Potrebbe essere una sabato storico. Dovesse battere Jiri Vesely, Fabio Fognini diventerebbe il primo italiano nella storia a raggiungere gli ottavi in tutte le quattro prove del Grande Slam. Wimbledon è l'unica in cui non ce l'ha ancora fatta, ma si è costruito l'occasione battendo il suo amico(ne) Simone Bolelli sul Campo 18, quello dei record, laddove otto anni fa John Isner e Nicolas Mahut rimasero in campo per tre giorni e undici ore. Anche se le carriere di Fabio e Simone evidenziano come il primo sia nettamente più forte, la partita nascondeva mille insidie. Era più di un derby, quasi una sfida in famiglia. Non era una questione di tennis, ma soprattutto di testa. E Bolelli conosce bene, meglio di chiunque altro, le debolezze di Fognini. A dirla tutta, se c'è una superficie su cui il “Bole” poteva sperare di sgambettarlo, è proprio l'erba. È scattato meglio dai blocchi, ma poi Fognini ha tirato fuori tutte le sue qualità e si è imposto in tre set, abbastanza netti: 6-3 6-4 6-1 e terzo turno assicurato contro Jiri Vesely, talentuoso ceco che da junior prometteva bene. È diventato un buon professionista, ci mancherebbe, ma radio spogliatoio informa che sarebbe molto sensibile al fascino della bella vita. Anche per questo, forse, non è mai andato oltre al numero 35 ATP (mentre da junior è stato n.1 e ha vinto l'Australian Open). Fabio lo ha battuto tre volte su tre, l'ultima proprio dodici mesi fa a Wimbledon, un 7-6 6-4 6-2 abbastanza netto. Allora era un secondo turno, stavolta c'è un pizzico di storia in palio. Come detto, nessun italiano è arrivato tra i “Last 16” in tutti gli Slam, neanche le leggende. Giorgio De Stefani e Nicola Pietrangeli non ce l'hanno mai fatta ai Campionati degli Stati Uniti, mentre Adriano Panatta ha sempre avuto una certa idiosincrasia per la trasferta in Australia. C'è andato soltanto una volta, nel 1969, perdendo al primo turno. A ben vedere, il più vicino di tutti a centrare l'impresa è stato Andreas Seppi.
FABIO PUÒ FARE MEGLIO DI SEPPI
L'altoatesino ha raggiunto gli ottavi per ben sei volte (quattro in Australia, una a testa a Parigi e Wimbledon). Ha fallito l'obiettivo soltanto a New York, ma in un paio di occasioni lo ha sfiorato. La grande occasione risale al 2013, quando ha perso il “solito” match da cinque set contro Denis Istomin. Meno rimpianti per il terzo turno del 2015, quando si è trovato di fronte un inarrivabile Novak Djokovic. Sarebbe stupido paragonare il tennis attuale contro quello dei Panatta e dei Pietrangeli, ancora di più con gli anni 30 di De Stefani, ma i risultati di Seppi e Fognini meritano la dovuta considerazione. Sia pure aiutati dalla standardizzazione delle superfici, con stili e approcci diversi – per non dire opposti – si sono rivelati due tennisti completi, versatili, eclettici. Seppi ha vinto la bellezza di 54 partite nei tornei del Grande Slam, mentre Fognini è a quota 46, ma ha giocato tredici Slam in meno (Wimbledon è stato lo Slam numero 54 per Seppi, il 53esimo consecutivo, mentre per Fognini è il 41esimo). Numeri importanti che vengono sottostimati, ma di cui comprenderemo la portata soltanto dopo il ritiro. Centrare gli ottavi in tutti gli Slam sarebbe davvero un bel risultato: Vesely è avversario difficile ma non impossibile, sicuramente meno complicato di Andy Murray, che l'anno scorso sbarrò la strada al “Fogna”. “È alto e dunque serve bene, però non si muove benissimo. Dovrà correre molto” ha detto Fognini parlando del prossimo match. Oltre alla portata storica, il successo avrebbe un certo valore anche per il ranking e manterrebbe vivo il sogno di azzannare 'sti benedetti top-10. L'obiettivo non è impossibile, poiché Fabio si è presentato a Wimbledon da numero 17 della Race (la classifica che tiene conto dei soli risultati in stagione), ad appena 160 punti dalla decima posizione di Borna Coric. Ma non è il caso di fare calcoli: li abbiamo già fatti in primavera, e non aveva portato bene. Meglio fare un passo alla volta.
WIMBLEDON UOMINI – Secondo Turno
Fabio Fognini (ITA) b. Simone Bolelli (ITA) 6-3 6-4 6-1