro che se ne è parlato molto? Oppure è stato solo uno a farlo? Credo che tutto questo sia il pensiero di una singola persona. Purtroppo, tuttavia, gli hanno dato troppo spazio”. A quanto pare, i due minuti di ‘anzianità’ hanno reso Mike più diplomatico. “Abbiamo già parlato di persona con John di questo argomento. Lui ha detto la sua, ma ovviamente anche noi abbiamo la nostra opinione”. In un ovvio gioco delle parti, i doppisti si sono auto-difesi, mentre i singolaristi la pensano diversamente. L’americano ha trovato sponda in Novak Djokovic. “Penso che nessuno dei migliori doppisti di oggi abbia iniziato la carriera pensando di dedicarsi solo al doppio. Tutti provano a giocare in singolare, poi se non ci riescono si concentrano sul doppio”. L’affermazione non si può smentire: ci sono decine (centinaia?) di casi di questo tipo. “Ovviamente non voglio screditare il doppio e chiedo scusa se sto offendendo qualcuno, ma credo che sia semplicemente così – ha concluso Djokovic – non ho mai sentito un giocatore che da giovane sognava di diventare un campione di doppio”.
E allora si riaccende il dibattito su chi sia stato il più grande doppio di tutti i tempi. La mente vola agli australiani Hoad-Rosewall e Newcombe-Roche, ma poi c’è la storica frase di Peter Fleming, compagno di McEnroe (insieme a lui, Mac ha vinto 51 dei suoi 71 titoli). “Il miglior doppio di tutti i tempi? McEnroe con chiunque altro”. Tuttavia, è di questi giorni una voce a sostegno dei gemelloni. Kevin Anderson è un ottimo singolarista, ma ogni tanto si diletta con il doppio. Quest’anno ha già cambiato tre partner, ma quando gli hanno chiesto con chi vorrebbe giocare, ha detto: “Con uno dei Bryan. Non importa chi. Mi sembrano atleti spettacolari, trasmettono molta energia e mi piacerebbe conoscere il loro modo di pensare dentro il campo”. Quello di Anderson, tuttavia, resterà un sogno. Davis a parte (dove qualche infortunio li ha separati), da quando sono entrati nel circuito (nel lontano 1995) hanno giocato separati in pochissime occasioni. Gli ultimi tornei “da separati” risalgono al 2002, quando Mike giocò quattro tornei senza Bob, rispettivamente con David Rikl, Michael Hill, Mark Knowles e Mahesh Bhupathi. Per avere una risposta alle sue domande, dovrà chiedere informazioni a Mardy Fish e John Isner, gli ultimi ad aver vissuto l'esperienza, in Coppa Davis. Se il doppio avesse più spazio, il dibattito sarebbe più acceso che mai: meglio il Genio di McEnroe o i granitici gemelloni? O gli australiani del passato sono ancora più bravi? A ciascuno la propria opinione.
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