Fra l’erba e il legno, fra Church Road e Barons Court, il ricordo di una trasferta sul verde con Sabina Simmonds iniziata con qualche colpo…. a vuoto, ma finita in gloria: di Sua Maestà, ovviamente
La mia prima volta al Queen’s risale a un esordiente estate dell’82. Per l’occasione accompagnavo Sabina Simmonds al torneo di Wimbledon e per non contraddire la tradizione, oltre che a bianche scarpe immacolate e a una polo perfettamente in tinta, prima di partire mi ero munito di un pantalone lungo anch’esso niveo come piume di gabbiano. Una pioggia incessante ci aveva accolti in Church Road e tempo qualche ora, eravamo stati deviati su un provvidenziale parquet indoor del prestigioso club di Sua Maestà. Abbigliato come un perfetto gentleman del Wessex, sentivo di essere in linea con l’etichetta e se anche il mio tennis avesse fatto bene il suo mestiere, avrei fatto colpo su Sabina e dato di me una mia bella immagine nella Perfida Albione. La sudafricana naturalizzata italiana era in gran forma, reduce da ottimi risultati in America e intenzionata a fare bene anche sull’erba di Wimbledon. In sintonia con le mie di intenzioni, tutte protese a farmi valere come respingitore di provata esperienza.
Belle speranze, infrante già in abbrivio, sulla velocità di quella superficie in legno perfidamente lucidata a festa che non offriva scampo agli amanti del rosso come il sottoscritto. Un mezzo disastro che si andò gradualmente consumando con un primo dritto vergognosamente lisciato, reiterato, subito dopo, da due rovesci di medesima fattura. Una pessima sensazione che divenne frustrazione nell’attimo in cui, volgendo l’occhio al vicinato, mi avvedevo di due diavolacci come Jimmy Connors e Dick Stockton che nel campo accanto scambiavano senza errori facendo della sgusciante superficie una passeggiata di salute o poco più
Un buon quarto d’ora di malcelato panico durante il quale Sabina giocò colpi a freno a mano tirato, guidandomi pazientemente verso un primo incontro tra corde e palla.
Non bastasse, quella dell’82 sarebbe stata ricordata come una delle edizioni più piovose degli Championships e così combinato mi ci volle una intera settimana prima di riuscire a scodellare di là quattro palle di seguito. Salvai capra e cavoli grazie alla simpatica indulgenza della Simmonds e perché no anche a un vestiario che, a dispetto delle sofferenze in campo, si era conservato lindo e senza pieghe. Ma il tennis è strano e Sabina fece un ottimo torneo perdendo di misura da Virginia Ruzici solo al terzo turno, confermandosi pronta per entrare tra le prime venti giocatrici del mondo. Tutto in barba a quello sparring partner che, a conti fatti, per l’occasione aveva lisciato più colpi di quanti non fosse riuscito a scodellarne oltre la rete.