Fabio fa i complimenti a Lorenzi via Twitter, poi gioca una partita impeccabile contro Elias e si prende la finale a Umago, l’undicesima in carriera. Dovesse battere Andrej Martin, intascherebbe il quarto titolo e metterebbe (quasi) al sicuro la leadership nazionale. Molto bene al servizio, con un eccezionale 90% di trasformazione con la prima palla.

Punti facili? Può darsi. Punti preziosi? Di sicuro. Si sta snodando così, tra il ruolo di (grande) favorito e la pressione di dover vincere a tutti i costi, la settimana di Fabio Fognini al torneo ATP di Umago. Per motivi già trattati, il campo di partecipazione era mediocre. Se poi ci aggiungiamo le eliminazioni premature eliminazioni di quasi tutti i favoriti, sembra tutto apparecchiato per il quarto titolo ATP. Con una prestazione convincente, quasi perfetta, l’azzurro ha centrato la seconda finale all’impianto Stella Maris, ma stavolta non si presenterà stanco come nel 2013. E, con tutto il rispetto, Andrej Martin non è forte come Tommy Robredo. Sarà proprio lo slovacco, miracolato al secondo turno contro Martin Klizan, l’avversario di “Fogna” nella sua undicesima finale. Insomma, giocarsi un titolo ATP, un bel gruzzoletto e 250 punti contro il numero 124 non capita tutti i giorni. Ma proprio per questo dovrà essere ancora più attento, concentrato e deciso. Per lo slovacco sarà l’occasione della vita, mentre per Fabio è la chance per strozzare in gola l’urlo di Paolo Lorenzi, mai così vicino alla leadership azzurra. E dire che nel pomeriggio Fognini si era congratulato, via Twitter, con il compagno di Davis. Per aggiudicarsi il titolo, Fognini dovrà fare esattamente come in semifinale contro Gastao Elias, giocatore in gran forma. Il portoghese è numero 72 ATP e ha centrato la seconda semifinale in due settimane. Ma è un giocatore piuttosto limitato e asimmetrico, nel senso che riesce a far male soprattutto con il dritto. A volte esagera nel difendere il lato sinistro del campo, lasciando troppo spazio alla propria destra e dando un notevole vantaggio tecnico (e psicologico) all’avversario.

Fognini ha gestito la partita senza patemi, servendo bene e mostrando una completezza tecnica ben superiore. C’è un elemento che fa da termometro allo stato di forma di Fabio: il numero di volèe facili che riesce a giocare. Il suo schema preferito è semplice: dritto aggressivo in avanzamento, l’avversario che ci arriva a stento, soprattutto in back, e Fabio che gioca di volo a campo aperto. Se riesce a proporre il tema tattico per una decina di volte, significa che è in palla. E Fabio è in palla, accompagnato a Umago dalla moglie Flavia Pennetta, papà Fulvio e l’amico-sparring Alberto Giraudo. Nel primo set gli bastava un game al secondo game, così come nel secondo firmava l’allungo sull’1-1, prendendosi (d’esperienza) il break in un game in cui Elias era salito 30-0. Ciò che ha colpito, in positivo, è il rendimento al servizio. D’altronde Corrado Barazzutti glielo diceva spesso, nelle settimane in cui lo ha seguito: “Caro Fabio, hai a disposizione due palle di servizio. La prima è per cercare il punto, solo la seconda è una rimessa in gioco”. Per una sera lo ha preso alla lettera e ha raccolto uno straordinario 23 su 26 con la prima palla. In precedenza, Martin aveva conquistato il diritto alla finale battendo Carlos Berlocq con il punteggio di 7-6 6-4. Contro l’argentino, forse, sarebbe stata ancora più facile. Con il suo tennis molto difensivo, si sarebbe esposto alla fantasia di Fognini. Lo slovacco ha un tennis più brillante e – soprattutto – è in ottima forma. Meno di due mesi fa ha raggiunto il terzo turno al Roland Garros (anche se era entrato in tabellone come lucky loser), arrendendosi soltanto a Milos Raonic. E’ un tipo simpatico, ama l’Italia, ma onestamente non può rappresentare una grande insidia per Fognini. Specie se l’azzurro vuole tornare ai livelli del 2013-2014. E lo vuole.


Andrej Martin (SVK) b. Carlos Berlocq (ARG) 7-6 6-4
Fabio Fognini (ITA) b. Gastao Elias (POR) 6-3 6-3