Fabio Fognini centra a Mosca la dodicesima finale ATP in carriera, salendo sul podio tricolore dell’Era Open. Contro Kohlschreiber prima domina in lungo e in largo aiutato dal tedesco, poi ci mette la testa per contenerne la reazione e chiude 6-1 7-6. Domani andrà a caccia dei cinque titoli in carriera di Corrado Barazzutti. Col lusso di partire favorito.

L’unico rimpianto è che capiti meno di quanto potrebbe (o dovrebbe), perché quando Fabio Fognini gioca come sa – simpatie o antipatie a parte – è uno dei tennisti più piacevoli del Tour. Sa fare tutto e bene, sembra non avere punti deboli, e i risultati diventano la conseguenza di una superiorità tecnica notevole. La gran parte degli avversari darebbe un mignolo per avere la sua facilità di gioco, che significa spingere forte e difendersi a dovere, dando l’impressione di non fare fatica. Come nei 74 minuti che gli sono bastati per sbarazzarsi di un avversario di spessore come Philipp Kohlschreiber, fare un altro passo avanti verso il titolo della Kremlin Cup e confermare un curioso feeling con la Russia. Lontano dalla terra battuta è arrivato due volte a giocarsi il titolo, entrambe nell’immenso stato dell’Est Europa. La prima nel 2012 a San Pietroburgo, la seconda domani a Mosca, si spera con esito diverso. Perché il Fognini visto sul RukortHard dell’Olympic Stadium è di quelli da leccarsi i baffi, tanto bello da far scappare la solita frase, ormai fin troppo scontata: “ahh… se giocasse sempre così”. Non succederà mai, perché Fabio è così: un giorno bianco e l’altro nero, un set bene e un altro male, ma la gente (ed è più di quanta si pensi) lo ama anche per questo. Lo amano un po’ meno i suoi avversari, come un Kohlschreiber reso comparsa fino al 6-1 4-1, dalla tipica giornata no ma anche da un Fognini che, come si dice in gergo, non gliel’ha fatta vedere. Il tedesco è un ottimo giocare, ad alti(ssimi) livelli da tanti anni, ma per essere incisivo ha bisogno di tempo, di ritmo, di palle pulite. Fognini gli ha tolto molto, un rovescio fallosissimo ha fatto il resto e per oltre tre quarti d’ora il bavarese ha raccolto le briciole. Ma nel tennis, si sa, le insidie sono sempre dietro l’angolo. Stava filando tutto troppo liscio perché potesse finire davvero così, e l’attesa reazione di “Kohli” è arrivata sul 2-4, quando l’azzurro gli ha offerto una chance mancando la palla del 5-2 con un errore di diritto e poi commettendo un doppio fallo sul 40-40, e lui ha finalmente dato segni di vita, prendendosi il break con un diritto vincente.



UNA FINALE PER DUE OBIETTIVI
Ridotto il vantaggio, e poi annullato salvando una palla-break, si è ridotto anche il divario fra i due, e allora Fognini è stato ancora più bravo che in precedenza. Perché fare il fenomeno quando tutto fila liscio è più semplice, mentre reagire alle difficoltà può diventare un problema. Per l’azzurro lo è stato spesso, ma non oggi. Fabio ci ha messo la testa, ha tenuto agevolmente i due turni di battuta successivi e poi ha ripreso a dominare nel tie-break. È salito subito 2-0, si è difeso alla grande (come con uno splendido passante di rovescio incrociato) sui tentativi di rientro del tedesco e poi ha allungato ancora, fino a chiudere 7-2 con il ventunesimo colpo vincente. Oltre il quadruplo dei quattro del tedesco: dato che conferma una superiorità schiacciante. E così riecco Fognini in una finale ATP, la seconda del 2016 dopo quella vinta a fine luglio nella sua amata Umago, ma soprattutto la dodicesima in carriera. Un numero che senza dati alla mano dice poco, ma in realtà gli permette di raggiungere Paolo Bertolucci sul podio azzurro dell’Era Open, dietro ad Adriano Panatta (26 finali) e Corrado Barazzutti (13). Ma questo Fognini non deve accontentarsi. Nella finale contro Carreno-Busta o Robert il favorito sarà lui, motivato da due obiettivi di spessore. Il primo è raccogliere altri 100 punti, importanti sia per risalire in classifica, sia per lanciare la sfida a Paolo Lorenzi per il ruolo di numero 1 d’Italia a fine anno (in caso di vittoria di Fognini i due sarebbero separati da soli 50 punti). Il secondo è la caccia a un altro podio tricolore, ancor più importante: quello dei titoli. Panatta è in testa a 10, Bertolucci segue a 6, Barazzutti a 5. Lui è a quattro, da solo, dopo aver staccato quest’estate il terzetto Canè-Gaudenzi-Seppi. L’occasione per agguantare il ct della nazionale va sfruttata, per poi puntare nel 2017 a raggiungere anche Bertolucci. E scavalcarlo nei libri del tennis azzurro.

ATP 250 MOSCA – Semifinale
Fabio Fognini (ITA) b. Philipp Kohlschreiber (GER) 6-1 7-6