E’ possibile entrare tra i primi 10 senza vincere un solo titolo ATP sul cemento? La storia dice di si, ma i tempi di Juan Aguilera sono finiti: bisogna saper cogliere buoni piazzamenti dappertutto. 
Fognini può entrare tra i top-10, ma deve ottenere risultati anche sul duro

Di Riccardo Bisti – 22 agosto 2013

 
Lo straordinario mese di luglio è alle spalle e Fabio Fognini deve guardare avanti. Nelle tante interviste rilasciate nelle scorse settimane, il Number One azzurro ha ribadito la necessità di fare un salto di qualità anche sul cemento. Grazie a lui, l’Italia non ha più paura di pronunciare la parola “Top 10”. E non è un caso che Fabio sia stato cresciuto da Leonardo Caperchi, cui deve una mentalità ambiziosa e internazionale. Anni fa fu proprio Caperchi, parlando con il nostro direttore, a teorizzare la “paura azzurra” nell’ambire a qualcosa di grande. Il messaggio è arrivato a Fognini, che in queste ore è sbarcato a Flushing Meadows e sogna di giocare un grande Us Open, magari sfruttando la testa di serie numero 16 che dovrebbe garantirgli avversari abbordabili nei primi tre turni. Il cemento è la chiave di volta per sperare di entrare tra i primi 10. Lo sa Fognini e lo stanno capendo anche gli italiani, con il “Progetto Campi Veloci” che cerca di far capire agli aspiranti professionisti che oltre il 70% dei punti ATP si distribuiscono lontano dalla terra. Diventare un top 10 vincendo solo sul rosso è complicatissimo. Rafael Nadal non fa testo perché ha vinto dappertutto. E non è facile trovare casi di giocatori entrati nell’elite del tennis senza vincere un solo torneo sul veloce. E’ molto più facile che accada il contrario, senza necessariamente arrivare a casi limite come Boris Becker, numero 1 ATP (anche se solo per 12 settimane) senza vincere un solo torneo sul rosso. Vale la pena dare un’occhiata ai giocatori che sono riusciti nell’impresa pur essendo terraioli puri. Un viaggio che fa capire quanto sarà importante per Fabio Fognini ottenere buoni risultati sul rapido. Magari anche qualche vittoria.
 
GUILLERMO CORIA (Best Ranking: 3)
Ha vinto otto tornei “rossi”, tra cui i Masters 1000 di Amburgo e Monte Carlo. Ma sul cemento era piuttosto forte, tanto che nel suo palmares risulta anche un successo all'indoor di Basilea, anche se non dovette giocare la finale grazie al forfait di Nalbandian. Ma cambia: poco: Coria giocava piuttosto bene sul cemento, avendo raggiunto finali importanti a Miami e Pechino, senza considerare un match-clou addirittura sull'erba di 's-Hertogenbosch. Ma non è mai riuscito a fare il salto di qualità. In realtà, il “Mago” non era un terraiolo puro e la statistica è piuttosto casuale. Le ragioni del suo crollo non sono da cercare nella scarsa adattabilità al veloce.
 
GASTON GAUDIO (Best Ranking: 5)
Ha avuto la fortuna di giocare nel periodo di transizione tra Gustavo Kuerten e Rafael Nadal, vincendo una folle edizione di Roland Garros. Se Coria non fosse stato colto dai crampi dopo aver dominato i primi due set, non sarebbe neanche entrato tra i top-10. Il “Gato” non ha mai raggiunto la seconda settimana di uno Slam sul rapido e non ha mai giocato una finale lontano dalla terra battuta.
 
ALBERT COSTA (Best Ranking: 6)
A inizio carriera, qualcuno aveva avuto l’ardore di paragonarlo a Ivan Lendl. Folle. E’ stato un meraviglioso terraiolo e i risultati sul cemento, per quanto dignitosi (Quarti in Australia e finale a Dubai) non sarebbero mai bastati a portarlo così avanti. Ha avuto la bravura di vincere il Roland Garros nell’annus horribilis 2002.
 
ALBERTO BERASATEGUI (Best Ranking: 7)
Ha ballato una sola estate, quella del 1994, quando giunse in finale al Roland Garros. A furia di raccattare punti nei tornei minori si qualificò per il Masters. D’altra parte, con quel tennis improponibile (tirava dritto e rovescio con la stessa faccia della racchetta) non poteva avere successo sul veloce. E’ l’esempio più fulgido di come bisogna essere fortissimi sul rosso per diventare top 10 vincendo solo lì. I quarti all’Australian Open, con annessa vittoria su Andre Agassi, furono la classica eccezione che conferma la regola.
 
MARIANO PUERTA (Best Ranking: 9)
Anche lui deve lo status di top-10 grazie all’impressionante Roland Garros 2005, in cui risultò positivo all’antidoping. In realtà, Puerta ha avuto una popolarità sproporzionata al reale palmares (tre titoli ATP su 10 finali, tutte sulla terra). Aveva un buon talento, ma il suo fisico e le ampie aperture, soprattutto con il rovescio, lo rendevano vulnerabile sul rapido.
 
CARLOS COSTA (Best Ranking: 10)
Oggi è famoso per essere il manager di Rafael Nadal, ma è stato un ottimo giocatore, finalista al Foro Italico contro Jim Courier. Aveva movimenti molto personali, non estremi come quelli di Berasategui, ma figli di chi è cresciuto solo (e soltanto) sulla terra battuta. Pochi risultati di rilievo sul cemento, ma una grande costanza sulla terra battuta (6 titoli e 7 finali) gli consentì una sortita tra i migliori.
 
ALBERTO MANCINI (Best Ranking: 8)
Il simpatico “Luli” si è ritirato ad appena 25 anni, con appena tre titoli in bacheca. Due di questi, tuttavia, furono molto importanti (Monte Carlo e Roma). Giocava in un’epoca diversa, in cui la specializzazione sfrenata era ancora consentita. Nonostante tutto, ha raggiunto una finale a Miami. I numeri, tuttavia, stabiliscono che non ha mai vinto sul cemento.
 
FELIX MANTILLA (Best Ranking: 10)
Ricordato per il successo a Roma, che ha impedito a Roger Federer di mettere il suo nome nell’albo d’oro del Foro Italico, è stato un guerriero di forza e qualità. Sul cemento ha vinto molto più di alcuni illustri colleghi, ma non è mai riuscito a infilare la zampata decisiva nonostante le finali a  Doha, Dubai, New Haven, Long Island…Fognini gioca a tennis meglio di lui ed è ancora in tempo per imitarlo.
 
JUAN AGUILERA (Best Ranking: 7)
Lo ricordano solo i parenti e qualche fanatico di statistiche. Eppure l’arrotino spagnolo si è arrampicato al numero 7 e ha avuto una carriera più che dignitosa. La sua idiosincrasia per le altre superfici era leggendaria: ha giocato soltanto quattro Slam che non fossero Roland Garros, e non è mai andato in Australia. Un Juan Aguilera del 2013 sarebbe impensabile.
 
NICOLAS ALMAGRO (Best Ranking: 9)
L’unico ancora in attività. Nonostante 12 titoli ATP sulla terra, non vanta neanche una finale sul cemento. Eppure avrebbe tutte le qualità per riuscirci, visto che è dotato di un ottimo servizio e di due poderosi colpi da fondocampo. Ma pecca dal punto di vista fisico e mentale: si è visto durante l’Australian Open, quando ha perso una clamorosa partita contro David Ferrer. Josè Perlas, attuale coach di Fognini, è riuscito a portarlo tra i top 10. Fabio è più forte di lui in alcune zone del campo: forse non vincerà mai 12 tornei ATP, ma può raggiungere picchi altrettanto elevati.
 
In questa carrellata ci sono soltanto giocatori spagnoli e argentini. Chissà che il passaporto tricolore non possa portare fortuna a Fognini, che peraltro vanta già una finale sul cemento indoor di San Pietroburgo. Con il lavoro e la serietà, le doti per vincere anche sul duro ci sono. Titoli a parte, la storia insegna che non è necessario vincere un torneo sul veloce per entrare tra i primi 10 (anche se aiuta), ma è fondamentale saperci giocare. Costa, Coria e Mantilla lo hanno dimostrato. Fognini ha l’opportunità di non essere da meno, Allo Us Open avrà la sua opportunità.