L’intervista al tecnico siciliano, ex allenatore di Roberta Vinci e ora di Filippo Baldi al Cinà Tennis Institute di Palermo. “Non seguirò più nessun tennista a tempo pieno… tranne mio figlio Federico”

Quel coaching a Doha con la Vinci e il Career Slam in doppio

Francesco Cinà è uno degli allenatori più apprezzati del circuito Atp e Wta. Il tecnico siciliano, dopo le esperienze con Francesco Aldi (portato a ridosso della top-100) e quella con l’attuale capitana di Fed Cup Tathiana Garbin, è noto soprattutto per la collaborazione decennale con Roberta Vinci, ex top-10 in singolare e numero 1 di doppio oltre che finalista agli Us Open, e per l’attuale lavoro con Filippo Baldi al Cinà Tennis Institute di Palermo.

Cos’ha significato per te un’avventura del genere con la Vinci?
Tanto. Il rapporto tra di noi non si è chiuso benissimo ma non si può negare che abbiamo vissuto delle esperienze mostruose a livello umano e tennistico.

I vostri coaching, oltre a essere interessanti, risultavano spesso divertenti. Quale ricordi con più piacere?
Ogni partita con lei era un punto interrogativo, la viveva intensamente e mi cercava molto con lo sguardo. È stata una giocatrice che chiedeva spesso aiuto, credo mi ascoltasse parecchio anche se poteva sembrare agitata e nervosa. Sicuramente il più famoso è quello di Doha durante il match contro la Radwanska: lì la posta era altissima, si giocava un posto in semifinale e un bel balzo nel ranking. Fu una partita di livello incredibile, ricordo che in molti mi mandarono il video di quel coaching.

Il coaching dovrebbe essere introdotto anche tra gli uomini?
Il tennis maschile è l’unico sport in cui l’atleta non può parlare con l’allenatore. È un controsenso visto che si passa tantissimo tempo insieme. Ma capisco anche che il tennis ha una sua storia ed è sempre difficile cambiare, in più gli uomini si sentono più forti rispetto alle donne in campo.

E Roberta potrebbe essere una buona coach?
Ciò che le dicevo sempre era di prendersi del tempo per capire cosa le piacesse sul serio. Io penso proprio di sì, capisce il gioco come poche altre al mondo. Può fare la maestra, il coach o aiutare i giovani quindi è giusto che ritorni.

Qual è il primo ricordo che ti viene in mente pensando a Wimbledon?
Sicuramente la vittoria in doppio con la Errani nel 2014. Mancava solo Wimbledon per completare il Career Slam, sembrava impossibile su erba per le caratteristiche di gioco ma ricordo che già dal torneo precedente, a Eastbourne, provammo qualche allenamento incentrato solo sul doppio. Non era mai successo prima. In più studiammo a tavolino con carta e penna qualche schema da mettere in pratica. Dopo un po’ di fortuna nei primi turni la finale con Babos e Mladenovic fu stata perfetta, avevano troppa voglia di vincerlo.

I dubbi sul tennis nel resto dell’anno

Come procede la tua quarantena a Palermo?
Sono a casa, ci stavamo allenando tre volte a settimana ma con l’ultimo decreto ci è sembrato giusto sospendere tutto. Non siamo abituati, di solito si va sempre a duemila, ma guardando il lato positivo c’è la possibilità di passare del tempo in famiglia, giocare a carte, guardare un film tutti insieme.

Diverse realtà tennistiche sono state messe in ginocchio da questa situazione.
Aspetto di vedere l’evoluzione, siamo fermi da circa un mese ma un conto è tamponarne un paio, altri cinque o sei. Ho un ottimo rapporto con tutti i maestri che lavorano con me, sono miei ex allievi, e cercherò in tutte le maniere di aiutarli.

A che punto era il tuo percorso con Baldi prima di questo stop?
Filippo, dopo la separazione da Aldi, aveva deciso di rimanere qui a Palermo e mi è sembrato giusto dargli una mano. L’anno scorso ha vissuto un periodo difficile con la morte del papà, venuto a mancare durante il torneo di Bergamo. In un primo momento occorreva recuperarlo dal punto di vista mentale, fargli ritrovare la passione per il tennis. Aveva giocato sino all’ultimo perché aveva punti in scadenza da difendere per essere alle quali a Melbourne, quindi è arrivato un po’ cotto. Seppur con poca preparazione ci eravamo concentrati sull’essere più aggressivi, lui a volte tende a stare troppo dietro. Ha però un’ottima volèe quindi stavo cercando di impostarlo verso un gioco più offensivo e ci stavamo riuscendo, vedremo quando si ripartirà.

Gli obiettivi sono stati rivisti?
Il suo obiettivo era quello di ritornare vicino alla top-100 ma in realtà non sono molto ottimista per il tennis quest’anno. Speriamo di tornare ad allenarci nel giro di qualche settimana ma per i tornei mi sembra difficile riaprire frontiere, viaggiare, raccogliere pubblico.

Hai detto che non seguirai più nessun giocatore in giro per il mondo, tranne tuo figlio Federico.
Esatto, girando non potrei seguire lui e l’accademia. Il rapporto con mio figlio al momento è stupendo, mi segue dentro e fuori dal campo. Bisogna trovare comunque il giusto equilibrio. A volte lo lascio partire solo con gli altri maestri, ha vinto un titolo senza di me e Claudio Garda, che era lì con lui, mi prendeva in giro. Gli dicevo di stare tranquillo che avrebbe vinto anche con me presente e infatti così è stato poco dopo.