Fabio Fognini ed Andy Murray sono nati a pochi giorni di distanza. Paragonare le loro carriere e i loro palmares sarebbe crudele nei confronti di Fabio: sembrerebbe un modo per sminuirne i risultati che lo collocano – senza discussioni – come migliore italiano degli ultimi 35 anni. La premessa serve per capire che la differenza tra un campionissimo e un ottimo giocatore, con sprazzi di campione, si è vista in alcuni dettagli del pomeriggio brasiliano, dove Fabio stava per strappare a Murray la medaglia d’oro conquistata quattro anni fa a Londra. Invece gli archivi ricorderanno il 6-1 2-6 6-3 che regala allo scozzese un quarto di finale non impossibile contro Steve Johnson. La differenza sta nel modo di reagire alle difficoltà, agli intoppi, i “lavori in corso” che si trovano nel corso di un match. In avvio di terzo set, il giudice di sedia Ali Nili aveva chiamato fuori un servizio di Andy Murray. Lo scozzese gli ha detto: “Ehi, sei sicuro?”. Nonostante la risposta affermativa, ha chiesto la verifica elettronica che ha sbugiardato Nili. Lo scozzese avrebbe comunque perso quel game, travolto da un vortice di otto giochi consecutivi di Fabio, ma non ha “sbroccato”. Qualche minuto dopo, sul 3-1 e 40-30, l’azzurro ha messo in campo una buona prima palla ma è stata erroneamente chiamata fuori. Anche stavolta hawk eye ha contraddetto la chiamata dei giudici, ma Fabio ha avvertito oltremisura il senso di ingiustizia per un punto che sentiva già suo. La sua partita è finita lì, e i numeri lo testimoniano con crudeltà: dopo quell’errore, Murray ha vinto 19 degli ultimi 21 punti. Peccato, perché per lunghi tratti Fabio era stato addirittura superiore al tennista del momento. Ok, Andy è andato in corto circuito tecnico e comportamentale (ha digrignato i denti in un piagnucolio continuo, come gli accadeva nei primi anni di carriera), ma portargli via otto game di fila è riservato a pochi. Pochissimi.
E pensare che Fabio è partito piano. 5-0 Murray, poi 6-1 in meno di mezz’ora. Quando lo scozzese ha preso un break anche nel secondo (6-1, 2-1 e servizio) si pensava che il match potesse scivolare via rapidamente. Invece Fognini si è ripreso alla grande, aiutato da un passaggio a vuoto di Murray, soprattutto con il dritto. Alcune palle gli sono finite fuori di metri. Ed Andy, si sa, non è uno che tiene per sé le emozioni. Sacramentava, si rivolgeva con l’occhio furioso verso il suo clan. Ci fosse stato Ivan Lendl, non si sarebbe permesso di comportarsi così. Invece c’era Leon Smith, con il quale ha una grande confidenza, e si è sentito in diritto di sbracare. C’era anche Heather Watson, sua compagna in doppio misto (hanno passato il primo turno battendo Ferrer-Suarez Navarro). Nel clan azzurro, oltre a Corrado Barazzutti e lo staff tecnico-sanitario, un Angelo Binaghi che per un lungo attimo ha sperato di raccogliere una bella soddisfazione dopo la grande delusione per la sconfitta di Sara Errani e Roberta Vinci. Negli otto game di magia, Fognini ha mostrato il meglio di sé. Ha mostrato lo schema che è il termometro del suo gioco: bel dritto in avanzamento e volèe a chiudere. Lo ha fatto in più di un’occasione, con enorme padronanza tecnica. Bene anche con la palla corta, ha addirittura esaltato quando gli è riuscita una volèe smorzata nonostante avesse i piedi sulla “terra di nessuno”. Era tranquillo, carico, aiutato da un pubblico che intonava addirittura il suo nome. A un certo punto, è parso che fosse lui a succhiare energie mentali dal cattivo comportamento di Murray.
Fabio è stato bravissimo in avvio di terzo set, quando ha vinto tre game consecutivi ai vantaggi. Segno di enorme solidità mentale, specie nel game del 3-0, quando ha annullato due palle break a Murray dopo aver commesso un grave errore di valutazione su una palla game, lasciando andare un rovescio di Andy che invece ha baciato la riga. Poteva essere un elemento di distrazione, invece ha tenuto il servizio. L’elemento di distrazione decisivo, il virus che lo ha mandato fuori palla, è stata la chiamata infelice sul 3-1 e 40-30. Peccato, perché sul 4-1 (e senza scorie mentali) l’impresa si poteva davvero centrare. E nei quarti ci sarebbe stato un avversario più che abbordabile come Steve Johnson, battuto (bene) un paio di settimane fa a Toronto. E poi, onestamente, una semifinale contro Nishikori o Monfils sarebbe stata durissima, ma in una semifinale olimpica ci si poteva attendere anche di peggio. Insomma, un grande peccato. Come al solito, ci si domanda se bisogna rammaricarsi per l’occasione perduta oppure ringraziare Fabio per aver reso possibile quello che sembrava impossibile. La verità sta nel mezzo, ma non bisogna dimenticare che aveva di fronte il miglior giocare del momento. Non è un caso se Andy Murray ha vinto 36 delle ultime 38 partite giocate, ovviamente entrambe contro Novak Djokovic. Un po’ di amaro in bocca c’è, ma alla vigilia c’era da mettere la firma per un risultato del genere. L’Italia resta dunque a secco di medaglie dal tennis, a meno che il doppio misto Vinci-Fognini….
Andy Murray (GBR) b. Fabio Fognini (ITA) 6-1 2-6 6-3