Per una volta lasciatecelo dire: peccato. Peccato perché Fabio Fognini ha messo alle corde per un’ora il numero sei del mondo, l’ha dominato sul piano tecnico e mentale, fino ad arrivare a un passo dal successo. Ma quando è giunta l’ora di prenderselo sul serio, gli è mancato quel qualcosa che spesso fa la differenza fra i top-10 e tutti gli altri. Kei Nishikori fa parte della prima categoria, l’azzurro della seconda, e se l’aggancio a chi gli sta sopra è sempre mancato un motivo ci deve pur essere. Se ne ha avuto un piccolo assaggio oggi, al secondo turno del Masters 1000 di Madrid, su quel dannato 5-4 al terzo set. Bastavano due punti in più sul 40-40 per prendersi un gran successo e gridare a tutti che Fabio Fognini è tornato a fare sul serio, e vuole provare davvero a riprendere il percorso interrotto un paio d’anni fa a Monte Carlo. Invece non sono arrivati ed è rimasta una gran delusione, celata in un 6-2 3-6 7-5 che sembrerebbe anche un punteggio positivo, invece fa più male che bene. Per carità, lottare oltre due ore con un giocatore come il giapponese, reduce dalla finale a Barcellona e sempre brillantissimo a Madrid, è comunque un buon risultato. Ma stavolta Fognini la chance di vincere l’ha avuta, per merito suo. Se l’è costruita alla grande, con le proprie mani, dopo un primo set rovinato dallo 0-4 iniziale e tanta fatica col rovescio lungolinea, fino a girare a suo favore il secondo con un break nell’ottavo game, e passare a condurre pure nel terzo, quando con un gravissimo doppio fallo un Nishikori ormai svuotato di sicurezze gli ha consegnato il 4-3 e servizio. Ma può mangiarsi le mani per come se l’è lasciata sfuggire. Pesano tantissimo quattro errori sul 5-4, i primi tre consecutivi, a offrire il 15-40 dopo che il giapponese gli aveva regalato il primo (e delicatissimo) punto, il quarto sul 40-40, con un diritto da chiudere spedito largo, a ridare linfa a un avversario che già da qualche game sembrava non averne più.
DA 5-3 A 5-7 SENZA UN VERO PERCHÈ
La sconfitta pesa ancor di più perché l’azzurro era stato perfetto nell’emergere senza difficoltà da un potenziale “turning point” a favore di Nishikori, sull’1-1 al terzo. Ha avuto tre palle-break, e dopo aver mancato le prime due ha avuto un’occasione incredibile sulla terza. Uno smash a campo aperto, a due passi dalla rete. Avrebbe fatto meglio a lasciar rimbalzare la palla, invece l’ha colpita al volo e ha spedito la palla larga, per l’incredulità persino del giudice di sedia, che ci ha messo qualche secondo a chiamare la parità. Brad Gilbert, l’oracolo di Twitter, ha sentenziato: “un errore che gli tornerà indietro, ferendolo” , sicuro che una chance così avrebbe lasciato il segno. Invece no, si è sbagliato anche lui. O almeno fino al 5-3, quando l’azzurro – ma per altri motivi – si è fermato a un passo dal primo ottavo in carriera a Madrid, dove non ha mai brillato, centrando solo due volte il secondo turno. Ha rimediato un parziale di 18-6, che significa quattro game persi velocemente, troppo velocemente, uno dopo l’altro. Passino i primi tre, anche se il primo l’ha un po’ lasciato andare, meno il quarto. Subito 0-30 in un batter d’occhio con due errori banali, e poi direttamente 0-40 per una palla scagliata fuori dall’Arantxa Sanchez, che gli è costata il secondo warning e ha fatto scattare il “penalty point”. A quel punto, il finale era già scritto: risposta vincente di Nishikori e addio a un match dominato per lunghi tratti. Fabio è uscito comunque fra gli applausi, addirittura più di quelli tributati al vincitore (mentre il giudice di sedia si è beccato una marea di fischi e se n’è andato in fretta e furia dopo il “game, set and match”), ma la delusione è tantissima. Ci sono tanti aspetti positivi, ma stavolta sono veramente una magra consolazione. Dopotutto, di avere il tennis per giocarsela con i migliori l’ha sempre saputo.
MASTERS 1000 MADRID – Secondo turno
Kei Nishikori (JPN) b. Fabio Fognini (ITA) 6-2 3-6 7-5
Fognini, una sconfitta che fa male
Contro Kei Nishikori, l’azzurro cancella una brutta partenza, prende in mano gli scambi e arriva a servire per il match sul 5-4 al terzo. Poi la luce si spegne, fra troppi errori e un doloroso “point-penalty” nell’ultimo game. Resta un buon match, ma per come si era messo andava portato a casa.