L’azzurro fa un’ottima figura, sciupa qualche occasione nei primi due set e si arrende in quattro al “ritirando” Roddick. L’americano sta trovando energie supplementari.
Fognini ha tenuto bene lo scenario dell’Arthur Ashe Stadium
 
Di Riccardo Bisti – 3 settembre 2012

  
Dopo l’annuncio del ritiro di Roddick, nessuno ha ricordato la conferenza stampa dell’anno scorso a Shanghai. Dopo l’ennesima sconfitta, un giornalista cinese gli chiese se era opportunito ritirarsi. Lui sbuffò, elucubrò la risposta, e disse candidamente ‘Sei tu che dovresti ritirarti’ prima di lasciare la sala. 10 mesi dopo, quel giornalista si sta prendendo la sua rivincita. Gli avrà tifato contro in ogni partita, a maggior ragione in questo Us Open. Ma è l’unico, perché la storia di Roddick sta appassionando tutta la comunità del tennis. Nel "Labour Day" l'Italia faceva il tifo per Fognini, ma eravamo soli contro il mondo. L’azzurro ha fatto un’ottima figura, ha giocato bene, a tratti benissimo, ma quasi mai nei momenti importanti. Una volta, la famosa attrice Sharon Stone disse, riferendosi a chi diventa famoso da giovane: “Vengono massacrati dalla popolarità, mentre loro credono di nutrirsi con essa”. Il merito di Roddick è stato questo: riuscire a convivere con lo Star System senza esserne mai travolto, eppure sarebbe stato facile. Ricco, bello, americano, fidanzato e poi sposato con una starlette…avrebbe potuto restarci secco. Invece è rimasto per un decennio tra i primi 10 e ha tenuto la croce del tennis americano senza mai cadere. Questo piccolo elogio serve a spiegare un match durato 3 ore ma figlio di 13 anni di carriera. Fognini ha meno esperienza, probabilmente meno qualità, ma ha giocato meglio. Eppure il punteggio dice 7-5 7-6 4-6 6-4 a favore di Roddick.
 
Fognini ha avuto grosse chance sia nel primo che nel secondo set (dove è anche stato avanti di un break), ha tirato addirittura più ace del bombardiere americano…ma quando i punti contavano davvero, li ha vinti quasi sempre l’americano. E’ un peccato perché al quinto set Fognini avrebbe vinto. Roddick non aveva più tante energie, lo ha ammesso anche dopo la partita. “Tanto ormai non devo più bluffare”. Il più contento sarà Juan Martin Del Potro, che negli ottavi dovrebbe raccogliere i cocci di Capitan America. Gli americani hanno apprezzato l’atleticità di Fognini e la sua puntualità nei colpi di sbarramento, esaltata dalle continue discese a rete di Roddick. Alla fine saranno 64, con 41 punti raccolti. Nel giorno del 60esimo compleanno di Jimmy Connors, suo ex coach, Roddick prova a dare forma a un torneo simile a quello giocato da Jimbo nel 1991, quando giunse in semifinale a 39 anni, vincendo un paio di match clamorosi contro Krickstein e Haarhuis. In particolare, gli highlights della partita contro Krickstein vengono riproposti nei maxi-schermi di Flushing Meadows ad ogni interruzione per pioggia. C’era anche Connors a tifare per il suo ex pupillo. Scene molto americane, un po’ pacchiane ma coinvolgenti.
 
Fognini ci credeva ed è stato attore protagonista. Delle occasioni perdute abbiamo detto. Si è capito che Roddick avrebbe vinto in avvio di terzo set, quando Fabio ha tirato uno splendido Tweener, dalla stessa “mattonella” dove nel 2009 Federer fece secco Djokovic. Era bello, potente, preciso. Nove volte su dieci fai il punto. Invece Roddick si è allungato, come se da quella palla dipendesse la durata della sua carriera. Ci è arrivato e l’ha messa di là, scatenando la frustrazione del ligure. Che ha continuato a lottare, tenendo la scena alla grande (molto meglio di Tomic), ma un break al settimo gioco del quarto set gli è stato fatale. E così Roddick va agli ottavi, dove troverà un Del Potro con cui ha perso tre volte su quattro ed è più fresco di lui dopo il 6-3 7-5 7-6 a Leonardo Mayer. “Non ho idea di quanta energia ho, di sicuro darò tutto quello che ho” ha chiosato Roddick. Quel passante di dritto sull’1-1 del tie-break ricorda, vagamente, la grinta di Connors durante la sua cavalcata di 21 anni fa. Allora si giocava sul Louis Armstrong, gli americani vorrebbero una storia del genere anche sull’Arthur Ashe. La scalata è ripida (dopo Del Potro ci sarebbe Djokovic), ma come puoi svegliare un popolo che sogna? Si sveglieranno da soli, quando le cose avranno fatto il loro corso.