Dai fischi del 2014 al tifo scatenato di oggi: Fabio Fognini ha saputo trovare la giusta connessione con il pubblico del Foro Italico. “Adesso ci capiamo, quando gioco bene li devo arrazzare”. La soddisfazione, i problemini fisici e qualche frecciata: “Grazie agli organizzatori per avermi fatto riposare a dovere… “

“Però parlate, eh!”. Fabio Fognini ha esordito così, in quei pochi secondi di silenzio prima che iniziassero le domande. A 31 anni, non ha perso la voglia di essere un giocherellone. Con la maturità ormai raggiunta (pur senza rinunciare a certe caratteristiche strutturali), forse è proprio questo il suo segreto. La vittoria contro Dominic Thiem è la più bella nella sua lunga militanza al Foro Italico. 12 mesi fa, Murray era n.1 ATP ma non aveva la stessa forma dell'austriaco. E quella del 2006, contro Novak Djokovic, nelle qualificazioni, risale al Paleolitico tennistico. Soltanto cinque giorni fa, l'austriaco metteva fine alla striscia vincente di Rafa Nadal. Tanto bastava per farlo sembrare un ostacolo insormontabile. Senza dimenticare i precedenti, tutti negativi. “Ho giocato una partita di alto livello – ha detto Fognini – contro di lui bisogna prendere rischi, altrimenti perdi. Penso di aver espresso un ottimo tennis. Magari meno continuo rispetto al primo turno, ma certamente più alto. Sul 3-2 al terzo, quando ho sciupato cinque palle break, ammetto di aver fatto qualche pensiero negativo, anche perché ieri avevo visto la partita di Seppi, in cui l'andamento era stato simile”. L'azzurro si porta dietro un problema fisico a un piede da qualche mese: comparso in Australia, se lo è “portato dietro” nei tornei sulla terra sudamericana, poi “era magicamente scomparso a Indian Wells e Miami, salvo poi ricomparire in Coppa Davis. Probabilmente si tratta di qualcosa che ha a che fare con la scivolata”. C'è bisogno di qualche cura per sistemare il tutto, ma in questa fase della stagione “Non posso e non voglio fermarmi. Mi prenderò una pausa dopo il Roland Garros”. Ma prima di pensare a Parigi c'è Roma, dove non ha mai raggiunto i quarti di finale. È ovvio che le ragioni di certe difficoltà non sono soltanto tecniche, ma anche (soprattutto?) ambientali. Fognini è il miglior tennista prodotto dall'Italia negli ultimi 40 anni e deve spesso fronteggiare mille aspettative e altrettante pressioni. E l'ambiente del Foro non è semplice. “Non dimenticherò mai il 2014. Mi ero presentato da numero 15 al mondo e c'erano tante aspettative. Ho giocato male e sono uscito tra i fischi”.

FRECCIATA AGLI ORGANIZZATORI
Qualcosa è cambiato l'anno dopo, con quelle due partite sul Pietrangeli, una vinta (contro Dimitrov) e una persa (contro Berdych). “Nel 2015 abbiamo iniziato a capirci e si è creata una connessione importante. Quando giochi bene, la gente ti può dare tantissimo e li devi arrazzare. A quel punto si esaltano. Adesso io capisco loro e loro capiscono me”. Quella contro Thiem è la vittoria numero undici contro un top-10, e arriva forse nel momento più inatteso. “Sinceramente, anche in virtù del problema che mi porto appresso da un mese, non avevo grandi aspettative. Ma ho espresso un grande livello: in caso di sconfitta avrei rosicato, ma sarei stato ugualmente contento”. Adesso è inevitabile pensare al tabellone: il prossimo avversario si chiama Peter Gojowczyk, avversario ostico ma che ha ripreso a vincere a Roma dopo due mesi di sole sconfitte. Non si sono mai affrontati e Fabio non lo conosce granché. Per questo, andrà maneggiato con la massima attenzione. Poi, forse, un quarto contro Rafael Nadal. Bisogna fare un passo alla volta, ma questo Fognini è in palla. Lo ha mostrato anche in un paio di polemicucce innescate qua e là. A chi gli ha fatto presente che aveva vinto la gara dei nervi, perché Thiem aveva devastato la sua racchetta, ha risposto: “Eh, è stata una cosa importante. Per voi che ne dovete scrivere, poi, importantissima… “. E non è mancata una frecciata agli organizzatori, che non gli hanno concesso troppo riposo dopo il doppio giocato ieri sera e terminato intorno alle 20.30. “Thiem ha detto che da me non si sa mai cosa aspettarsi? È la stessa sensazione che ho io con l'organizzazione di questo torneo. Li ringrazio per avermi dato il giusto riposo…”. Ironia tagliente, ma che va interpretata nel modo giusto: Fabio c'è, è carico e motivato. Anche se deve indossare una maglia rossa e nera: “Su questo dovete chiedere al capo, si sono sbagliati a farmi la maglia… però mio figlio è tifoso dell'Inter!”. Giù il sipario. Tra poche ore si ricomincia.